APPELLO ALL’ASSEMBLEA LEGISLATIVA DELL’ EMILIA ROMAGNA IN MERITO AI RECENTI CATASTROFICI EVENTI CHE HANNO COLPITO GRANDI AREE DELLA NOSTRA REGIONE
Le reali motivazioni degli avvenimenti ambientali accaduti non sono dipese da una sola causa prevalente ma sono da ritrovare in almeno tre fattori: il primo a carattere “globale”, che riguarda i cambiamenti climatici e gli altri due a carattere “locale” che riguardano la fragilità naturale dell’assetto idrogeologico della collina e la vulnerabilità, questa del tutta antropica, della pianura, gravata dalla totale artificializzazione della rete idraulica e dall’estensione dell’imper- meabilizzazione dei suoli. Tutti e tre sono conseguenza del prevalere della logica della “crescita infinita” che ha rotto gli argini naturali subordinando l’ambiente locale e globale al consumismo delle società e delle singole persone come senso della vita, con l’unico limite nelle possibilità economiche, sociali e personali. La prima questione per tutti è oggi quella della cura del “bene comune”: è necessaria una inversione culturale e politica che assuma il “concetto di limite” come guida ponderata di ogni scelta futura.
Per quanto riguarda la questione del “cambiamento climatico” è doveroso uscire dal “giro di parole” e assumere in tutte le Istituzioni elettive “piani regolatori” delle emissioni di CO2 e di quelle climalteranti, definendo anno per anno e settore per settore di quanto dovranno essere ridotte per rispettare i limiti di emissione concordati in sede UE al 2030 e per giungere allo “zero emissioni” al 2050, in Emilia-Romagna e nei Comuni, singoli e associati.
Per intervenire su gli altri due fattori occorrono scelte che spettano alla sola comunità emiliano romagnola con azioni strutturalmente inserite in un rinnovato e rafforzato quadro degli strumenti di governo complessivo del territorio.
Per quanto riguarda l’assetto idrogeologico dei nostri territori occorre assumere che l’intero sistema idraulico della bassa pianura è stato costruito nei secoli e fino ad ora sulla base di parametri (volumi di piena, tempi di ritorno) che oggi sono obsoleti e inutilizzabili. Al di là dei ripristini emergenziali, per i quali serve fornire agli enti preposti risorse finanziarie ed umane adeguate, occorre un nuovo piano di assetto idrogeologico, che ridefinisca il rischio idraulico tarato sulle mutate caratteristiche delle piogge, che indichi tutte le aree in cui sia possibile realizzare casse di espansione e restituisca spazio alle dinamiche fluviali con modalità che perseguano la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e la capacità di ricarica delle falde. Vanno ridimensionate su nuovi scenari tutte le opere idrauliche in essere, da quelle grandi (argini, ponti, bacini) alle più piccole e in particolare vanno incentivate vasche che trattengano le acque meteoriche, prima di immetterle nel reticolo idraulico, in tutte le aree intensamente impermeabilizzate di pianura, come le zone commerciali ed industriali, ed interventi di desigillazione di piazzali e parcheggi .
Visto che fenomeni di questo genere possono ripetersi in tempi sempre più ravvicinati, la “fotografia” di quanto è successo dovrà assumere le funzioni di una guida per tutte le scelte future, sia di ripristino dei territori, sia per la verifica dei piani previsti o in corso di realizzazione al fine di evitare conseguenze analoghe.
Per quanto riguarda il consumo di suolo molti avevano sperato che la legge urbanistica del 2017 potesse invertire decisamente la tendenza in atto. Ma oggi possiamo vedere (dati ISPRA) che questo non è avvenuto, a causa di due principali motivi. Il primo è dovuto a deroghe contenute nella legge e ad interpretazioni estensive della stessa Regione. Il secondo nasce dal fallimento,
fino ad ora, della legge nel dare vita ad una nuova stagione di pianificazione orientata alla rigenerazione urbana: dopo cinque anni solo 17 Comuni hanno il nuovo Piano, mentre la maggior parte degli altri ha dedicato tutto il tempo del periodo transitorio a cercare di proseguire fino all’ultimo giorno utile l’attuazione delle precedenti previsioni espansive.
Chiediamo allora una revisione della legge regionale sul governo del territorio che parta da una seria valutazione della sua applicazione, come peraltro essa stessa prescrive, cogliendo anche l’occasione della discussione di una proposta di legge di iniziativa popolare, richiesta da 7000 cittadini, giacente sul tavolo dell’Assemblea Legislativa Regionale.
Invitiamo a questo proposito l’Assemblea ad aprire la discussione nel merito, come prevede lo Statuto regionale e, in quella occasione, a valutare l’opportunità di sospendere, in attesa dell’auspicata modifica legislativa, ogni ulteriore determinazione sulle pratiche di perfezionamento attuativo previste dalla legge in vigore, in particolare quelle relative alle zone investite dai tragici eventi accaduti.
Nell’inviare questo appello i sottoscritti si dichiarano disponibili a discuterne in qualsiasi sede si ritenesse opportuno.
Bologna, 12 giugno 2023
Pietro Maria Alemagna, Sergio Caserta, Piero Cavalcoli, Rudi Fallaci, Ugo Mazza, Piergiorgio Rocchi, Maurizio Sani, Vinicio Ruggeri.
per sottoscrivere l’appello inviare mail a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Sottoscrizioni dell’appello pervenute entro lunedì 12 giugno:
Jadranka Bentini, Vittorio Bardi, Paolo Berdini, Paola Bonora, Aurelio Bruzzo, Paolo Ceccarelli, Arnaldo Cecchini, Pier Luigi Cervellati, Piergiorgio Corbetta, Claudio Dellucca, Vezio De Lucia, Andrea De Pasquale, Romeo Farinella, Carla Ferrari, Maurizio Ferrari, Marina Foschi, Sergio Foschi, Andrea Garofani, Fioretta Gualdi, Brunella Guida, Maria Pia Guermandi, Fulvio Lelli, Giovanni Losavio, Raffaele Milani, Stefano Pezzoli, Edoardo Preger, Massimiliano Rubbi, Sergio Salsedo, Paolo Serra, Franco Stringa, Paolo Urbani