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Le sue vicende mostrano quanto è necessaria una regolamentazione delle piattaforme per evitare una sistematica disinformazione senza alcuna possibilità di controllo

Twitter logo on smartphone screen on black textured background. Twitter logo on smartphone screen on background of dollars. Twitter is a microblogging and social networking service. Elon Musk closes Twitter acquisition deal. Moscow, Russia - October 27, 2022. 

A poco più di un mese dall’acquisto di Twitter Elon Musk sta dimostrando, semmai ce ne fosse necessità, di quanto sia necessaria una regolamentazione delle piattaforme e di come si possa produrre una sorta di sistematica disinformazione e censura senza alcuna possibilità di controllo. Come è noto Musk ha appena bandito gli account di nove giornalisti dal social, senza un spiegazione, tra cui firme importanti di giornali come il New York TimeWashington Post o Cnn. Ovviamente Musk sospende anche l’account del suo più diretto concorrente, Mastodon, la piattaforma su cui iniziano a migrare molti degli utilizzatori di Twitter

In aggiunta il nuovo proprietario di Twitter pare voler impedire a chi utilizza la propria piattaforma la possibilità di utilizzarne link che rimandino ad altre piattaforme, il che pare davvero singolare. Bisogna tenere conto che molti giornalisti bannati da Musk hanno un gran numero di follower e utilizzano anche Twitter per la propria attività. Dunque essere estromessi, peraltro senza indicazioni specifiche del motivo, rappresenta un danno anche dal punto di vista lavorativo. Ma questi sono i rischi di piattaforme che possono tranquillamente informare e disinformare e decidere chi sospendere e chi ammettere: valeva per l’eliminazione arbitraria dell’account di Trump tanto quanto per l’attuale riammissione di account che propagandano messaggi filoazisti.

 

 

In tutto questo lo stesso Musk lancia un sondaggio tra gli utenti rispetto all’opportunità delle proprie dimissioni da Twitter e, se dovesse decidere di essere coerente con il risultato del sondaggio, si dimetterà (e la sola notizia pare aver fatto salire le azioni della Tesla). Insomma, non c'interessa tanto la storia di Elon Musk, quanto il fatto che la medesima sembra l'esempio eclatante di come la tecnologia privata e senza controllo e governance possa creare contraddizioni insanabili. 

Quanto si è liberi di esprimere davvero la propria opinione su un social privato? Quanto valgono i codici di autoregolamentazione? In Europa esiste un codice di condotta ma rimane sempre il tema estremamente delicato del rapporto tra la libertà di espressione e la necessaria rimozione di contenuti o di profili che propagandino argomenti discriminatori, diffamatori, razzisti. Di fatto ciò che risulta sempre più chiaro è che molta parte dell’informazione, e della disinformazione, passa dai social e che singoli, privi di vincoli, possono determinare, influenzare, indurre a decidere, fornendo informazioni a propria scelta, decidendo chi parla e chi no.

È bene ricordare che sempre Musk, con al sua SpaceX, ha messo in campo Starlink ossia un progetto di messa in orbita di una costellazioni di satelliti per un accesso globale a internet a banda larga: si tratta di quei puntini bianchi tutti in fila che sicuramente a qualcuno è capitato di osservare in cielo. Insomma, la connettività spaziale in mano privata, e a oggi pare che l’azienda abbia lanciato già 3.449 satelliti. Del resto un paio di mesi fa proprio su Twitter Musk aveva spiegato che Starlink stava spendendo quasi 20 milioni di dollari al mese per il mantenimento dei servizi satellitari in Ucraina, per garantire l’utilizzo di internet, chiedendo cosi ovviamente un supporto al governo degli Stati Uniti che pare aver finanziato l’invio di ulteriori satelliti.

Insomma, parlare oggi di Elon Musk è l’occasione per ribadire che il punto rimane sempre il medesimo: sulla tecnologia, sul suo utilizzo, si gioca una partita che coinvolge gli assetti politici globali, la tenuta dei princìpi democratici, la formazione delle opinioni, la libertà di espressione, e anche la possibilità o meno di rendere centrale il profitto o il benessere degli esseri umani. La Cgil continua a battersi perché la tecnologia sia a servizio dell’umanità, portando la propria posizione sia a livello nazionale che nell’ambito europeo che, in questa fase, appare quello più impegnato per una regolamentazione dello spazio digitale nel rispetto dei valori fondanti del nostro continente. Non è un tema su cui è ammessa distrazione. Trasparenze, regole, affidabilità econoscenza sono e saranno i veri elementi di potere su cui si giocheranno le relazioni tra stati e tra persone.

Cinzia Maiolini è responsabile Ufficio 4.0 Cgil