Paolo Berdini da “il manifesto” del 04.02.2020
Molti commentatori hanno sottolineato lo straordinario merito del movimento delle sardine nella vittoria, ed in effetti la mobilitazione di tanti giovani ha risvegliato la voglia di tornare alle urne. Quelle piazze hanno parlato di accoglienza, tolleranza, inclusione sociale e di un sistema di servizi pubblici in grado di attenuare le disuguaglianze sociali. Hanno insomma riaffermato valori che sembravano abbandonati per sempre. Il voto dimostra dunque che la sinistra ha più di una ragione di esistere.
Ma i problemi restano. Le energie messe in moto dal movimento sono confluite verso il Partito Democratico che quei valori li ha messi da tempo in soffitta. Come spiegare questa contraddizione? Da una parte il meccanismo maggioritario ha fatto scattare la sirena del “voto utile”. E’ un bene che questo sia avvenuto, ma, se generalizzato, porterà la sinistra all’irrilevanza. La seconda motivazione riguarda la sinistra. Le tre liste presenti alle elezioni hanno avuto un giudizio severissimo perché la grande richiesta di unità che esiste si è infranta ancora una volta contro la miopia di gruppi dirigenti che prediligono la ricerca di identità che non esiste più: 23 mila voti su tre liste. Poco o niente.
Questo fallimento sta dando le ali ad una ipotesi politica di collocazione in un rapporto collaborativo con il Pd partendo dal risultato di Emilia Coraggiosa (3,8%).
Sono ovviamente felice di quel successo -e mi sono personalmente speso per esso- ma temo che l’elezione di 2 consiglieri sarà inessenziale a qualsiasi mutamento di indirizzi della Regione. La colpa più grave di Bonaccini, come ha scritto Piero Bevilacqua su
queste pagine, è di essere salito sul carro delle due regioni di centro destra sull’autonomia differenziata. Il risultato lo spingerà oggettivamente a continuare sulla via della disarticolazione dello Stato unitario e dell’aumento delle disuguaglianze con il sud del Paese. Non era certo questa la spinta che veniva dalle piazze delle sardine.
Una posizione simile sta emergendo anche a Roma -si voterà tra poco più di un anno- dove si annuncia uno schieramento che passando per Renzi arriva fino a Calenda. Il futuro della sinistra affidato all’egemonia neoliberista. Alla cultura che ha portato al collasso la città. Le colpe della giunta Raggi sono enormi, ma nessuno può negare che chi ha portato al fallimento la città è il laissez faire urbano, la privatizzazione dei servizi, la demolizione dei diritti del lavoro anche nel comparto pubblico.
Le periferie urbane e territoriali aumentano anche in Emilia e non è un caso che in quei luoghi abbia trionfato la destra. L’unico modo per vincere è dunque quello di occuparci delle disuguaglianze. La ricerca di un’unità possibile dovrebbe pertanto percorrere un’altra strada e, riprendendo quanto scriveva su queste pagine Enzo Scandurra- è quella di costruire fin da oggi un’idea di città in grado di unificare i tanti segmenti -volontariato sociale, impegno ambientalista o civico- che vogliono aprire una fase nuova per la città intera. Le periferie non interessano l’economia dominante e devono diventare il luogo di costruzione di una nuova cultura. Mantenere steccati a sinistra significa consegnare la capitale e l’Italia alla destra populista. Si vince costruendo la speranza, non recinti artificiosi.
L’ambizione di una sinistra nuova -non solo a parole- dovrebbe essere quello di portare a sintesi le diverse esperienze in una visione comune della polis. Su questo terreno si gioca il rapporto con la spinta delle sardine o di Fridays for future che, in assenza di un superamento di ogni divisione a sinistra, potrà essere risucchiata dalla cultura che ha causato l’attuale fallimento.