Marco Revelli sul Manifesto di oggi fa chiarezza sul caso dell’editore fascista accolto al Salone del libro di Torino, (sostanzialmente perché ha pubblicato il “libro” del noto ministro degli interni) ed esprime un’opinione che andrebbe largamente condivisa da tutto lo schieramento antifascista.
Innanzitutto sgombra il campo da quella che molti giornali (Repubblica ahimè compresa) hanno rappresentato quasi come una diatriba interna agli intellettuali di sinistra (del genere: “si sa la sinistra è specialista nel dividersi”, “gli intellettuali di sx poi sono radical-chic, quindi individualisti, quindi fanno polemiche solo per mettersi in mostra” (magari anche Sgarbi o Buttafuoco sono di sx e non lo sanno?) e avanti con i luoghi comuni di destra!!!
Ognuno protesta come può e come crede possa essere più efficace; quindi fa bene Ginzburg a non andare, fanno bene Raimo e De Gregori ad andare e contrastare il rigurgito fascista: l’ importante è battere l’indifferenza, non lasciar passare, rifiutarsi di considerare “normale” dibattito liberale, quella che è una esplicita legittimazione del fascismo e delle sue riorganizzate formazioni che il leader della Lega oramai esplicitamente e strumentalmente persegue. D’altra parte sembra ch’egli abbia dichiarato che non sapeva che quella casa editrice apparteneva ad un riconosciuto esponente di Casa Pound che di solito edita scritti di Mussolini e simili ( a titolo di esempio La dottrina del fascismo di Benito Mussolini e Giovanni Gentile, Ho difeso Licio Gelli firmato da dall’avvocato Augusto Sinagra, Il cinema tedesco del Terzo Reich – Da Weimar agli anni di Goebbels, Diario di uno squadrista toscano e via discorrendo …). Bene ora lo sa, grazie alla contestazione della sua partecipazione al Salone del libro.
In secondo luogo, osserva Revelli, il problema vero è la Politica, le responsabilità del Ministro degli interni che pubblica presso un editore nazifascista, le responsabilità delle forze democratiche che con la loro “apatia” sembrano considerare uno scandalo del genere come fatto minore. E per fortuna che, chiamati direttamente in causa dal Museo di Auschwitz, Chiamparino ed Appendino, una volta tanto insieme, alzano la voce e denunciano in procura l’editore per apologia del fascismo!
Può essere anche vero che così si fa pubblicità all’editore e a CP, come sosteneva Norma Rangeri (direttore del Manifesto) stamattina su Radio3 e lo storico Emilio Gentile in un’intervista al Corriere della Sera, ma quello che alcuni non colgono è che soltanto con gesti forti e visibili è possibile richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica democratica ed antifascista, nel torpore dell’opposizione politica. Qui non è in ballo la libertà di espressione, ma il diritto della democrazia di difendersi di fronte al pericolo “di ricostituzione del partito fascista”, come saggiamente prevede la Costituzione repubblicana e come le leggi Scelba e Mancino (più o meno adeguatamente) dispongono.
Sarà anche un paragone improprio, ma ricordo che all’iniziativa dei “girotondi” contro Berlusconi in presenza di partiti di opposizione “rintronati”, ci fu qualcuno che "ebbe il coraggio" di attaccarli invece che trarne stimolo per una più efficace azione di contrasto!
Alessandro Messina
(8 maggio 2019)