Sforbiciare la spesa sociale è il mantra meloniano che svela l’idea di Paese della destra. Pubblico sempre più piccolo e povero, e il privato brinda
KLIMKIN (WWW.PIXABAY.COM)
Una conferenza stampa durata più di tre ore, piatta oltre che lunga, piena di io e senza alcun noi. Fissata sul qui e ora e priva di qualunque idea di domani, figurarsi di futuro. Con una unica certezza ribadita fin dall’inizio: la strategia della Meloni per far fronte a probabili difficoltà economiche che dovessero sopraggiungere è quella dei tagli alla spesa pubblica. Tagli, è bene ricordare, già abbondantemente realizzati nella manovra da poco entrata in vigore, 7 miliardi in meno ai ministeri, 600 milioni agli enti locali.
LA FOBIA DEL PUBBLICO
Quella di Meloni e del suo governo non è una scelta estemporanea, magari dovuta a contingenze difficoltose, è invece la traduzione in politiche di ideologie e convinzioni profonde. Tutto ciò che è pubblico va via via ridotto a favore del mercato sempre più privo di lacci e laccioli. Teoria vecchia e perdente ma cara al centro-destra che si fonda sulla volontà, anch’essa praticata, di riduzione delle tasse equiparate e “pizzo di stato”. E tra flat tax e condoni anche questa è una strategia perseguita strenuamente tranne quando si alza l’Iva sui prodotti per l’infanzia e per l’igiene intima, sulle accise su benzina e tabacchi, Iva sul gas e oneri di sistema in bolletta. Insomma si riducono le imposte a chi sta meglio o evade si aumentano quelle che colpiscono soprattutto i più fragili.
MENO TASSE MENO SERVIZI
Peccato che questa strategia sia in netto contrasto con quanto prescritto dalla Costituzione, ma si sa anche la Carta antifascista è vissuta con fastidio da chi risiede a Palazzo Chigi. Il sistema fiscale dovrebbe essere progressivo e la tassazione proporzionale alla capacità reddituale. E il gettito derivante dalle tasse dovrebbe servire a finanziare il welfare pubblico e universale e così a redistribuire la ricchezza prodotta dal Paese. Le politiche di Meloni vanno esattamente nella direzione contraria.
AUSTERITÀ ALL’ITALIANA
Nelle oltre tre ora di domande e risposte la parola sanità non è mai stata pronunciata, figuriamoci se accompagnata dall’aggettivo qualificativo e qualificante Pubblica. Riflette Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Cgil: “Tagli alla spesa, privatizzazioni e riduzione del perimetro pubblico, questa la sintesi della strategia del Governo per affrontare il nodo della mancata crescita dell’economia. Peccato che il definanziamento del Fsn, la riduzione dei servizi pubblici ai cittadini a partire da quelli erogati dagli enti locali a cui si tagliano risorse (regioni e comuni), comporteranno un aumento della spesa privata dei cittadini come dimostra l’andamento della spesa sanitaria”.
E I PRIVATI BRINDANO
È cosa ormai nota che la propaganda meloniana afferma che mai tante risorse sono state aggiunte al Fondo Sanitario, come cosa nota è la falsità di questa affermazione visto che i 3 miliardi previsti non coprono nemmeno l’aumento dei costi causati dall’inflazione. Me non contenti, una quota considerevole è destinato a finanziare la sanità privata sia per l’abbattimento delle liste di attesa sia autorizzando, anzi incentivando, l’aumento delle convenzioni. Mentre nulla è previsto per il rinnovo del contratto e nemmeno per assumere i professionisti della sanità di cui c’è un gran bisogno.
L’ISTRUZIONE PIANGE
“Non c'è traccia o accenno qualunque nelle oltre tre ore della conferenza stampa fiume della presidente del Consiglio al tema dell'istruzione, della formazione della ricerca”. A parlare è Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil, che il mondo della scuola conosce bene essendo insegnante. Aggiunge la dirigente sindacale: “Tema non rilevante evidentemente neppure in raccordo con le sfide di prospettiva (digitalizzazione, intelligenza artificiale, riconversione ecologica, nuove politiche industriali e di sviluppo) che dovrebbero essere al centro dell'azione del governo”. E a piangere, ad esempio, sono i supplenti che non ricevono lo stipendio da settembre, così come le migliaia di precari sia dell’istruzione che dell’università e della ricerca che non vedano all’orizzonte nessuna stabilizzazione.
LO SGUARDO MIOPE SULLA CONOSCENZA
L’istruzione, la formazione, la ricerca sono i passaporti che consentono ai singoli e al Paese intero di entrare nel futuro e costruirlo. Sarà per questo che proprio non sembrano essere tra le priorità della prima ministra? Sostiene, infatti, Fracassi: “Affrontare il tema del ruolo della conoscenza significa sforzarsi a guardare al futuro, immaginare le prospettive sociali ed economiche del Paese, ma questo è un governo con lo sguardo saldamente rivolto alla contingenza se non al passato”.
Lo dimostrano, prosegue, “le riforme che soprattutto nella scuola stanno riportando in auge vecchie idee e modelli che si basano fondamentalmente su un modello di neosegregazione sociale, di privatizzazione del sistema di istruzione, di canalizzazione precoce dei ragazzi e delle ragazze e di contrasto al modello della scuola democratica di massa. Lo dimostra ancora la riforma principe di questo esecutivo, l'autonomia differenziata che rischia di dare un colpo mortale alla scuola pubblica statale per favorire una dimensione regionale che amplificherà le disuguaglianze sociali oltre che territoriali anche nelle regioni del Nord”.
LE SCELTE, LE CONSEGUENZE
Basta guardare ai primi atti del governo, dall’accorpamento degli istituti scolastici al taglio dei posti negli asili nido previsti dal Pnrr, passando per l’eliminazione di una parte consistenze delle case e degli ospedali di comunità previsti dal Piano di attuazione di Nex generation Eu. Nessun investimento per l’istruzione o per la sanità mentre si prevedono per le farmacie private per trasformale in centri servizi. E così aumenta sia la spesa privata per accedere alle prestazioni che il pubblico non riesco ad erogare, sia quanti non si curano perché non posseggono le risorse per farlo.
Aggiunge Sorrentino: “Meloni rivendica la politica dei tagli lineari che di per sé aumenta le disuguaglianze, occorre invece selettività nel tagliare spesa improduttiva per investire nel lavoro, nel welfare e nella sostenibilità come indicato dal Presidente della Repubblica. La crisi dei pronto soccorso di queste ore segna con evidenza che la sanità è al collasso e il governo ignora totalmente l’emergenza”.