Questa mattina di buon’ ora ho ricevuto un dono prezioso. Mi stavo chiedendo come inviare a chi ci segue da anni, per difendere la nostra Costituzione, un sensato augurio di BUON PRIMO MAGGIO.
Il dono è arrivato al momento giusto, inviato da una amica come noi resistente.
Parole di Italo Calvino, scritte un minuto dopo avere deposto il fucile, un minuto dopo la sconfitta del fascismo e del nazismo. Nelle parole di Calvino c’è tutto lo spirito di quei giorni, una gioia intensa, la più intensa mai provata prima, in Italia. Contiene già interrogativi che ancora oggi non sono sciolti. Fascismo parentesi? Già Gobetti aveva scritto che il fascismo era, in realtà , l’autobiografia della nazione. Non è parentesi, incidente eccezionale di percorso, perché i conti con il fascismo - conti risolutivi – non si sono fatti. Scrive Calvino. Polizia, esercito, burocrazia trovarono nel clima fascista l’ambiente ideale a prosperare in una corruzione beata e incosciente. Possono oggi queste istituzioni continuare a funzionare se non profondamente rivoluzionate? Molto dobbiamo distruggere se molto vogliamo ricostruire. Nella Repubblica nata dopo queste meravigliose giornate polizia, esercito, burocrazia – aggiungo ministeri, magistratura, come ha dimostrato Davide Conti con ricerche esemplari - erano ancora zeppi di fascisti, anche di criminali di guerra. Poco si distrusse, del passato, e nelle radici della Repubblica continuarono a vivere veleni, che fioriscono ancora oggi. Calvino ricorda che per vent’anni il primo maggio fu festa proibita.
Ho sentito raccontare, fin da bambina, che ci furono resistenze antifasciste, a tavola. Anche nelle famiglie antifasciste più povere, il primo maggio spuntavano i cappelletti, il più prelibato dei nostri cibi romagnoli.
L’ultimo interrogativo di Calvino. La fratellanza – aggiungo anche sorellanza – universale è utopia? Fino ad oggi lo è. Nel senso che non è in nessun luogo, se non in ambiti religiosi - di varie confessioni - alquanto circoscritti. Non ho la certezza che trovo nelle ultime parole di Calvino. Fratellanza e sorellanza farebbero un passo avanti solo se si insediassero definitivamente nei partiti e nei movimenti politici che li proclamano. Di rado a parole buone seguono fatti altrettanto buoni.
BUON PRIMO MAGGIO, comunque.
Maria Paola Patuelli
PRIMO MAGGIO VITTORIOSO
Italo Calvino
Prendiamoci per mano, oggi, uomini e donne di tutto il mondo, sfiliamo per le strade delle nostre città in rovina, cantiamo, se il nodo di commozione che ci stringe la gola non ce lo impedisce: è il primo maggio, il primo maggio più radioso che l’umanità abbia festeggiato finora.
Sogniamo? o forse fu un sogno quello che trascorremmo, un torbido incubo che terrorizzò il mondo per una lunga teoria d’anni ed ora è svanito? Il momento atteso per anni con impazienza sempre più assillante, invocato giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto, trasfigurato dalle nostre menti quasi in un mito irraggiungibile. Quel momento ora è giunto.
Chi pensa più ai lutti, alle sofferenze, alle rovine? La vittoria è arrisa alle forze della libertà, della giustizia, del progresso. La stanca umanità oggi appunta garofani rossi sulla sua veste di lutto.
La storia continua. Il cammino dell’uomo verso il completo affrancamento morale non poteva arrestarsi contro i muraglioni e i «bunker» dell’Organizzazione Todt. Le costruzioni di cinque secoli di progresso non potevano crollare per le esplosioni delle V2. Il fascismo – e con questo termine comprendiamo anche il nazismo e i vari movimenti reazionari affini sorti in Europa dopo la prima guerra mondiale – il fascismo che si proponeva di cancellare le conquiste di almeno cinque secoli e di riportare la società al livello morale del medioevo, non rappresenta che una oscura parentesi di un venticinquennio nel bilancio della storia.
Parentesi? Possono nella storia del progresso esistere parentesi? Come si spiegano? Che fu insomma questo fascismo che arrecò al mondo più rovine di qualsiasi catastrofe ed ora agonizza sotto l’impeto delle armate di tutte le nazioni, unite contro di lui?
In questo primo maggio di eccezione – di eccezione soprattutto per noi Italiani ai quali per oltre vent’anni fu impedito di festeggiarlo – noi salutiamo i grandi ideali cui la festa è dedicata: l’affrancamento del lavoro dal tallone capitalista che usa del lavoratore come una merce o di uno strumento, l’unione fraterna di tutti i popoli, senza più frontiere né mercati da conquistare a mezzo di periodiche guerre, l’eguaglianza di diritti di tutti i lavoratori di fronte ai beni che il lavoro produce.
Fu contro questi ideali umanitari, i più sublimi cui mai uomo aspirasse, che sorse il fascismo; a essi ideali mosse guerra e ad essi tentò di sostituire le folli e retoriche ideologie imperialiste e razziste, il reazionario culto delle tradizioni e una sua cosiddetta etica fatta di sopraffazione e violenza. Perché? Quali le ragioni ultime di tutto questo?
Troppo facile ed insoddisfacente sarebbe l’additare come sola causa la volontà di due folli megalomani, il prodotto di due cervelli malati, ricoperti rispettivamente da un cranio pelato e quadrato e da un ciuffo sbilenco ed obliquo. La storia è risultato di complicati giochi di forze economiche, non prodotto di volontà individuali.
Alla luce dei recenti avvenimenti i due dittatori ci appaiono immensamente piccini al confronto degli eventi da loro scatenati.
Il fascismo fu la sbirraglia scatenata contro il proletariato per impedire la sua emancipazione: questa la manifesta realtà dei fatti. Il mostruoso fu che essa venne posta al governo del paese. Nel ’22 la libertà politica fu venduta pur di conservare la libertà economica.
Sotto la nera bandiera della reazione trovarono subito un comodo usbergo istituzioni, che mutato il vento furono le prime a trasferirsi all’opposizione.
Polizia, esercito, burocrazia trovarono nel clima fascista l’ambiente ideale a prosperare in una corruzione beata e incosciente. Possono oggi queste istituzioni continuare a funzionare se non profondamente rivoluzionate?
Molto dobbiamo distruggere se molto vogliamo ricostruire.
Ma più infami di tutte furono le recenti imprese, da quando, dopo il collasso del ’43, tramontati i miti imperialisti, perduto l’appoggio del capitalismo e passato all’incondizionato servizio del padrone tedesco, il fascismo scoprì d’essere nientemeno che repubblicano e sociale.
C’era contraddizione nei termini ma tanto, erano solo parole e nessuno le prese sul serio. Di fatto il cosiddetto fascismo repubblicano non fu che una organizzazione poliziesca e spionistica al soldo dei tedeschi e non occorre rinnovare il troppo fresco ricordo dell’infamia di cui si coperse.
Questo fino a ieri, a pochi giorni fa. E adesso …
Ancora pochi giorni or sono mentre combattevamo sotto le raffiche dei “mitra” fascisti e dei “machine-pistole” nazisti, ancora non osavamo sperare che il 1° Maggio avremmo lasciato il moschetto per la penna. Ma sia impugnando la penna, sia il moschetto noi continueremo a combattere per il medesimo ideale.
L’ideale che in un 1° Maggio non lontano gli uomini si riconoscano tutti liberi e fratelli, le fabbriche cessino di forgiare strumenti di morte, ci sia per tutti lavoro e riposo, la produzione non subisca carestie né congestioni, l’arte e la scienza, veri fini dell’umanità attingano a nuove conquiste.
Utopie? Ci si arriverà, siatene certi. Dipenderà da noi l’arrivarci in dieci anni o in dieci secoli. Solo allora potremo dire che il sacrificio dei tanti caduti nella lotta non è stato sterile.