Da questo Blog http://www.ribblog.it/416955755 abbiamo ritrovato questa intervista a Tiziano Dalpozzo, vogliamo ricordarlo anche così: un uomo di sinistra, profondamente innamorato della sua professione, ma fortemente sensibile alle questioni sociali.
Ciao Tiziano, sei riuscito a fare l'architetto, ma non solo !
Tiziano Dalpozzo, Architetto: che cosa metti tu nel tuo lavoro che ti distingue dai tuoi colleghi?
E' difficile mettere qualcosa che distingua. Sostanzialmente sono scelte culturali di fondo diverse rispetto alla maggioranza. Anzitutto la conoscenza del passato (prima delle avanguardie del '900) e la profonda convinzione della sua attualità. La conoscenza del passato consente di capire il profondo matrimonio che l'architettura del passato ha costruito con la natura. Un esempio in questo senso è La Cavallina di Brisighella, un complesso albergo, piscina, ristorante che molti ritengono preesistente al mio intervento. In realtà è completamente nuovo ma copiato dalla Brisighella antica arrampicata sui declivi delle colline con piccoli edifici, slarghi, scale, gradinate, sentieri tra gli alberi. Un secondo esempio è Casa Solaroli a Faenza, in cui si sono copiate la continuità muraria dei fabbricati (sono 2 ma sembrano uno solo), la corte interna ricchezza spaziale espribile in ogni centro storico europeo, il giardino al piano interrato di derivazione nordafricana da "Bulla Regia" (Egitto) sino ad oggi, come strumento di ricchezza spaziale e rapporto con l'ambiente (risparmio energetico, ecologico, ecc.). La casa come privatezza e protezione dagli sguardi atrui in completa contrapposizione con le facciate di vetro (Le Corbusier, Mies van de Rohe...) sempre a casa degli altri.
C'è grande confusione nel pubblico tra il ruolo di Geometra, Ingegnere e Architetto. Perché hai scelto di diventare proprio architetto e non altro? che cosa ti permette di fare e di essere, questo titolo?
La confusione è anzitutto legislativa, la Legge non distingue adeguatamente le competenze creando grande confusione e distruzione della qualità che ci ha distinto in passato. Tutti dimenticano che i grandi architetti italiani raggiungono il successo all'estero e operano all'estero. Poi in Italia si chiama un ingegnere ferroviario per fare un ponte (impraticabile con la pioggia) a Venezia senza che questi abbia visto il Ponte di Rialto (con le botteghe sopra) o il Ponte dei Sospiri (per condurre i carcerati in galera) fatti di pietra, marmo, mattoni e soprattutto di PROSPETTI. Come e perchè ne ricordiamo l'immagine? Volevo e vorrei fare l'architetto ossia colui che - cosciente del contesto - realizza l'immagine visibile, tattile, materica della costruzione da Vivere, città compresa. Il titolo, in sè non mi permette nulla di più e nulla di meno di quello che permette ad un ingegnere meccanico.
Sei un romagnolo che lavora in tutto il mondo. Quando lavori fuori dalla tua terra, porti in te, nei tuoi lavori, nei tuoi progetti, la tua "Romagnolità"?
La mia romagnolità (e italianità) la porto sempre con me e non me ne separo, sono le mie profonde radici culturali ed architettoniche. La casa come protezione e riparo, citata prima, riguarda la mia romagnolità, profondamente diversa da altri paesi anche europei. Potrei fare molti esempi. Quando mi è capitato di progettare un Caffè in una piazza Russa ho riportato elementi italiani (in quel caso anche le vetrate) ma soprattutto il concetto spaziale di caffè, luogo socializzante, luogo di incontro, marmi, luci espressive anche da spente. A maggior ragione in progetti più complessi: nel progetto di un villaggio turistico a Gruia (Romania) la memoria di Piazza Nuova (Bagnacavallo) e del Pavaglione (Lugo) con portici interni, con spazio all'aperto/ interno si sono trasferiti al luogo di incontro per antonomasia del villaggio: i bagni.
Innestati in qualche caso con elementi derivati dai luoghi : le memorie formali dei quartieri zingari di Bucarest o delle porte a tarsie lignee a Seoul.
Esiste uno stile architettonico Romagnolo?
Oggi è molto difficile, se non impossibile stabilirlo. Esistono alcuni (pochissimi) elementi urbani già citati (Piazza Nuova e il Pavaglione). G li elementi architettonici più tipici sono (erano) esclusivamente legati alle tipologie rurali, indagate a suo tempo da L. Gambi. Ma non è mai esistita una ricchezza locale che abbia creto un segno uno stile architettonico. Si Possono ricordare 3 momenti importanti il Neoclassicismo faentino attorno al 1.800 con G. Pistocchi e P. Tomba importante ma congiuntamente - propaggine del neoclassicismo europeo, l'architettura fascista di Forlì e Predappio degli anni'30 el'architettura balneare degli anni '60 nei paesi della costa. Su quest'ultima (per quanto resta) sarebbe opportuno studiarla ed esaminarla a fondo. La ricchezza improvvisa, la novità delle tipologie soprattutto la piccola pensione/ il piccolo albergo, la novità di alcuni materiali (il mosaico colorato e polimorfo da rivestimento), la relazione stretta con alcune espressività artistiche hanno consentito la nascita di numerose architetture - sconnesse tra di loro - di notevole valenza ed originalità formale. Purtroppo disdegante nel tempo sono state quasi completamente distrutte dal rinnovo. Curiosamente si può ricordare come esempio l' Hotel della città di Forlì, con il complesso edilizio adiacente di Giò Ponti che nulla aveva a che fare con la Romagna e la balneazione ma moltissimo con l'italianità .
Ed esiste uno stereotipo di cliente/committente Romagnolo?
Lo stereotipo forse coincide con l'uomo che si è fatto da sè che da artigiano si è trasformato con le sue capacità in imprenditore ed industriale o con la persona che coi risparmi ed i sacrifici di una vita raggiunge l'obiettivo di realizzare la casa dei sogni. la casa dei sogni coincide con la casa dei fumetti disneiani o con lo stereotipo (cornicione e caminetto) immaginato l'uno come definizione del volume e protezione dell'edificio, l'altro come luogo del calore, dell'incontro, della sicurezza ancestrale. Nessuno dei 2 ha a che fare con la realtà di una residenza contemporanea. persino nei film (grande immaginario collettivo) si vede mai un caminetto alimentato a legna. Sono tutti finti ed alimentati dal gas, ben nascosto. L'inesistenza del committente va di pari passo con l'inesistenza dell'architettura. In TUTTE le città della Romagna girnadole per tutte le periferie (quegli spazi che vanno dalla fine del centro storico (1940) ad oggi (2015) si rileva la TOTALE assenza di episodi urbani. Rilevare una architettura è una vera eccezione.
Puoi parlarci di tre opere da te realizzate che ti descrivano, ti raccontino?
In tutti e 3 i casi che cito si è riusciti ad instaurare un rapporto inusuale con la Committenza:
in Casa Solaroli (Faenza) si è instaurato un rarissimo rapporto di fiducia - anzitutto professionale - che ha consentito di attivare una dialettica felicemente procreativa. L'architettura è partita dalle esigenze profonde e minute della Committenza, accuratamente analizzate e trasferite dapprima sulla carta poi nei muri. Poi dall'analisi del sito e delle condizioni ambientali. L'orientamento ha determinato la creazione di uno spesso muro curvilineo a Nord per proteggere dal freddo. Su un lato del fabbricato si era a stretto contatto con un vicinato che distruggeva di fatto ogni privatezza e ci si è contrapposti con un lungo ed ininterrotto muro rosso di protezione. L'edificio si è poi aperto all'esterno con terrazze, finestre e vetrate tradizionali e portici in vetro e muratura sulle 2 prospettive "libere". Si è quindi, coscientemente realizzata una architettura "schizofrenica" con 3 tipi di facciate completamente diverse l'una dall'altra che, da un lato sanciva lo stato di fatto esistente e determinato dai muri edificati, dall'altro una stretto rapporto con l'operare della storia. E' sufficiente guardare la facciata di una chiesa o di un palazzo per verificare che la facciata di ingresso sul corso è completamente diversa dalla facciata sul vicolo per l'ingresso di servizio.
La cavallina (Brisighella), La Cavallina è una ex-stazione di posta a Brisighella di cui ho seguito in un complesso lavoro di restauro e costruzione ex-novo la realizzazione di un ristorante, di un piccolo albergo, di un parco e di una piscina. L'intervento ha tenuto conto del sito, costruendo in stretta aderenza alle curve di livello. Dalla strada di accesso si intravedono i 2 piani della casa; in realtà il complesso si articola su di un dislivello reale di 8 piani complessivi. Sul posto, durante i lavori sono state ritrovate numerose sorgenti che sono state accuratamente restaurate. In un alla del fabbricato, sorta sopra una sorgente si è copiata una finestra "termale" romana. Nei reperti si sono trovati anche i cosidetti "mattoni romani" con apposito incasso per le mani. Sono state realizzate fontane, pergolati, passeggiate sentieri da cui si accede alle stanze ed ai vari servizi del complesso, copiando la struttura preesistente del paese abbarbicata sotto i 3 colli.
Casa Togni, Forlì. Questa casa è stata pubblicata in una rivista di architettura col titolo "Una casa forlivese". L'elaborazione del progetto è partita dalla rilettura della facciata del Duomo di Forlì con l'obiettivo di costruire (in periferia) una sacralità ed una iconografia perduta all'edificio. I temi dell'architettura storica e dell'Andrea Palladio di Villa Almerico sottostanno alla ricerca iconografica, nel tentativo di ridare dignità all'edilizia residenziale. La ricerca locale si è affiancata alle ricerche su temi profondamente disdegnati dalla cultura accademica italiana (che vive di insegnamento e non di architettura) come quelle di Robert Stern nella Casa Lang e Robert Venturi a Chestnut Hill.
Che cosa ti aspetti dalla tua carriera nel prossimo futuro?
R. Spero di poter fare l'architetto.