Dal 21 al 23 ottobre la rete Europe for Peace (di cui fanno parte Sbilanciamoci, Rete Disarmo, Anpi, Cgil, Emergency e oltre 400 organizzazioni della società civile) promuoverà iniziative in oltre 100 città italiane per chiedere l’immediato cessate il fuoco in Ucraina e l’avvio di negoziati verso una conferenza internazionale di pace.
La guerra si sta aggravando e il rischio nucleare incombe: ecco perché, dalla spinta delle prossime iniziative del 21-23 ottobre la possibilità di una mobilitazione e di un appuntamento nazionale – unitario ed inclusivo – si pone con grande forza e urgenza.
I pericoli che ci stanno di fronte sono incommensurabili: le parole pronunciate prima da diversi leader della Federazione russa sulla possibilità dell’uso dell’arma nucleare e le reazioni del Parlamento europeo (che invita l’Europa a rispondere in caso di attacco nucleare) e ancora di Biden il 6 ottobre scorso sulla possibilità di un’apocalisse nucleare, gettano grande allarme e apprensione. Alla guerra di parole può seguire una deflagrazione devastante. E le atomiche cosiddette «tattiche» di tattico non hanno nulla: la più piccola in circolazione devasterebbe l’intero centro storico di Milano.
Il deleterio rifiuto di Zelensky -stabilito per legge – a qualsiasi negoziato con la Federazione russa è un altro elemento che aggrava la situazione: scegliere la guerra come unica strada possibile, con il nucleare dietro le porte, è un segno di avventurismo e di irresponsabilità inaccettabili. La continuazione della guerra è un alibi per la criminale aggressione di Putin e a pagarne il prezzo sono le popolazioni ucraine, i ragazzi che muoiono in guerra, i pacifisti e i disertori russi che vengono messi in carcere.
Quello che è grave è che una parte della comunità internazionale (gli Stati Uniti, l’Unione europea) avvalla queste scelte di guerra. Invece di premere per il cessate il fuoco e riaprire i negoziati (e puntare da subito ad una conferenza internazionale di pace, come ha scritto ieri sul manifesto Gaetano Azzariti), continua a soffiare sul fuoco, a inviare le armi, a sostenere le scelte di chi rifiuta ogni possibilità di dialogo. Ora, il Segretario di Stato americano Blinken auspica una via diplomatica – contraddicendo apertamente Zelensky – e lo stesso presidente americano Joe Biden parla di off ramp, una via d’uscita a Putin per non fargli perdere la faccia. Staremo a vedere se si tratta di ipocrite parole al vento com’è spesso accaduto o se invece seguiranno atti concreti.
Questa guerra, oltre a prefigurare il rischio nucleare, alimenta un aggravamento economico, sociale e umanitario in ogni parte del mondo: non solo per l’emergenza energetica che colpisce anche noi, ma soprattutto per la difficoltà di rifornimento del grano per i paesi più poveri, che da questi approvvigionamenti dipendono per sfamare le popolazioni. È una guerra combattuta non solo sulla pelle della popolazione ucraina, ma su quella di tutto il mondo, ed in particolare quella più povera.
C’è una parte della comunità internazionale (maggioritaria sia per popolazione che per numero di paesi, ma non dal punto di vista geopolitico: India, Cina, Paesi africani, ecc.) che è contraria a questa escalation e che vorrebbe subito lo stop e i negoziati.
Ecco perché ritornare in piazza, sulle strade è importante. Ecco perché saremo oggi con la Cgil a Roma e lo saremo poi dal 21 al 23 ottobre in tutta Italia. È necessario far sentire di nuovo, con forza la voce della pace in ogni angolo del paese, organizzando manifestazioni, sit-in, presidi davanti alle prefetture, incontri, chiedendo al nostro governo attuale (e a quello futuro) di intraprendere una nuova strada.
Invece di essere subalterno ad una logica di guerra, il governo deve sposare un’altra via, quella della mediazione e del dialogo, deve fare concrete proposte di negoziato, coinvolgere le Nazioni unite. Non possiamo più stare a guardare delegando alla Nato la responsabilità di condurci verso scelte sbagliate che invece di fermare Putin, lo portano a legittimare una escalation incontrollabile.
In questi anni, dopo la guerra civile ucraìna iniziata nel 2014, si poteva prevenire l’aggressione della Federazione russa del 2022, ma nulla è stato fatto: anzi si è perso tempo volutamente, alimentando inutili provocazioni. Si poteva quest’anno, prevenendo l’aggravamento dei mesi a venire, facendo sentire la propria voce nei primi mesi di questa guerra, quando sono partiti i negoziati tra ucraini e russi, ma anche in questo caso la comunità internazionale è stata divisa, latitante e complice della continuazione dei combattimenti. Si potrebbe oggi prevenire l’escalation nucleare, ma continua a prevalere un atteggiamento che mette in campo una sola opzione: il sostegno alla guerra, accompagnata dalla propaganda.
Ma ora, di fronte al rischio nucleare non è il momento della propaganda e delle tifoserie. È il momento della pace e della responsabilità, è il momento dell’azione nel nome della nonviolenza. Come diceva Aldo Capitini: «A ciascuno di fare qualcosa».
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