Da Chernitvsi a Kiev ci sono circa 500 chilometri. Ma il treno notturno, con i finestrini coperti da nastro adesivo anti deflagrazione, per motivi di sicurezza la prende alla larga e ne fa più di mille, passando da Leopoli. Un viaggio di 15 ore attraverso tutta l’Ucraina.
La Carovana StopTheWarNow, guidata da Un Ponte Per e Movimento Nonviolento, è giunta a Kiev per incontrare e sostenere il Movimento Pacifista ucraino, una voce minoritaria che rifiuta la logica della guerra. Ci vuole del coraggio per andare controcorrente in un paese aggredito, per non unirsi al coro del nazionalismo esasperato, per dissociarsi dall’uso delle armi. Eppure gli obiettori di coscienza partecipano alla difesa del loro paese, ma lo fanno con la resistenza nonviolenta.
In migliaia sono disponibili a svolgere un servizio civile per la difesa non armata e nonviolenta della patria, ma invece l’attuale legislazione marziale prevede anche per loro la mobilitazione armata e se la rifiutano scattano le denunce e il procedimento penale.
La parola «pace» qui è vista con sospetto: «Sì, faremo la pace dopo la vittoria» dicono gli interlocutori più benevoli; i più ostili pensano che i pacifisti stanno lavorando per i russi. Niente di più falso, ma in tempo di guerra screditare chi non si allinea è d’obbligo «o con me o contro di me».
È la stessa sorte destinata agli obiettori, disertori, renitenti russi accusati di tradimento della patria, tacciati di essere filo occidentali. Ma è realistico pensare alla pace mentre le bombe cadono sui civili e prendono di mira addirittura i convogli umanitari? La nonviolenza non ha mai fermato un missile, è vero. Ma aggiungere altre armi più potenti a quelle che già ci sono, rinforza la follia della guerra, il più grande crimine contro l’umanità.
In questo contesto difficile e delicato gli obiettori di coscienza ucraini si stanno preparando a celebrare la Giornata internazionale della nonviolenza che l’Onu ha fissato oggi, al 2 ottobre, data di nascita di Gandhi. È la prima volta in tempo di guerra. Abbiamo scelto di ritrovarci insieme, nonviolenti ucraini e italiani, davanti alla statua di Gandhi che si trova nel giardino botanico «oasi della pace», donata dall’ambasciata indiana alla città. Leggere Gandhi a Kiev.
«La Russia ha un dittatore che sogna la pace e crede di riuscire ad ottenerla versando fiumi di sangue. Nessuno può dire quali effetti avrà sul mondo la dittatura russa». Lo diceva il Mahatma nel 1938. Profetico. Lo stesso Gandhi che nel pieno della seconda guerra mondiale lucidamente affermava «la causa della libertà diventa una beffa se il prezzo da pagare per la sua vittoria è la completa distruzione di coloro che devono godere della libertà».
E a proposito di guerra contro il carnefice: «Voi volete eliminare il nazismo, ma non riuscirete mai ad eliminarlo con i suoi stessi metodi» e proponeva alle nazioni occupate di ottenere la vittoria con la resistenza nonviolenta: «L’Europa eviterebbe lo spargimento di fiumi di sangue innocente e l’orgia di odio a cui oggi assistiamo». Ieri contro l’aggressione della Germania di Hitler, oggi contro la Russia di Putin. Dopo più di ottant’anni siamo ancora lì.
Forse peggio, perché si è aggiunta la concreta, possibile, minaccia nucleare. Ma anche su quella Gandhi ci aveva visto lungo e ci ha ammoniti: «Considero l’impiego della bomba atomica per la distruzione totale di uomini, donne e bambini l’uso più diabolico della scienza. Qual è l’antidoto? È diventata obsoleta la nonviolenza? No, al contrario, la nonviolenza è l’unica cosa che ci risolleva; l’unica cosa che la bomba atomica non potrà distruggere. Non mossi un muscolo quando ho sentito che la bomba atomica aveva spazzato via Hiroshima. Al contrario mi sono detto, a meno che ora il mondo adotti la nonviolenza, questo significherà il suicidio dell’umanità».
Abbiamo dunque una responsabilità enorme. Tocca proprio a noi, insieme a chi oggi in Ucraina e in Russia ha già scelto, pagando di persona, la via della resistenza civile per costruire la pace di domani, dimostrare che la nonviolenza è l’unica soluzione possibile. Altrimenti si arriva allo scontro finale.
* Presidente del Movimento Nonviolento Carovana “Stop The War Now”