Il COVID-19 non deve consentire ulteriore consumo di suolo in Emilia Romagna
Assessore e consiglieri propongono una dilazione della data in cui cancellare le previsioni dei vecchi piani.
La Regione lanci invece un vero piano per le città e la rigenerazione urbana
Legambiente chiede che il Covid-19 non venga usato per prolungare la stagione del consumo di suolo. È di questi giorni la notizia dell'intenzione di prorogare la scadenza di legge prevista a fine 2020, quella per cui le previsioni dei vecchi piani urbanistici non ancora applicate sarebbero decadute. Un principio della legge regionale urbanistica 24 del 2017 che Bonaccini e l'assessore Donini avevano rivendicato come rivoluzionaria.
La proposta di rinvio è stata fatta al tavolo di monitoraggio della nuova legge per bocca dell'assessore Lori, proposta già votata in Commissione Ambiente e Territorio sostenuta dal PD e centrodestra, e contrastata da Europa Verde, M5S e Coraggiosa.
Legambiente durante l'approvazione della legge regionale aveva polemizzato sulle troppe deroghe, ma ha sempre ritenuto importante far decadere le previsioni: una richiesta già fatta ai tempi di Errani.
“Dai dati emersi sull’ultima edizione del rapporto di ISPRA sul consumo di suolo, in Emilia Romagna dal 2018 al 2019 sono stati consumati 404 ha di suolo vergine, circa 420 mq/ora.
Negli ultimi 30 anni sono state trasformate superfici agricole sufficienti a sfamare centinaia di migliaia di persone. Lungo la costa, da Ravenna fino ai confini marchigiani, si registra una linea ininterrotta di urbanizzato che rischia di addensarsi ulteriormente per interventi previsti a Casalborsetti, lido di Classe e Comacchio .” – sottolinea Legambiente.
Situazioni cui rischia di sommarsi a breve la cementificazione per strade e autostrade: sia quelle pianificate anni fa, sia idee più recenti come la proposta di strada a 4 corsie, di collegamento tra Ravenna e Venezia, che impatterà su aree di importante interesse naturalistico.
Rimangono sempre le criticità sul piano urbanistico del Comune di Comacchio estremamente non in linea con le esigenze ambientali dell’area del Delta del Po.
In questo quadro non ha senso tenere in vita le previsioni di urbanizzazioni dei Comuni fatte in tanti casi più di un decennio fa.
Legambiente è convinta che per il settore edilizio sarebbe molto più utile avviare un piano massiccio di rigenerazione urbana, rilanciando il bando regionale già proposto la scorsa legislatura ma potenziandolo in modo deciso. Questo potrebbe dialogare e fare sinergia con gli incentivi statali del 110% portando ad ampi interventi sulle città in grado di coinvolgere immobili pubblici e privati.
Questi interventi avrebbero maggiori possibilità di realizzarsi e di coinvolgere una platea più ampia di attori: professionisti, imprese, artigiani ecc. Insomma operazioni a più ampio livello di occupazione che non i futuribili cantieri delle grandi opere - che tengono bloccate risorse da decenni - appannaggio di pochi grandi gruppi del cemento.
Infine, sebbene la legge urbanistica nel suo complesso stia registrando ampi e ingiustificati ritardi di applicazione per quanto riguarda la realizzazione dei nuovi Piani, sono molte le amministrazioni che hanno avviato o stanno terminando l'approvazione dei PUG con una puntuale supervisione delle strutture tecniche della Regione. Prorogare la durata delle previsioni dei vecchi Piani penalizzerebbe dunque anche i Comuni più virtuosi che hanno seguito la Regione nei percorsi di sperimentazione, premiando invece quelli che non hanno nemmeno iniziato il percorso.
Vale la pena ricordare che questi ritardi hanno ben poco a che fare con il l’emergenza sanitaria del COVID-19, che ha rallentato - ma non fermato - il lavoro di uffici e professionisti per soli 3 mesi.
Le proroghe potrebbero essere concesse su altre parti della Legge 24/2017, ma il principio che al 31 dicembre 2020 le previsioni dei vecchi piani decadranno in tutti i Comuni va tenuto fermo.
Legambiente chiede dunque di non usare la scusa del coronavirus per premiare amministrazioni inadempienti e supportare ulteriore consumo di suolo.
“L'Emilia Romagna ha già dato troppo in termini di consumo di suolo.” - conclude
L’Ufficio stampa
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