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La premier ha affermato che mai come quest'anno ci sono tanti soldi per la sanità: non è vero. Mancano all'appello 5-6 miliardi, altro che aumento

Piazza colonna der Regierungssitz Palazzo Montecitorio Foto: Guenter Nowack

Quando ci saranno tabelle e numeri si scoprirà il dettaglio della manovra di bilancio presentata lunedì 16 ottobre. Ma valutare quanto conosciuto è certamente possibile. A cominciare da uno dei capitoli più menzionato, quello della sanità.

Giorgia Meloni, rispondendo implicitamente alle richieste della Cgil e di quanti lo scorso 26 giugno da Piazza del Popolo e poi il 7 ottobre da quella San Giovanni che difendeva la Via Maestra, ha affermato che mai nella storia recente tante risorse sono state destinate alla sanità. Non è vero. A dirlo non è soltanto la Confederazione di Corso d'Italia.

I conti giusti

I numeri, si sa, difficilmente mentono ma occorre essere onesti e chiari nel rappresentarli. Carlo Cottarelli, si sa, a far di conto è bravo visto che è il suo mestiere, ed è bravo anche ad analizzare la spesa pubblica. Ebbene è lui ad affermare: “Con l’inflazione che abbiamo avuto, – scrive su Repubblica - chiunque capisce che citare la cifra in miliardi per valutare l’adeguatezza dei finanziamenti alla sanità è sbagliato. Con i 136 del 2024 non si comprano le cose che si compravano nel 2019 con 116 miliardi”.

 

Cosa è stato annunciato in manovra

Tre miliardi sono quelli che la legge di bilancio dovrebbe destinare alla sanità, in più rispetto allo scorso anno. Di questi 2,3 dovrebbero essere destinati agli aumenti già previsti per il personale in forza al servizio sanitario nazionale. Tutto il resto, così ha annunciato la presidente del Consiglio, dovrà servire per abbattere le liste di attesa. Come? Anche rivolgendosi ai privati. Ciò significa che le scarsissime risorse pubbliche per la salute di cittadini e cittadine andranno a finanziare la sanità privata. Dice Michele Vannini, segretario nazionale della Fp Cgil: “Al di là della propaganda governativa, parla da sola la scelta di finanziare ulteriormente il privato per abbattere le liste di attesa, così come non ci pare di vedere ravvedimenti rispetto alla scelta di portare nel 2026 al 6,1 la percentuale di spesa sanitaria in rapporto al Pil, vero indicatore di una prospettiva di ulteriore ridimensionamento del servizio sanitario nazionale”.

Per tutto il resto nulla

Dove sono le risorse per i farmaci? E quelle per l’aggiornamento e il finanziamento del Livelli essenziali di assistenza? O le risorse per dare gambe a quanto previsto dal Pnrr, dalle case e ospedali di comunità all’integrazione socio-sanitaria, dall’assistenza domiciliare integrale alla presa in carico della non autosufficienza? E quelle per la salute mentale e i consultori? Nulla.

 

Commenta dunque Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil: “Stando al comunicato della presidenza del Consiglio dei ministri, per il 2024 si prevedono 136 miliardi di euro, ovvero, le stesse risorse che il Def prevedeva per l’anno in corso. Tradotto non c’è traccia dei necessari cinque miliardi aggiuntivi rispetto a quanto già programmato.  Se la legge di bilancio dovesse confermare i contenuti della conferenza stampa ci troveremmo di fronte a risorse assolutamente inadeguate per la sanità pubblica, come rimarcato ripetutamente anche dalle Regioni, molte delle quali hanno chiuso gli ultimi bilanci solo grazie a risorse proprie, straordinarie, e come tali irripetibili”.

Il nodo personale

Durante i mesi più terribili della pandemia medici, infermieri, operatori socio-sanitari e professionisti della salute venivano chiamati eroi. Oggi sono dimenticati. Dice ancora Vannini: “Da nessuna parte si parla di mettere mano a quella che è la principale emergenza che riguarda la sanità: la drammatica carenza di professionisti. Di assumere, per dare respiro a un personale che è sempre meno e che scappa dal servizio pubblico anche, se non soprattutto, per sottrarsi a carichi di lavoro massacranti nel concreto non si parla, anzi. Serve un piano straordinario di assunzioni, ma il governo – questo è chiarissimo – ha scelto la strada di aumentare l’orario di lavoro, seppure per via indiretta, del personale sanitario. Va letta così la scelta di favorire gli straordinari e aumentare il valore delle prestazioni aggiuntive. Sui contratti leggeremo l’articolato, ma ci piacerebbe sapere che conti hanno fornito al ministro quando afferma sulla stampa che i 2,3 miliardi dichiarati sono il quadruplo di quanto stanziato per il contratto precedente, che ha distribuito circa 1,7 miliardi solo per il comparto”.

Quantità e qualità della spesa

A porre la questione è stata ancora Meloni, dicendo che più di quante risorse vengono stanziate è importante che esse vengano spese bene. Anche volendo darle ragione, ci domandiamo: sono ben spese le risorse usate per pagare a gettone oltre 100.000 turni all’anno nei reparti di emergenza e urgenza invece che assumere personale? E magari a coprire i turni in pronto soccorso cittadini e cittadine trovano ginecologi al posto di traumatologi o anestesisti e rianimatori? Perché, quindi, ci domandiamo non vengono stanziate risorse adeguate per rinnovare contratti e reclutare personale? E perché non viene tolto il tetto di spesa per il personale bloccato al 2004?

I numeri non mentono

I calcoli del professor Cottarelli sono chiari: “Se si adegua lo stanziamento per la sanità all’aumento dei prezzi si scopre che la spesa sanitaria per il 2024 scende, in termini di potere d’acquisto, del 1,5%. Questo segue al taglio del 2,7% operato da questo governo nel 2023. Si tratta quindi di un taglio cumulato del 4,1%, come dire 5-6 miliardi in meno per la nostra sanità”. Altro che incremento più alto di sempre. E non finisce qui, è sempre nei documenti ufficiali targati Meloni che si trova in altro numero, nei prossimi anni si scenderà ancora arrivando a toccare il 6,1% del Pil per la sanità nel 2026.

Serve mobilitarsi

“Occorre ricordare - aggiunge Barbaresi - che per raggiungere la spesa media europea al servizio sanitario nazionale occorrerebbero 27 miliardi di euro in più all’anno e oltre 80 miliardi per raggiungere la spesa di Paesi come la Germania. Il nostro giudizio misurerà la riduzione, o meno, di queste distanze. A oggi, le cifre annunciate dal governo sembrano ben lontane dalla media Ue. Pensare poi che 250 milioni per il 2024 e 350 milioni per il 2025 possano essere considerate cifre adeguate al potenziamento dell’assistenza territoriali non desta solo una forte preoccupazione, ma dopo la rimodulazione della Missione 6 del Pnrr, con il taglio di 414 Case della Comunità (-31%), 96 Ospedali di Comunità (-24%) e 76 Centrali Operative Territoriali (-13%), fa decisamente indignare”.

Che fare? Certo non è possibile lasciar passare imprecisioni e mistificazione della realtà. Allora, in attesa che gli organismi dirigenti di Cgil e Uil definiscano le prossime tappe di mobilitazione, Barbaresi suggerisce: “Anche a sostegno dei dieci punti della piattaforma confederale, è importate che venga sollecitata in tutti i Consigli comunali l’approvazione di ordini del giorno che chiedano alle rispettive Regioni e Province autonome di assumere iniziative verso il governo nazionale per stanziare le necessarie risorse per il servizio sanitario nazionale”