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Uno studio dell’Ong Save The Children nelle campagne di Latina e Ragusa denuncia le condizioni di vita dei minori «invisibili». «Queste bambine e bambini trascorrono l’infanzia in alloggi di fortuna, forte isolamento, con un difficile accesso a scuola e servizi sanitari e sociali», si legge nel rapporto

Di bracciante in figlio: sfruttamento ed esclusione sociale Figlio di un bracciante nella provincia di Latina - Francesca Sapio/Save the children

Le colpe dei padri non dovrebbero ricadere sui figli. Ricadono invece, e pesantemente, le condizioni di deprivazione economica, esclusione sociale e sfruttamento lavorativo. Lo denuncia Save The Children nel XIII rapporto Piccoli schiavi invisibili pubblicato ieri, in vista della giornata internazionale contro la tratta del 30 luglio, con un focus sui figli dei braccianti a Latina e Ragusa. «Quella che emerge è la fotografia di bambine e bambini figli di braccianti sfruttati che spesso trascorrono l’infanzia in alloggi di fortuna nei terreni agricoli, in condizioni di forte isolamento, con un difficile accesso alla scuola e ai servizi sanitari e sociali», afferma il rapporto.

SECONDO LE STIME dell’Istat, relative a due anni fa, nel settore dell’agricoltura italiana erano circa 230mila i lavoratori occupati irregolarmente. Massiccia la presenza di stranieri non residenti e donne (55mila). Questo fenomeno si concentra in alcune province che richiedono una forte presenza di manodopera e sostiene un pezzo importante del Pil agricolo del paese. Spesso in cambio di costi umani devastanti, che colpiscono sia i lavoratori che le loro famiglie. Prole compresa.

NEL DISTRETTO del Monviso, in provincia di Cuneo, da anni gli stagionali si battono per alloggi dignitosi. Nelle baracche del “ghetto” di Torretta Antonacci, nel foggiano, vivono circa 2mila braccianti che lo scorso 14 luglio insieme al sindacato Usb hanno presentato le proposte su “Casa, lavoro, terra e libertà” per uscire dalla marginalizzazione e ottenere i diritti che gli spettano. A Nardò, nel Salento, i lavoratori agricoli stranieri hanno ottenuto anche quest’anno l’accoglienza nella foresteria Boncuri, insieme ad alcuni servizi socio-sanitari. Altre situazioni difficili si registrano in Campania, Calabria e Sicilia, da Castel Volturno a Rosarno fino a Pachino.

Lo studio di Save The Children punta l’obiettivo, con i reportage di Valentina Petrini, sulla provincia di Latina e la Fascia trasformata di Ragusa, l’area delle coltivazioni in serra che tocca diversi territori siciliani. In queste zone la forza lavoro è richiesta sia per la raccolta che per l’imballaggio dei prodotti e si trovano due dei mercati ortofrutticoli più importanti del paese: il centro agroalimentare di Fondi e l’ortomercato di Vittoria. I numeri riportati nel rapporto, che vengono dall’ufficio di statistica Crea e riguardano il 2022, dicono che sono di origine straniera 13mila dei 20mila operai agricoli censiti/registrati a Latina e quasi 13mila su 28mila a Ragusa. «L’esclusione si radica dalla nascita», denuncia l’Ong, e tocca aspetti fondamentali per i figli di questi braccianti.

ALCUNI DI LORO sono coinvolti in attività lavorative, anche pesanti, prima dell’età minima stabilita dalla legge italiana: 16 anni. Nella provincia siciliana K., 15enne di origine tunisine, lavora in un magazzino con la sorella, mentre S. ha iniziato a 13 anni a «bombare i fiori», cioè cospargere veleno sulle coltivazioni. A mani nude e bocca scoperta.

Molti altri bambini e adolescenti sono costretti a trascorrere da soli buona parte del tempo extra-scolastico perché i genitori sono a lavoro. Spesso vivono in situazioni abitative sovraffollate e precarie. «I minori incontrati a 9/10 anni sono spesso già adulti. Crescono fratelli e sorelle più piccoli. Molti di loro non fanno sport, né altre attività ricreative», dice il rapporto rispetto alla situazione nella provincia di Latina.

PER QUESTI MINORI la frequenza scolastica è «costantemente minacciata dagli effetti diretti e indiretti dello sfruttamento lavorativo» e altri gravi problemi vengono dal muro della burocrazia: le difficoltà di ottenere la residenza o il codice fiscale ricadono a cascata su quelle di vedersi assegnato un medico o un pediatra. Le testimonianze raccolte, anche tra il personale sanitario, denunciano il rischio della negazione del diritto alla salute.

Alla luce dei risultati della ricerca Save The Children chiede un intervento istituzionale che coinvolga ministero del Lavoro, comuni e Viminale per «proteggere tutti i minorenni e i loro genitori vittime di tratta e/o sfruttamento»