LEGAMBIENTE A CONGRESSO. I troppi ritardi dell’Italia, che accelera solo sui rigassificatori. «Cambiare rotta»
La posizione di Legambiente, impegnata fino a oggi a Roma nel XII Congresso nazionale per definire le caratteristiche del cantiere Italia per la transizione ecologica, è chiara: «Stop fossili, start rinnovabili». Un netto «no» quindi ai sussidi a chi inquina e alle strategie fossili ma anche a quelle che l’organizzazione definisce «false soluzioni, come il nucleare e lo stoccaggio dell’anidride carbonica, che rischiano di far perdere al Paese le vere occasioni di innovazione e sviluppo per i territori».
Nucleare al centro ieri della Cop28 di Dubai, con la premier Meloni che ha ribadito di non avere preclusioni «su nessuna tecnologia che possa essere sicura e che possa aiutarci a diversificare la nostra produzione energetica». Ieri, nel secondo giorno di Congresso, Legambiente ha sottolineato come nell’accelerazione della transizione ecologica pesino i cronici ritardi di alcuni cantieri nazionali, iter lunghi, riforme in stallo e chiara mancanza di volontà politica.
Il documento dell’associazione evidenzia le maggiori lacune: lo sviluppo delle rinnovabili, ad esempio, è lento e faticoso, con 1.400 progetti in valutazione al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), come quello di eolico off-shore presentato nel Golfo di Manfredonia, dopo 15 anni ancora fermo. Anche la riconversione industriale non decolla: l’esempio più significativo è la mancata decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto.
Pesa anche la lentezza nella realizzazione di nuove aree protette previste da leggi nazionali o regionali: come quella marina Costa di Maratea in Basilicata (L. 394/91), richiesta dagli anni Novanta e non ancora realizzata, e il Parco nazionale del Matese (L. 205/2017) tra Campania e Molise, ostaggio di interessi politici e lungaggini burocratiche delle Regioni. Nella lotta all’illegalità e all’abusivismo edilizia si fa ancora fatica ad abbattere gli ecomostri, che non sono una priorità nazionale.
Tra i ritardi che riguardano l’attuale governo, l’approvazione del decreto del Pnrr sul bando per lo sviluppo delle comunità energetica rinnovabili nei piccoli comuni, l’approvazione del Pnacc (Piano nazionale di adattamento climatico) e di una legge contro il consumo di suolo ma anche la mancata piena attuazione delle direttive comunitarie per archiviare la stagione delle discariche e degli inceneritori.
Tutto questo mentre «il nostro Paese impiega mediamente sei anni per l’autorizzazione di un impianto eolico contro la media europea di due, e mentre si accelera l’iter di autorizzazione dei rigassificatori, prevedendola in 6 mesi come a Piombino e Ravenna, e si pensa al Ponte sullo Stretto di Messina per collegare Calabria e Sicilia dove, per andare da Trapani a Ragusa, si impiegano 13 ore cambiando 4 treni regionali. Chiediamo al Governo Meloni, alle Regioni ed enti locali di cambiare rotta con politiche climatiche coraggiose e ambiziose» commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente fino al rinnovo delle cariche, previsto per oggi