I drammatici e sanguinosi avvenimenti in terra di Israele ci chiamano alla solidarietà verso i civili, palestinesi e israeliani.
Nel mondo occidentale, anche in Italia, ci si è schierati subito con lo Stato d’Israele, guidato da Netanyahu, inquisito per corruzione; corruzione che da anni ha delegittimato anche l’attuale gruppo dirigente palestinese guidato da Abu Mazen.
In uno Stato che giuridicamente contempla due diverse categorie di cittadini – gli Israeliani di religione ebraica e gli arabi israeliani , non pari davanti alla legge nei diritti e nei doveri; in uno Stato che nei confronti di Gaza e di quello che rimane un aborto di pseudo stato palestinese esercita, né più né meno, un neocolonialismo indiretto ed è sempre pronto ad intervenire con la forza armata, si è giunti, per compiacere gli estremisti religiosi di casa propria, ad espropriare famiglie che abitavano le loro case da oltre duecento anni senza soluzione di continuità, provocando così un’esplosione di violenza come da anni non si vedeva in quelle terre martoriate.
Ci giungono notizie di orribili di violenze inaccettabili: estremisti israeliani alla caccia di arabi, sinagoghe devastate, bambini uccisi, bombardamenti, razzi sparati a casaccio per uccidere e terrorizzare.
Schierarsi subito da una parte, senza riflettere, senza cercare di capire, non aiuta la causa della pace, non aiuta i più deboli: le popolazioni civili. Sarà perché tra i pensieri e le parole che mi hanno formato ci sono quelle di David Grossman e di Edward Said, ma trovo superata qualsiasi divisione manichea, utile solo ad estremismi e fanatismi simmetrici che si autoalimentano.
A Rabin, poco prima di essere assassinato da un’estremista israeliano, sono attribuite le seguenti parole: “La pace si fa con il nemico”. Questo dovrebbe essere l’orizzonte dell’Europa e della comunità internazionale: farsi carico con serietà, ostinazione e coraggio di iniziative diplomatiche di pace, tutto il resto è inutile retorica che sconta profondi e inconsci sensi di colpa.
Martino Albonetti