IL VERTICE DI VIENNA. Tpnw attualmente ratificato da 65 Paesi
Lanterne commemorative al Memorial per la pace di Hiroshima in Giappone - Koji Sasahara /Ap
Con queste applaudite parole Alexander Kmentt, ambasciatore austriaco presidente della Conferenza, ha concluso ieri il Primo incontro degli Stati Parti del Trattato di Proibizione delle armi nucleari. «Siamo venuti a Vienna per definire il lavoro dei prossimi anni, e c’è molto da fare. Ma in un momento in cui il multilateralismo e le politiche sulle armi nucleari stanno andando nella direzione sbagliata. Noi abbiamo puntato chiaramente nella giusta direzione adottando quella che forse è la più forte condanna delle minacce nucleari mai votata in una conferenza delle Nazioni Unite».
Senza grande ribalta in questi giorni il percorso verso un disarmo nucleare globale ha segnato passi concreti rilevanti, tanto che pure i tradizionalmente compassati diplomatici hanno parlato di decisioni «storiche» contro la spada di Damocle nucleare.
Adottati per consenso la Dichiarazione di Vienna «Il nostro impegno per un mondo libero da armi nucleari» e un Piano di Azione declinato in ben 50 punti: risultato straordinario raggiunto in tre giorni di lavoro in cui oltre 80 Stati e centinaia di organizzazioni della società civile hanno approfondito la questione, soprattutto a partire dalla prospettiva dell’impatto umanitario.
Soddisfazione piena da parte della International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (che insieme al Comitato Internazionale della Croce Rossa avrà uno status consultivo) e del mondo scientifico, dalle cui analisi sono derivate molte delle scelte prese a Vienna.
In risposta alle minacce nucleari della Russia e ai crescenti pericoli di guerra nucleare la Dichiarazione condanna in modo inequivocabile «ogni e qualsiasi minaccia nucleare, sia essa esplicita o implicita e a prescindere dalle circostanze» e crea una nuova alleanza globale che si avvale del Tpnw e comprende sopravvissuti, Stati, scienziati, parlamentari, giovani e istituzioni finanziarie (come nella presa di posizione di oltre 35 fondi, guidati da Etica sgr, che hanno sottratto alla produzione di armi nucleari oltre 200 miliardi di dollari).
Dichiarazione di Vienna
«Condanniamo in modo inequivocabile ogni e qualsiasi minaccia nucleare, sia essa esplicita o implicita e a prescindere dalle circostanze»
Sono state prese decisioni chiave sulla creazione di un fondo fiduciario a sostegno delle persone colpite dalle esplosioni nucleari, sull’istituzione di un comitato consultivo scientifico, sulla fissazione di una scadenza di 10 anni per la distruzione delle armi nucleari e sull’allargamento del Trattato ad altri Paesi al fine di fermare l’insensata corsa agli armamenti nucleari.
Il Piano d’azione sottolinea poi l’importante principio del «nulla su di noi, senza di noi» e garantisce che le persone più colpite siano maggiormente coinvolte nei processi decisionali.
Con Vienna il Tpnw dimostra buona salute e un cammino efficacemente, nonostante le critiche di chi lo ritiene inutile in quanto non ancora sottoscritto dalle potenze nucleari o addirittura «in contrasto» con altre norme di disarmo (accusa rigettata dalla Conferenza, che ha ribadito in particolare la centralità del Trattato di Non Proliferazione).
Purtroppo e nonostante la Risoluzione in Commissione Esteri votata da tutte le forze di maggioranza che chiedeva al Governo di valutare una presenza a Vienna, l’Italia non si è presentata. Mancando l’occasione di un confronto costruttivo invece sperimentato da Germania, Belgio, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia… tutti Stati Nato o in qualche modo associati all’ombrello nucleare.
Che invece oltre ad alcune scontate e prevedibili critiche hanno espresso la volontà di essere coinvolti in un percorso collettivo, in particolare a riguardo dei cosiddetti «obblighi positivi» cioè quei progetti di trasparenza, sostegno alle vittime e rimedio ai danni ambientali che possono migliorare la situazione internazionale legata all’armamento nucleare.
Scelte che anche l’Italia potrebbe fare già ora, come da sempre chiesto dalla società civile, e che anche il Parlamento ha suggerito come strada possibile al Governo.
«C’è molto fermento e siamo solo all’inizio: questa prima conferenza non è un punto di arrivo, ma l’inizio di molte azioni che cambieranno in meglio il futuro del nostro pianeta e di chi lo abita», ha dichiarato Daniele Santi presidente dell’associazione i Senzatomica, con Rete Italiana Pace e Disarmo promotrice dell’azione «Italia, ripensaci» con l’obiettivo un’approvazione del Trattato anche da parte del nostro Paese.
Atteso a questa scelta da tutti gli Stati del Tpnw e dalla società civile che lo sostiene, come evidenziano in maniera potente le frasi conclusive della Dichiarazione di Vienna: «Non ci fermeremo finché l’ultimo Stato non avrà aderito al Trattato, l’ultima testata non sarà stata smantellata e distrutta e le armi nucleari non saranno totalmente eliminate dalla Terra».
* Coordinatore Campagne della Rete Italiana Pace e Disarmo