L’unica via d’uscita è una ragionevole e urgentissima trattativa diplomatica, anche attraverso un (per quanto difficile) auspicabile e rinnovato ruolo dell’ONU, l’immediato cessate il fuoco, il ritiro delle forze armate russe, l’indipendenza e la neutralità dell’Ucraina al di fuori della Nato
Care compagne e cari compagni,
quando scrivo l’esercito russo è alle porte di Kiev. Abbiamo diffuso ieri mattina un comunicato della Segreteria Nazionale in merito. Non è ancora chiara la dimensione dell’invasione russa, i suoi obiettivi militari, la sua durata. Tale operazione è stata definita da Putin come “operazione per smilitarizzare e denazificare l’Ucraina”. Abbiamo condannato fermamente l’invasione per le ragioni esposte nel breve comunicato di ieri della Segreteria nazionale. Aggiungiamo in questa comunicazione interna altre considerazioni più analitiche
SITUAZIONE ATTUALE E POSSIBILI PROSPETTIVE
Ad oggi le reazioni dell’Unione Europea e degli Stati Uniti si limitano ad un inasprimento delle sanzioni. Ma, seppur improbabile, non è del tutto da escludere, anche in rapporto ai non prevedibili sviluppi dell’operazione militare in Ucraina, una risposta sullo stesso terreno che potrebbe essere messa in atto dalla Nato o, più difficilmente, dagli stessi Stati Uniti. Se all’azione militare russa dovesse corrispondere una reazione militare della Nato, l’Europa e forse il mondo precipiterebbero in un conflitto dall’esito catastrofico. Ma anche se ciò non avvenisse, lo strappo della Federazione russa determinerà pesantissime conseguenze anche sul lungo periodo, rafforzando le posizioni di aspro contrasto con la Russia da parte di tanti Paesi dell’Est, come la Polonia e le Repubbliche baltiche, e in qualche modo si giustificherebbe la presenza della Nato al confine orientale come deterrenza nei confronti dell’espansionismo russo. L’invasione presumibilmente rafforzerà non solo le formazioni di destra ma anche i gruppi e le organizzazioni fasciste, naziste e oscurantiste presenti in tutta l’Unione Europea dando ulteriore respiro all’idea di “Europa fortezza” che si è sviluppata negli ultimi anni: chiusa a sud e sud-est ai migranti e chiusa ad est alla Federazione russa; assieme, si legittimerebbe l’idea della Nato come braccio armato dell’Occidente, una Nato che in più occasioni ha violato nel passato la sua missione esclusiva di intervenire solo nel caso di aggressione ad uno dei Paesi membri. Così è avvenuto nella ex Jugoslavia, in Afghanistan, in Iraq, in Libia.
C’è da aggiungere che le tensioni in corso hanno già determinato uno straordinario incremento dei prezzi delle fonti di energia, che tale incremento sta ancora aumentando, che le sanzioni provocheranno sì danno alla Russia, ma anche danni pesanti (forse maggiori) all’Unione Europea ed in particolare all’Italia portando a livelli di allarme sociale il tasso di inflazione e colpendo la crescita con gravissime conseguenze per l’economia ma in particolare per i ceti popolari.
In questa situazione così difficile e complessa ma specialmente drammatica, occorre avere un visione molto chiara ed approfondita, cioè non propagandistica, ed aprire una battaglia su obiettivi di progresso e assieme realistici.
LE ORIGINI
L’invasione russa è il punto di arrivo di tensioni e polemiche, alle volte molto violente, non solo fra Stati Uniti e Federazione russa, ma specificamente fra l’Unione Europea e la Federazione russa, in particolare da quando sono entrati nell’Unione Europea (e nella Nato) i Paesi dell’Est. È essenziale sottolineare inoltre la giustificata preoccupazione della Russia per il proliferare della presenza della Nato nei Paesi dell’Est a fronte di un accordo definito verbale (ma di cui sembra che si ritrovino anche tracce ufficiali), in base al quale dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica ci si impegnava a non far entrare nella Nato i Paesi dell’ex blocco dell’Est.
STRENUA DIFESA DEL MULTIPOLARISMO
Il mondo disegnato dalla caduta del muro di Berlino in poi è un mondo multipolare dove dovevano andare in frantumi le rigide divisioni segnate dai due blocchi della guerra fredda e doveva prevalere un clima di coesistenza pacifica. Non c’è solo la Cina come Paese emergente e potenzialmente leader dell’economia mondiale; ci sono altri soggetti come l’India, l’Africa del Sud, i Paesi dell’America Latina, la stessa Unione Europea. Un mondo ridisegnato non più alle dipendenze delle due superpotenze. Questo mondo multilaterale, policentrico, pacifico, già minato da un trentennio di tensioni e di nuova guerra fredda di cui non si vede traccia autocritica nei comportamenti e nelle dichiarazioni degli States, dell’UE e della Nato, viene messo definitivamente in discussione dall’invasione dell’Ucraina guidata da una logica oggettivamente imperiale, se si considerano le parole di Putin relative alla storia plurisecolare della Russia. Dobbiamo a maggior ragione rivendicare oggi, al tempo della globalizzazione e nel pieno di una pandemia che ha rivelato la fragilità del genere umano davanti all’attacco invisibile del virus, la necessità di un mondo davvero multipolare, in cui le alleanze politiche e militari non siano più imperniate sull’idea dell’amico-nemico, ma siano strumento di collaborazione politica ed economica fra i popoli del mondo. Non va dimenticato che sullo sfondo rimane un’altra area di grave tensione: Taiwan.
LA NATO
Perciò la Nato deve essere profondamente riformata limitando rigorosamente i suoi compiti all’azione di difesa dei Paesi membri, contestando la sindrome di onnipotenza di cui da tempo soffre, criticando il doppiopesismo che ha assunto in varie circostanze, come quando davanti all’aggressione di Erdogan nei confronti dei curdi siriani (ottobre 2019) il Segretario generale della Nato Stoltenberg, invece di una chiara condanna, utilizzò imbarazzate e imbarazzanti parole di comprensione verso la Turchia. La Nato nacque nel 1949 contro il blocco dell’est. La sua funzione storica si è obiettivamente esaurita, e la sua permanenza è diventata fattore di destabilizzazione e di freno alla coesistenza pacifica. Ma la richiesta di uscita dalla Nato nel mondo attuale, dati i reali rapporti di forza, è obiettivamente utopistica. La Nato va quindi vincolata ai suoi compiti esclusivamente difensivi.
L’ONU
L’Onu è da tempo un gigante impotente, come è evidente anche davanti alla crisi ucraina. Va riformata la sua struttura a cominciare dal Consiglio di Sicurezza che, rappresentando le potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, è costantemente bloccata dai veti reciproci limitandosi, quando riesce, ad approvare risoluzioni che non trovano poi pratica applicazione nei rapporti internazionali. Oggi non hanno di fatto voce grandi Paesi come l’India, il Brasile, l’Africa del Sud e più in generale l’ONU non ha un ruolo significativo né come deterrente verso i focolai di guerra né come strumento per contrastare le diseguaglianze nel mondo. L’obiettivo è far sì che l’ONU diventi la struttura sovranazionale garante di una nuova coesistenza pacifica alla base del nuovo ordine mondiale.
I NAZISTI E L’UCRAINA
Perché Putin parla di denazificazione? In premessa c’è da dire che non sempre Putin ha tenuto le debite distanze da personaggi ambigui o esplicitamente dell’estrema destra russa, come per esempio (ma si potrebbero fare molti altri esempi) il “filosofo” Alexander Dugin, oscurantista, esoterico, ammiratore di Julius Evola e teorizzatore della fondazione di un impero euro-asiatico con al centro Mosca. Detto questo, la preoccupazione di Putin corrisponde ad una presenza vera, reale e molto consistenti organizzazioni naziste in Ucraina.
La storia dell’Ucraina dal colpo di forza successivo a Maidan (2014) non corrisponde affatto, come vuole la narrazione dominante, allo stereotipo delle democrazie occidentali, ma è profondamente inquinata da forze e comportamenti esplicitamente nazisti: la presenza spesso determinante anche nel governo di diverse organizzazioni nazifasciste come Svoboda (il cui primo nome era Partito Socialnazionalista Ucraino), Pravji Sector, organizzazione paramilitare organicamente connessa col famigerato Battaglione Azov, e altre organizzazioni. Sono stati rivalutati criminali di guerra collaborazionisti e responsabili di efferate stragi in particolare di ebrei, come Stepan Bandera, oggi eroe nazionale dell’Ucraina. Queste forze sono le responsabili del massacro e dell’incendio della sede dei sindacati di Odessa (2014). Il Battaglione Azov, prima formato da volontari di estrema destra e poi assorbito nelle Forze Armate ucraine, è una organizzazione militare nazista, come attestato dai suoi simboli che riproducono in modo fedele o lievemente deformato la svastica e il sole nero fortemente voluto da Himmler, da tante dichiarazioni dei suoi esponenti, dalle sue azioni violentissime e criminali. Tale battaglione, famigerato per le sue efferatezze e crudeltà, è stato mandato all’attacco dalle autorità di Kiev nel corso della vera e propria guerra contro il Donbass che dura da otto anni e che ha causato decine di migliaia di vittime. Il fondatore del battaglione Andriy Biletsky, intervistato da Repubblica il 23 febbraio e in quella sede dichiaratosi
assolutamente non antisemita, né nazista, né fascista, è noto come il “Fuhrer bianco” avendo sottolineato (parole sue) “la purezza razziale della nazione Ucraina, impedendo che i suoi geni si mischino con quelli di razze inferiori”, svolgendo così “la sua missione storica di guida della Razza Bianca globale nella sua crociata finale per la sopravvivenza”. Vanno rimarcate le gravissime responsabilità degli Stati Uniti nel sostegno al colpo di forza del 2014 e ai governi successivi e la grave miopia dell’Unione Europea che ha sempre sostenuto acriticamente Kiev senza mai mettere a fuoco la pesantissima infiltrazione nazifascista nei gangli del potere ucraino, le sue decisioni discriminatorie come l’abolizione dell’insegnamento della lingua russa in una terra russofona, in una più generale rimozione, da parte dell’UE, del crescere del fenomeno neonazista e neofascista in Europa.
PER UNA NUOVA DEMOCRAZIA
Tutto ciò va denunciato e condannato con la massima chiarezza, ma non può giustificare un’invasione militare motivata da una sorta di nuovo irredentismo che viola il principio dell’autodeterminazione dei popoli e l’idea stessa di un mondo multipolare che è tale se si regge sulla non ingerenza negli affari di un altro Stato, sul contrasto a qualsiasi visione imperiale e a qualsiasi divisione del mondo fra grandi potenze.
Da ciò deriva l’assoluta nettezza della posizione della Segreteria Nazionale che ha condannato fermamente l’invasione dell’Ucraina in base a un principio di legalità internazionale che va sempre rispettato e la cui violazione va sempre aspramente denunciata. La difesa dei princìpi di democrazia e di autonomia dei popoli non può essere un espediente retorico e tanto meno un’affermazione ipocrita, ma deve essere una regola rigorosa, valida sempre e per tutti, a oriente e occidente, nella prospettiva sostenuta dall’ANPI di un’espansione della democrazia e dei diritti civili e sociali. Va promosso l’orizzonte di una nuova, piena democrazia, dove si valorizzi il nesso fra rappresentanza e partecipazione popolare, contrastando la deriva plebiscitaria delle cosiddette “democrature” e superando lo stallo presente oggi nelle stesse democrazie occidentali e nella UE.
LE PROPOSTE PER LA PACE
In questo scenario l’unica via d’uscita è, anche attraverso un (per quanto difficile) auspicabile e rinnovato ruolo dell’ONU, l’immediato cessate il fuoco, il ritiro delle forze armate russe, l’indipendenza e la neutralità dell’Ucraina al di fuori della Nato e dell’Unione Europa in base a una ragionevole e urgentissima trattativa diplomatica, l’autonomia (prevista dagli accordi di Minsk ma mai realizzata da Kiev) delle regioni del Donbass, l’isolamento e la condanna delle formazioni nazifasciste, in un clima di costruzione di una concordia nazionale assente dai tempi del colpo di forza del 2014. C’è da aggiungere l’avvio di trattative per la progressiva smilitarizzazione dei confini fra i Paesi dell’est (Estonia e Lettonia confinano con la Federazione russa, la Lituania confina con la Bielorussia a pochi chilometri dalla frontiera russa) e la Russia da entrambe le parti in forme e modalità concordate. Ed infine, per quanto riguarda il nostro Paese, il rispetto assoluto e incondizionato dell’art. 11 della Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra....”), il che vuol dire evitare ad ogni costo il coinvolgimento dell’Italia negli eventuali sviluppi militari del conflitto. Non dimentichiamo mai che l’Italia è piena di basi militari USA e NATO e che da giorni dall’aeroporto di Sigonella decollano i droni di ricognizione sull’Ucraina.
Gianfranco Pagliarulo
Presidente nazionale dell'ANPI