Intervista Omar Yaghi, insignito nei giorni scorsi al Colle del Premio Balzan 2024 per la chimica: le sue «molecole trasformano l’umidità in risorsa idrica potabile»
I residenti trasportano l'acqua potabile lungo il fiume Madeira in secca in Brasile – foto Edmar Barros/Ap
Catturano l’umidità dell’aria per trasformarla in acqua. Intrappolano le molecole di anidride carbonica (CO2) presenti nell’atmosfera. A creare e sviluppare questa nuova classe di prodigiosi materiali nanoporosi a partire dagli anni Novanta è stato il chimico Omar Yaghi, professore dell’Università di Berkeley in California, che nei giorni scorsi è stato insignito al Quirinale del premio Balzan, prestigioso riconoscimento a scienziati e studiosi che si siano distinti per le loro scoperte, in questo caso nel campo della chimica reticolare.
Professor Yaghi, ci può descrivere in modo elementare cosa sono questi materiali, denominati MOF (strutture metallo-organiche) e COF (strutture organiche covalenti) e come funzionano?
MOF e COF possiamo immaginarceli come mattoncini Lego da combinare per creare nuove forme. Queste forme hanno superfici estremamente porose. All’interno dei pori noi possiamo catturare gas come idrogeno, metano, anidride carbonica, e acqua. Un’altra caratteristica straordinaria di questi materiali è quella di avere una superficie estremamente elevata: in 1 grammo è contenuta una superficie grande come un campo da football. Questo è lo spazio nel quale è possibile immagazzinare i gas.
Di quali materie prime sono composti?
I MOF sono fatti a partire da unità organiche legate a metalli. Si possono usare anche metalli molto comuni come zinco, ferro, rame, potassio, calcio. Per la parte organica possiamo utilizzare, per esempio, l’acido lattico, che è un componente del latte, e legarlo al calcio per ottenere un MOF. Questa chimica permette di utilizzare materie prime molto diffuse e comuni per creare materiali poco costosi ed estremamente utili. Questo è l’avanzamento che abbiamo ottenuto: usare i componenti della vita e della natura per realizzare materiali in grado di risolvere alcuni problemi ambientali. Invece i COF sono fatti interamente da unità organiche, senza metalli.
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Sardegna, la siccità ha seccato le sughereteGrazie ai MOF è possibile catturare l’acqua dall’atmosfera, anche nel deserto, usando soltanto l’energia solare come unica fonte energetica. Ci spiega come?
A occhio nudo, MOF e COF hanno l’aspetto del borotalco o dello zucchero semolato. Per utilizzarli è necessario un rivestimento, oppure modellarli in forme diverse, come pellets, o cubi, o qualsiasi forma che possa essere contenuta in un apparecchio. Questo apparecchio deve avere delle ventole per far sì che vi entri dell’aria: quando l’aria entra in contatto con il MOF, questo estrae l’acqua dall’aria. L’apparecchio funziona in modo che solo acqua venga estratta dall’atmosfera, e nient’altro. Una volta che i pori si sono riempiti d’acqua, si può scaldare il materiale a 50° o 60°C e l’acqua viene rilasciata, condensata e si può bere. Lo stesso principio vale per la cattura della CO2: la CO2 si lega ai pori e, una volta scaldato il materiale a 60°C viene rilasciato e il ciclo può continuare.
Esistono già dei prototipi di apparecchiature per la «cattura» dell’acqua?
Diversi prototipi sono stati testati nel deserto. Ma vorrei sottolineare che questa tecnologia è utile non solo nelle zone aride, ma può funzionare ovunque nel mondo, per esempio dove non è disponibile acqua potabile, come può succedere in una zona interessata da una catastrofe. Oppure in agricoltura.
Sono brevettati? E sono accessibili?
Si, certo. Se non lo fossero, nessuno sarebbe interessato al loro impiego. Quando esiste una tecnologia di cui le persone hanno bisogno, si trova il modo di finanziarla da parte dei governi o delle Ong.
Quanto potranno costare queste apparecchiature?
Sono fatte di alluminio, il metallo più economico. E anche i MOF sono a basso costo. Non costeranno più di un microonde o di una macchina per fare il caffè.
Quindi sarà possibile staccarsi dalla rete idrica? Senza pagare più oneri per la distribuzione e quant’altro?
Troveranno il modo di farceli pagare… ma in linea principio, sì, si può avere il controllo sulla propria acqua.
Quando saranno disponibili? Tra 3 anni, 10 anni…
Prima. Le start up con le quali lavoro sono pronte a commercializzare queste apparecchiature tra 6-12 mesi. Tutti gli aspetti tecnici sono stati risolti. Un apparecchio per uso domestico può produrre 100-200 litri di acqua al giorno per vari anni. In generale, con una tonnellata di MOF si possono produrre 3 mila litri di acqua al giorno per 6-7 anni. Se si usa un’apparecchiatura un po’ più grande ed elettrificata, si possono produrre fino a 60 mila litri al giorno per 7 anni. Poi l’apparecchiatura può essere completamente disassemblata e riciclata.
Sembra magia.
Quando si libera la creatività umana non ci sono limiti all’immaginazione. Sembra magia, ma è realtà.
I materiali che lei ha sintetizzato rendono più efficiente la cattura della CO2 dall’atmosfera. Ma resta il problema di dove e come stoccare la CO2. Secondo i geologi si può stoccare nel sottosuolo in modo sicuro. Si può mineralizzare e trasformare in roccia, per millenni. Posso farle io una domanda? Abbiamo altre soluzioni? Cosa risponde a chi teme che la cattura e lo stoccaggio della CO2 possa servire per continuare ad utilizzare i combustibili fossili?
Secondo il mio punto di vista è una pessima analisi, anche perché potrebbe essere applicata a qualunque altra soluzione si possa trovare. Quello che voglio dire è che anche se è disponibile una soluzione come questa, i governi responsabili devono mettere comunque limiti alle emissioni. Come in altri campi dove servono dei limiti, perché i processi non sfuggano al controllo. Inoltre, quando la soluzione verrà introdotta, la società comincerà a pensare in modo diverso, perché si sarà creata una nuova economia basata sulla sostenibilità.
Quando si cominceranno ad utilizzare su scala industriale questi materiali?
La tecnologia per la cattura della CO2 dai cementifici, per esempio, viene già commercializzata. Invece, per quanto riguarda la cattura della CO2 dall’aria, la cosiddetta Direct air capture (DAC) è ancora necessario incrementare la produzione a quantità dell’ordine di tonnellate. Nel giro di pochi anni ci arriviamo. Ci sono molti progetti sperimentali.
Dove verrà utilizzata?
Nei grandi complessi industriali. Alcuni si sono già dotati di impianti di cattura della CO2 che però utilizzano materiali tossici, corrosivi, che non sono così resistenti e quindi efficienti. I MOF invece durano anni e migliorano l’efficienza.
Dunque, lei crede che ce la faremo a rispettare l’Accordo di Parigi?
Credo che la società debba porsi di fronte ai cambiamenti climatici come ad una crisi, non come a un problema. Come è successo per la crisi dei mutui negli Usa o per la pandemia. Queste sono crisi. Fino ad ora, con la riduzione volontaria delle emissioni non è successo nulla. Serve essere uniti e investire in un’unica direzione, altrimenti non si trovano soluzioni. Come è successo per la pandemia, se ci fossimo posti il problema dei costi, non ne saremmo usciti.
Cosa ha reso possibile queste sue scoperte? L’avanzamento della ricerca pura? La potenza di calcolo dei computer? Adeguati finanziamenti? Visioni…
È stato possibile perché qualcuno ha deciso di fare qualcosa che tutti dicevano fosse impossibile. C’era un dogma in questo campo di studi che negava la possibilità di fare quello che abbiamo fatto. Più che i finanziamenti, ad essere determinante è stata la volontà umana di cambiare un dogma. Sono gli scettici, quelli che dicono «non è possibile» i veri nemici della scienza, che ne impediscono il progresso. Ce ne sono ovunque, dentro e fuori il mondo scientifico.
Lei è nato in Giordania, in un campo profughi palestinese. La sua esperienza di vita è in qualche modo legata alle sue scoperte scientifiche?
Direi di no. Quello che è successo è che da bambino, avrò avuto 10 anni, mi sono innamorato delle molecole: ho visto dei disegni di molecole in un libro trovato in biblioteca. Non sapevo cosa fossero, naturalmente, ma sono stato catturato dalla loro bellezza. E da allora ho voluto saperne sempre di più. E anche quando abbiamo scoperto questi nuovi materiali a catturarmi, all’inizio almeno, è stata la loro bellezza, più che le implicazioni d’uso