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IL PROGRAMMA

Nove interventi per la transizione ecologica, la lotta alle disuguaglianze, il lavoro dignitoso e il miglioramento del ritmo e della qualità dell’economia

Il 26 gennaio 2020 la Regione Emilia-Romagna sarà posta di fronte ad una scelta sul suo futuro. Una scelta importante,  con una posta in gioco inedita che chiama in causa la propria identità comunitaria.

L’Emilia-Romagna  è spesso    guardata anche da  altri  Paesi come  la terra del  ‘buon governo’, dove si è saputo coniugare crescita economica, crescita sociale e sostenibilità ambientale. Una terra di valori fatti di inclusione, di lavoro dignitoso, di impresa etica, di innovazione scientifica, di cultura. Ma anche il nostro territorio ha affrontato in questi anni trasformazioni enormi. La rivoluzione tecnologica mette in crisi il lavoro, le diseguaglianze aumentano,  la transizione demografica  mette  alla prova  il  sistema  di  servizi, la crisi ambientale diviene evidente e anche il senso civico sembra affievolirsi.

È vero! I segnali di un disagio sociale crescente sono evidenti e tangibili. Il rischio di consegnare alle prossime generazioni

una società più diseguale, compromessa sotto il profilo ambientale e delle risorse naturali diviene più che mai concreto, anche per l’Emilia- Romagna. Essendo al centro di un contesto italiano ed europeo che ha vissuto una crisi economica, finanziaria e sociale violentissima, le diseguaglianze sono aumentate anche qui, facendo largo a un disagio che non va sottovalutato ma ascoltato, fornendo risposte nuove a nuovi bisogni.

Ma se la strada non può essere quella di consegnare la Regione ad un futuro fatto di rancore a chi propone ricette sbrigative, irrealizzabili e pericolose, allora risulta urgente portare la competizione elettorale sui contenuti, sulle idee, sui progetti e sulle persone in grado di rappresentarli e renderli concreti.

È necessario ed urgente intervenire con politiche CORAGGIOSE, in grado di segnare un percorso che non lasci indietro nessuno ed è possibile e doveroso farlo perché i risultati ad  oggi  raggiunti,  con  il l’impegno  e la dedizione   delle emiliano-romagnole  e degli emiliano-romagnoli,  consentono  di investire oggi nel cambiamento.  La nostra regione possiede  tutte  le  condizioni  per  diventare  il  luogo  dove  dare  concreta  attuazione  a percorsi inediti di sviluppo sostenibile che tengano strettamente legati i temi sociali, quelli ambientali e dell’innovazione tecnologica.

Emilia-Romagna  Coraggiosa   è  un   progetto   nuovo,   civico   e  politico,   ecologista, progressista e femminista. Nasce proprio per chiedere il coraggio che serve per affrontare

le grandi  sfide  su  cui  ci  giochiamo  il  futuro:  l’emergenza climatica  e quella sociale, inscindibilmente  connesse.  Come  già  diceva  Alex  Langer,  “la  transizione  ecologica avverrà quando apparirà socialmente desiderabile”. Bisogna prendere atto cioè, che sia entro  i  nostri  confini  che  a  livello  globale  chi  sta  pagando  più  alto  il  prezzo  dei cambiamenti climatici sono proprio le fasce più deboli, più povere e più colpite dalla crisi. Per questo occorre accompagnare con politiche coraggiose e risorse vere la transizione ecologica ed energetica irrimandabile delle nostre società, facendo insieme una serrata lotta alle diseguaglianze e per il lavoro dignitoso. Con questa visione abbiamo costruito le nostre proposte per il futuro della Regione, che abbiamo portato al Presidente Bonaccini per discuterle e trovare una sintesi.

Queste proposte  sono  l’impegno  con  cui  Emilia-Romagna Coraggiosa  si  candida  al

Governo della Regione nella coalizione che sostiene Bonaccini.

  1. ADOZIONE DI UN PATTO PER IL CLIMA

(Ringraziamo il prof. Vincenzo Balzani e Marco Boschini per il prezioso contributo)

All’Emilia-Romagna serve un PATTO PER IL CLIMA che miri ad attuare una transizione ecologica in grado di contribuire a salvare il pianeta, come ci chiedono le nuove generazioni, ma anche di rilanciare un’occupazione di qualità. La nostra regione è particolarmente esposta agli effetti dei cambiamenti climatici. La Nuova Zelanda, Paese lontano ma che ha PIL, PIL pro capite e popolazione simili a quelli dell’Emilia-Romagna, ha recentemente deciso di puntare ad una piena decarbonizzazione della sua economia entro il 2050, al 100% di energie rinnovabili entro il 2035, di piantare un miliardo di alberi per ridurre le emissioni di CO2 ed investire 14,5 miliardi sulla mobilità sostenibile.

Dobbiamo darci un orizzonte simile: quali step concreti dobbiamo fare per arrivare ad una piena decarbonizzazione dell’economia regionale entro il 2050, e al 100% di fonti rinnovabili  entro  il  2035?  L’Emilia-Romagna  ha  tutte  le  condizioni  per  attuare  con coraggio un Green New Deal, un piano di investimenti che accompagni  la transizione ecologica necessaria: ci sono le risorse, c’è una tradizione di innovazione importante e un consolidato  dialogo  tra  tutte  le parti  sociali,  con  una parte  del  mondo  produttivo  e sindacale che già si stanno attrezzando ad affrontare questa sfida epocale.

Emilia-Romagna Coraggiosa propone pertanto di intervenire con urgenza su quattro linee:

  1. RIFORESTAZIONE per 4,5  milioni  di  nuovi  alberi.  Si  ritiene  necessaria  la definizione di un Piano di riforestazione per 4,5 mln di nuovi alberi per mitigare gli effetti  dei  cambiamenti  climatici  e  delle  infrastrutture  costruite,  per  ridurre  le emissioni e rendere più resilienti i nostri suoli, salvaguardando la biodiversità.
  1. MOBILITÀ SOSTENIBILE E TRASPORTO PUBBLICO, da rafforzare per tutti e rendere gratuito per i giovani. Veniamo da anni in cui le scelte infrastrutturali sono state indirizzate quasi esclusivamente alla creazione di nuove strade ed autostrade. Adesso è ora di cambiare rotta, investendo con coraggio nella mobilità su ferro e sostenibile, nel rafforzamento del trasporto pubblico regionale e locale, con attenzione particolare alle linee più utilizzate dai pendolari. Bisogna indirizzare una parte dei pedaggi autostradali agli investimenti per rafforzare il trasporto pubblico locale e la mobilità sostenibile attraverso l’aumento delle corse (fra cui quelle serali e festive) e l’aumento degli investimenti sulle linee ferroviarie realizzando le linee passanti, raddoppi di binari e elettrificazioni. Si deve dare priorità al Servizio Ferroviario  Metropolitano  e  alla  costruzione  di  un  servizio  metropolitano  nel territorio.  Gli  interporti  regionali e  interregionali  devono  essere prioritariamente collegati alla intermodalità e in primo luogo al trasporto  su ferro (il trasporto  di merci  su  gomma  è  la  prima  causa  di  inquinamento  dell’aria  in  Regione). Gli autobus urbani devono essere elettrici. I nostri territori vanno collegati meglio tra di loro e non solo verso i grandi centri urbani.

Proponiamo il trasporto pubblico gratuito per una fascia d’età fino ai 25 anni, misura che avrebbe un costo stimato di 25-30 milioni da individuare nel bilancio della regione, per disincentivare l’uso delle auto e riorientare le abitudini dei più giovani verso una mobilità sostenibile, oltre che per dare un aiuto concreto  alle famiglie che sostengono  i costi  significativi  degli abbonamenti   Inoltre bisogna prevedere bonus mobilità e abbonamenti gratuiti per persone che hanno redditi bassi:

  1. ENERGIE PULITE E RINNOVABILI. Serve una legge regionale che attui il Piano energetico regionale   (PER)  destinando   risorse   importanti   all’efficientamento energetico di tutte le strutture pubbliche (sedi istituzionali, scuole, ospedali, edilizia residenziale pubblica, impianti sportivi, biblioteche, musei, pubblica illuminazione, ecc.) e sull’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici pubblici. Sostegno (formativo, informativo ed economico) per la nascita di una comunità energetica in ogni comune della regione. Cittadini, poli industriali ed ente locale insieme per l’autoproduzione  di energia da fonti rinnovabili e attivazione di una filiera locale  di  autoconsumo,  con  sostegno  ai sistemi  di  distribuzione  chiusa. Bisogna anche accompagnare i settori privati nella stessa direzione. La Regione deve promuovere, anche attraverso le risorse del Piano per le attività produttive, le innovazioni per la transizione e l'efficientamento energetico in tutti i cicli produttivi e dei servizi, per contribuire alla decarbonizzazione, intervenendo sui cicli attuali, ma anche sulle materie prime, sulla logistica, sugli scarti, sui rifiuti, ripensando cicli di vita e tipologia dei prodotti  e dei servizi. Bisogna aumentare, secondo quanto già disposto dalle Legge finanziaria 2019, le spese di acquisto e posa di colonnine di ricarica per veicoli elettrici anche all’interno delle aree condominiali.
  1. ECONOMIA CIRCOLARE. La  regione  deve  sostenere  la  transizione  verso un’economia circolare che punti alla riduzione dei rifiuti, al riciclo e al riuso. Gli importanti principi della Legge Regionale 16/2015, vanno effettivamente applicati nel piano  regionale di  gestione dei rifiuti,  per minimizzare i rifiuti  non inviati a riciclaggio  (con  un  piano  concreto  per  il  superamento  degli  inceneritori  e  la riduzione delle discariche), prevedere i necessari impianti  con  veri distretti  del riciclo per le diverse materie seconde; generalizzare i centri di riuso  e i laboratori di riparazione,  promuovere  gli  “acquisti  verdi”  a  partire  dalla  Pubblica Amministrazione.

E'  necessario  promuovere  e  incentivare  Comuni,  cittadini,  imprese e  tutte  le comunità locali a comportamenti virtuosi per ridurre innanzitutto la produzione dei rifiuti, e poi il riciclaggio e il riuso anche per la salvaguardia del patrimonio ambientale come bene comune.

  1. AGRICOLTURA SOSTENIBILE: Nonostante gli appelli  e  le  affermazioni  di sostenibilità  il  nostro  paese quest’anno  ha  aumentato  i  consumi  di  erbicidi  e pesticidi  rispetto  all’anno  passato  (Report Legambiente). Gli inizi di  una svolta possono venire solo da una azione concreta che scoraggi l’uso della chimica da una parte e favorisca in modo deciso le agricolture naturali e la funzione agro- ecologica,  che  è  promozione  di  biodiversità  innanzitutto. Rendere prioritario  in assoluto  l’aiuto  a chi lascia la chimica  di sintesi; secondo  piani rigorosamente limitati in termini di anni; Favorire le PMI per quanto attiene la trasformazione dei prodotti e rendere prioritari gli interventi locali e rivoltI a piccole e medie dimensioni che  valorizzano  i  territori;  sostenere  l’imprenditoria  che  coinvolge  comunità  e territori , in grado di dimostrate il grado di ritorno economico sui territori stessi, a partire da quelli in stato di abbandono nelle aree montane e dell’Appennino;
  1. STOP AL CONSUMO DI SUOLO. Occorre  modificare  e migliorare  la legge contro il consumo di suolo. Per raggiungere davvero l’obiettivo  del consumo di suolo zero, ogni nuovo utilizzo di suolo è da considerare nel limite del 3%, senza concedere alcuna eccezione promuovendo uno sviluppo urbano fondato solo sulla rigenerazione, sulla riqualificazione e l’utilizzo di aree dismesse. La Regione può prevedere premialità (nei bandi, nelle risorse) ai Comuni che rinunciano agli oneri di urbanizzazione  per  la  tutela  del  paesaggio  e  del  territorio,  stimolando  il  più possibile il recupero e la riqualificazione dell’esistente. Occorre anche rafforzare il ruolo della pianificazione territoriale e urbanistica, riportando l’amministrazione pubblica  ad essere protagonista  del processo  di trasformazione del territorio  e unica     garante     dell’interesse     pubblico     e     della     tutela     dell’ambiente.
  1. UN GRANDE PIANO CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO. Il nostro territorio si è scoperto estremamente fragile agli eventi atmosferici  sempre più  estremi: esondazioni, frane, danni all’agricoltura , alle case e alle persone. Agire in prevenzione costa molto meno che reagire di volta in volta all’emergenza. Per la cura del suolo, degli argini dei fiumi e la valorizzazione delle aree montane, serve buon lavoro, dignitoso, che possa anche dare opportunità a chi il lavoro l’ha perso o a una parte di quei 132mila giovani che anche in questa regione non studiano e non lavorano.
  1. 8. CICLABILITÀ. Bisogna investire sui percorsi dedicati al cicloturismo che in altre regioni e Paesi europei porta indotti importanti, permettendo di riscoprire e valorizzare interi territori. Inoltre, anche nelle aree urbane, bisogna aumentare ed assicurare percorsi ciclabili sicuri anche con l’utilizzo di segnaletica
  1. BENESSERE ANIMALE. Infine, tale patto per il clima non può che fondarsi sull’idea di rispetto per natura, sia nelle sue forme vegetali che animali. L'idea errata di uno sviluppo economico illimitato, nella sua corsa a volte forsennata verso il consumismo esasperato, non risparmia nemmeno gli animali, vittime di utilizzi immorali, in sperimentazioni antiscientifiche, a fini di mero profitto, ma anche a estremistiche personificazioni a fini di mercato. Occorre ripristinare una protezione degli animali che li preservi da entrambi i rischi di sfruttamento e strumentalizzazione, riaffermando un'umana e razionale cura del benessere animale.
  1. LAVORO

Bisogna rinnovare il Patto per il lavoro siglato tra tutte le parti sociali nel 2015. Perché se è vero che i dati occupazionali sono complessivamente positivi e la disoccupazione negli ultimi anni è scesa dal 9% al 5%, è altrettanto vero che guardando dentro a quel lavoro scopriamo che è diventato più povero, più precario, meno sicuro. Bisogna quindi adottare nuove strategie e strumenti precisi di contrasto all’abbassamento dei salari, al precariato, al part-time  forzato e al caporalato. E cambiare la logica degli appalti contrastando  il massimo ribasso e gli appalti di mera manodopera. Nonostante la regione abbia prodotto buoni  risultati,  restano da affrontare aree di  disoccupazione,  sottoccupazione  e vero sfruttamento che possono essere contrastati da un’iniziativa su più fronti.

  1. 1. Istituzione degli sportelli di tutela dei lavoratori poveri, disoccupati,  precari e in appalto

Introduzione del salario minimo legale e contrasto del “part-time  involontario”. E’ stato presentato in Parlamento un progetto di legge (n. 658 Senato).  Il progetto rende dovuto per legge a tutti i lavoratori un trattamento economico normativo non inferiore a quello  stabilito  dai contratti  collettivi  nazionali stipulati  dai sindacati comparativamente  più rappresentativi  e per le qualifiche  più basse, prevedono tariffe non inferiori agli € 9,00 lordi orari. Con l’approvazione e l’entrata in vigore di quella riforma legislativa, i lavoratori “poveri” interessati potrebbero chiederne l’applicazione in loro favore non solo in via giudiziaria ma anche amministrativa, rivolgendosi agli Ispettorati del Lavoro per l’emissione di atti di diffida accertativa che consente una rapida e non costosa realizzazione del credito  retributivo  del lavoratore. Ma a sua volta la procedura amministrativa di diffida accertativa deve essere ricondotta alla portata concreta del lavoratore “povero”,  ed occorre quindi che la Regione e gli Enti Locali, in collaborazione, preferibilmente, con sindacati e associazioni civiche creino nel territorio, a livello comunale, dei punti operativi, ad esempio “Sportelli di tutela sociale dei lavoratori poveri, disoccupati,  precari e in appalto”,  con il compito  di dare consulenza ed istruire le rivendicazioni di quei lavoratori, da veicolare poi all’Autorità Amministrativa

  1. 2. Realizzazione sul territorio regionale di una nuova normativa riformatrice del lavoro in appalto e delle cooperative di

È emerso clamorosamente in questi ultimi anni sul territorio regionale un grave sistema di sfruttamento del lavoro, anche in imprese apparentemente moderne e produttive,  imperniato  su  uno  spregiudicato  utilizzo  dell’istituto  dell’appalto  (di mera manodopera) e delle cooperative  di  lavoro, così da realizzare una forma moderna, ma proprio  per questo  più odiosa, di caporalato.  Questo sistema di sfruttamento  è ormai ben  conosciuto,  perché  su di  esso sono  state  condotte indagini dell’Ispettorato  del Lavoro e della Guardia di Finanza, oltre che da una commissione conoscitiva dell’Assemblea Regionale dell’Emilia-Romagna, ed è in corso un procedimento giurisdizionale davanti alla Magistratura del Lavoro. E’ già stato presentato alla Camera dei Deputati un progetto  di legge, (Atto Camera n. 1423/2018) che pone rimedio a tutte  queste criticità  legislative sottoponendo  a severi limiti la possibilità di appalti di sola manodopera, condizionandoli alla circostanza che comportino un effettivo valore aggiunto. Ed ancora stabilisce che i rapporti giuridici tra lavoratori e cooperativa sono due: quello societario e, separatamente, quello lavorativo sottoposto  a tutte le regole e tutele del lavoro subordinato  riportandolo  sotto  la tutela dello statuto  dei lavoratori. L’auspicata bonifica del settore degli appalti e del lavoro in cooperativa ha, però, nella modifica legislativa solo una condizione iniziale, perché, poi, la partita vera si giocherebbe sul territorio, attraverso un’azione costante di monitoraggio,  di raccolta dati e di denuncia sulle realtà locali. Certamente i punti iniziali operativi potrebbero essere gli sportelli di “tutela sociale”. Da qui dovrebbe partire l’input per l’intervento della Giunta regionale in ogni competente sede.

  1. 3. Nuovi contratti di solidarietà espansiva per l’incremento occupazionale

L’obiettivo è ridurre la disoccupazione giovanile con utilizzo del reddito di cittadinanza tramite contratti  collettivi aziendali di solidarietà espansiva promossi dal governo regionale. Un contratto  collettivo  aziendale può prevedere che dei lavoratori occupati riducano da 5 a 4 le giornate della loro settimana lavorativa, a parità di salario, e che lo “spazio  occupazionale” così creato sia utilizzato per assumere giovani disoccupati nella misura di 1 occupato per ogni 4 persone che si riducono l’ orario.   Realizzare queste condizioni è divenuto possibile ed agevole grazie all’introduzione di una misura di welfare sociale pur destinata a fini diversi, e cioè al reddito di cittadinanza (di importo “standard”  pari ad € 780,00 mensili) e che può essere utilizzato, invece, proprio per dare lavoro con il mezzo di destinare la  provvista  del  suo  reddito  di  cittadinanza  alla compensazione  salariale di  4 lavoratori, che riducendo l’orario settimanale, ne consentono l’assunzione. Serve un passaggio nazionale, ma la Regione Emilia-Romagna ha l’autorevolezza per aprire questo dibatitto anche a livello nazionale.

  1. UNA NUOVA POLITICA PER LA CASA

Dobbiamo dare a tutte le persone l'opportunità  di avere un'abitazione dignitosa e sostenibile. Il blocco dell'edilizia sociale unito a fenomeni pur positivi, come la crescita del flusso turistico e delle nostre università, ha generato l'espulsione di un'ampia fascia di persone dal mercato  dell'affitto.  Proponiamo un Piano per la casa con tutte  le parti sociali che ha come obiettivo  quello di rimettere in circolo  a canoni sostenibili i tanti appartamenti privati oggi vuoti per risolvere il problema di chi non trova più case in affitto, ma anche meccanismi virtuosi di sostegno per chi non riesce più a pagare il mutuo e per chi, pur non avendo i requisiti per accedere alle case popolari, fa fatica a pagare affitti agli alti prezzi di mercato. Proponiamo quindi quattro specifici obiettivi:

1)  Sostegno all’affitto, anche attraverso la nascita di soggetti a proprietà indivisa che gestiscano affitti con finalità sociali, contribuendo a rimettere sul mercato parte del patrimonio immobiliare sfitto;

2)  Sostegno al mutuo, attraverso un’agenzia per la casa partecipata dalla Regione ed

altri soggetti che vogliano affrontare il problema delle case pignorate in maniera sociale: questa agenzia deve acquisire le case di famiglie in difficoltà economica prima che vadano all’asta (+55% le aste negli ultimi 4 anni in Emilia Romagna), per affittarle alle stesse famiglie a canoni sostenibili,  affinché la famiglia resti nella medesima casa e che la casa non perda di valore o rimanga sfitta  o vuota; il meccanismo prevede anche l’opportunità per la famiglia di riacquistare la casa una volta uscite dalla situazione di difficoltà economica.

3)  Sostegno all’edilizia sociale, sostenendo i Comuni con il rifinanziamento dell'edilizia sociale convenzionata,  da  realizzare all'interno  dei  futuri  piani  di  rigenerazione urbana con criteri di massima efficienza energetica.

4)  Case popolari, tramite un piano straordinario di ripristino con l'obiettivo di azzerare gli alloggi pubblici sfitti in regione entro fine mandato.

  1. SALUTE DELLE PERSONE

L’Emilia-Romagna da sempre ha rappresentato un punto di riferimento, per la solidità e la coerenza delle scelte politiche, il livello di qualità ed efficienza del Servizio Sanitario Regionale, la capacità innovativa e il consenso dei cittadini. Questo ruolo si è nel tempo indebolito per le politiche di contenimento della spesa pubblica e sulla spinta dei cambiamenti  demografici  ed  epidemiologici. È  necessario  opporsi  a  questo  declino riaffermando e rilanciando il primato del Servizio Sanitario della Regione Emilia-Romagna nella capacità di elaborare e realizzare politiche sanitarie all’altezza delle sfide presenti e future in chiave universalistica, difendendo il carattere pubblico della sanità come diritto fondamentale.

È necessaria una nuova progettualità che faccia leva sulla capacità e la volontà dell’intera comunità regionale (istituzioni, comunità locali, rappresentanze sociali e associazionismo) di garantire a tutte le persone, soprattutto  a quelle in condizioni di maggior fragilità e bisogno,  condizioni  di  vita  decorose  e  risposte  complete  alle  necessità  di  cura  e assistenza. l’Emilia-Romagna ha rappresentato  ed è tuttora  il punto  più avanzato nel contesto nazionale delle politiche attive di risposta alla crescente complessità dei bisogni della      popolazione,      a      partire      da      cronicità,      multi-morbosità       e      non autosufficienza. Dobbiamo  però  riconoscere  che  tutto  ciò  non  è  stato  sufficiente,  si propone pertanto

  1. 1. Rafforzamento dello strumento del Fondo regionale per la non autosufficienza che va sviluppato  trasformandolo  verso una forma sempre più ampia e inclusiva di protezione che affianchi al sostegno economico una potenziata e capillare rete di Per far ciò è necessario un patto tra tutti  gli attori sociali, organizzazioni imprenditoriali e sindacati, terzo settore e volontariato, che definisca i modi per alimentare il fondo e la sua gestione, compreso il welfare aziendale, definendo un nuovo   e  più   elevato  livello  di   diritti   esigibili   nel  rispetto   del  principio   di universalismo    del    servizio    sanitario    nazionale. Considerate    le    tendenze demografiche ad un progressivo invecchiamento della popolazione, in una visione di lungo termine è necessario agire subito per aumentare le disponibilità di posti letto nelle strutture di cura evitando il formarsi di liste di attesa quando è in gioco la possibilità  delle  persone  anziane di  vivere con  serenità e  dignità,  in  strutture adeguate e con servizi in grado di rispondere ai loro bisogni.
  1. 2. Rendere effettiva la capillarità del presidio La Regione Emilia-Romagna ha già da tempo intrapreso un complesso percorso di riordino al fine di direzionare, nella  fase  non  acuta,  il  cittadino   in  strutture  diverse  dall’ospedale.  Ciò  ha contribuito a portare oggi l’incidenza della spesa sanitaria regionale legata all’ospedale al 41%, contro una media nazionale superiore di circa dieci punti. Ma la strada da compiere è ancora lunga e molto è demandato proprio al supporto alternativo all’ospedale. Grande impatto dovrebbero avere le strutture deputate alle cosiddette  ‘cure  intermedie’  (ancora per alcuni versi in via di sperimentazione): Ospedali di Comunità, servizi di Assistenza domiciliare, creazione di posti temporanei in strutture residenziali, laddove l’ospedale dovrà essere reinterpretato come luogo deputato alla cura delle sole acuzie. È necessario e urgente un Piano di  verifica della copertura  dei servizi sanitari su tutto  il territorio  regionale che evidenzi le aree scoperte  dai servizi principali  e definisca una pianificazione di intervento,  assicurando  la cura  soprattutto  ai soggetti  più  fragili  e coloro  che vivono nelle aree interne e montane.
  1. 3. Investire  sulla    Una  legge  regionale  sulla  prevenzione  è  stata approvata di recente, ne va assicurata la più ampia ed efficace attuazione.

Diritti delle persone con disabilità

  1. Legge regionale per la vita indipendente e relativo fondo.

Cose come poter scendere dal letto la mattina, andare in bagno, mangiare, mettere il naso fuori di casa e andare da un punto A a un punto B – e fare tutte queste cose con la stessa libertà di scelta che hanno tutti  – sono diritti  fondamentali  che un sistema di welfare deve garantire, come fa con la sanità pubblica o l’istruzione.

In paesi più avanzati dell’Italia, l’assistenza è un diritto garantito dallo Stato, che quindi si fa carico dei costi per assumere degli assistenti che siano di aiuto per le azioni della vita quotidiana che la persona disabile non riesce a fare da sola a causa della sua condizione medica. In Italia purtroppo,  malgrado decenni di attivismo e dialogo con le istituzioni, l’assistenza è un diritto  che viene concesso  solo a macchia di leopardo e in maniera insufficiente. Si dà per scontato che debba essere un parente della persona disabile a “occuparsene”,  oppure  una struttura  residenziale, dove  le persone disabili  e anziane spesso vivono una forte riduzione della propria autonomia. La Regione deve sostenere con coraggio la vita indipendente con adeguati fondi e una specifica legge regionale.

  1. Abbattimento barriere architettoniche.

Procedure che semplificano e al contempo rendono cogente l’obbligo  di porre rampe e simili ove possibile, sull’esempio del regolamento edilizio di Milano che riguarda i luoghi aperti al pubblico,  come ad esempio i negozi. Si potrebbero incentivare le aziende che noleggiano auto elettriche (ad esempio Tper ha le auto della linea “Corrente”) a mettere a disposizione  anche  auto  con  pedana  manuale  a  piano  ribassato  per  persone  in carrozzina.

  1. O.E.A.S.

Accreditamento regionale del corso O.E.A.S. e riconoscimento del titolo di operatore all’emotività, all’affettività e alla sessualità per le persone con disabilità fisiche, sensoriali, intellettive. È un operatore professionale che possieda determinati requisiti e passi  attraverso un accurato  processo  di  selezione e formazione.  Questo  operatore, formato da un punto di vista teorico e psico-corporeo sui temi della sessualità, permette di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria  e/o psichico/cognitiva  a vivere la sua sessualità. Promuoverà attentamente anche l’educazione sessuo-affettiva,indirizzando al meglio le “energie” intrappolate all’interno del corpo della persona con disabilità.

Va infine sottolineato come anche in Emilia-Romagna esistono differenze nella speranza di vita che sono collegate a caratteristiche economiche e sociali delle persone; sia il livello d’istruzione che la condizione occupazionale sono strettamente legate alla speranza di vita. Questo sottolinea l’effetto positivo sulla salute degli emiliano-romagnoli che possono avere la promozione e l’attuazione di politiche attive di tutela del lavoro, di contrasto della vulnerabilità sociale e di ampliamento della platea di coloro che raggiungono livelli medi e alti di scolarità.

  1. PIANO STRAORDINARIO PER LE AREE INTERNE E DI MONTAGNA

Le politiche per le aree interne e per la montagna devono essere centrali nei prossimi cinque anni di governo regionale.

È necessario intervenire per ridare servizi e funzioni ai territori periferici e più fragili. Solo

attraverso nuove funzioni di rilevanza economica, un rafforzamento dei servizi e un piano di risanamento idrogeologico si possono frenare spopolamento, abbandono delle terre e invecchiamento della popolazione. I diritti di accesso ai servizi alle persone non possono dipendere da quanto dista la loro casa dai grandi centri urbani della via Emilia. Occorre sviluppare pienamente e rafforzare la Strategia per le aree interne della regione. Proponiamo inoltre tre linee di possibile intervento:

  1. 1. Creazione di  un centro  per la Montagna Sostenibile che abbia  come  obiettivo primario la costruzione di una rete di formazione superiore in campo ambientale ancorata alla presenza di istituti superiori già attivi in Il modello è un Istituto  Tecnico  Superiore  costruito  con  la  partecipazione  di  centri  di  ricerca regionali, delle multiutilities regionali e di imprese legate ai temi energetici e della economia circolare. Un ITS unico, ma con più sedi specializzate su temi quali le fonti  energetiche rinnovabili, la gestione del suolo e l’agricoltura  sostenibile,  la efficienza degli edifici. Un ITS che oltre alla formazione deve svolgere anche attività di sperimentazione e di promozione di concreti sbocchi di lavoro.
  1. 2. Definizione di funzioni economiche  in grado di sostenere l’economia  delle aree  Si  ritiene  che   diversi  centri   appenninici   abbiano   le  caratteristiche intrinseche  per  potersi  candidare  quali  ‘territori  del  welfare’  in  grado  cioè  di ospitare una popolazione in cerca di benessere, socialità ed elevata qualità di vita. Ciò  può  costituire  un  percorso  virtuoso  in  grado  di  riattivare  un’economia  in difficoltà e dare un futuro ad aree ad oggi colpite più duramente dalla crisi e con un fragile tessuto di servizi, a partire da quelli del welfare. Bene in questa direzione l’importante intervento di riduzione delle tasse per le attività economiche nelle aree montane.  Tale processo  può  trovare  un  altro  importante  supporto  economico attraverso un diverso modo di interpretare il beneficio fiscale del welfare aziendale, ovvero attraverso un approccio  solidaristico  e universalistico proprio  di  questa regione.
  1. 3. Implementazione di un nuovo modello di trasporto  a chiamata per una mobilità sostenibile  innovativa.   Oltre  al  rafforzamento  del  trasporto  pubblico  locale  in queste aree, si potrebbe esplorare lo sviluppo di un sistema integrato di trasporto a chiamata di  breve/medio  raggio  che  consenta  alle fasce di  popolazione  più vulnerabili (specialmente anziani e  disabili)  di  raggiungere i  punti  di  interesse (pubblici, ad esempio ospedali, case di cura e privati, ad esempio supermercati, centri  di  aggregazione,…  ).  Nella  logica  del  partenariato  pubblico/privato   si propone che la Regione agevoli la creazione di una rete di operatori privati i quali finanziando parte il servizio di pubblica utilità incrementeranno il proprio bacino di utenza e renderanno sostenibile la rete di trasporto. Questa misura prevede anche la creazione di posti di lavoro per l’erogazione dello specifico servizio.
  1. PROGETTI DI ECONOMIA SOLIDALE E INNOVAZIONE SOCIALE

1)  CREAZIONE DI UN MECCANISMO DI ATTIVAZIONE CIVICA A BENEFICIO DEI GIOVANI CHE NON STUDIANO E NON LAVORANO  L’allarme sui rischi di una ‘generazione  perduta’  è  da  cogliere  in  tutta  la  sua  portata  anche  in  Emilia-Romagna dove  sono  88.000 i giovani (18-29 anni ovvero 1 ragazza su 5 e 1 ragazzo su 10; +69% dall’inizio della crisi in Emilia-Romagna) non inseriti in alcun percorso formativo o lavorativo (i cosiddetti  NEET). Tenere insieme la transizione ecologica e la lotta alle diseguaglianze significa anche creare nuove opportunità per un grande piano di adattamento ai cambiamenti climatici e messa in sicurezza del territorio contro il dissesto idrogeologico,  per la manutenzione e la cura del suolo, degli alvei dei fiumi e per la valorizzazione delle aree montane, attraverso la creazione di un meccanismo di attivazione civica, che affianchi gli attuali strumenti regionali. Si propone pertanto un meccanismo, per dare ad almeno una parte di questi Neet (ad esempio, il 10%) anno opportunità di ottenere una remunerazione, coinvolgendoli in progetti di messa in sicurezza del territorio e cura del paesaggio. Al di là del ridotto impatto della misura, è evidente che l’intero sistema ottenga dei risparmi  grazie alla prevenzione. Per un  euro  speso  in  prevenzione, infatti,  si impiegano ben 4 euro in riparazione dei danni causati dalla scarsa manutenzione del territorio. I benefici di una misura di questo tipo sono agevolare l’indipendenza e la partecipazione civica giovanile, dando a queste persone anche l’opportunità di imparare, almeno in parte, un mestiere; aiutare i Comuni che hanno sempre meno risorse su questi capitoli di spesa; affiancare la Protezione Civile; incrementare la prevenzione del territorio.

2)   NORME   PER   LA   PROMOZIONE   E   IL   SOSTEGNO   DELL'ECONOMIA SOLIDALE. Nel luglio 2014 è stata approvata la legge regionale n.19   grazie ad un iter fortemente partecipato dalla società civile e si pone al servizio delle comunità in maniera innovativa per favorire il  "benvivere"  collettivo  secondo  i principi  di "eticità  e giustizia, di equità e coesione sociale, di solidarietà e centralità della persona, di tutela del patrimonio naturale e legame con il territorio"  in  maniera trasversale a tutti  i settori d'intervento  regionale, dall'agricoltura,  al commercio, all'abitare, ai servizi, ai trasporti, la finanza, l'energia, il turismo, il paesaggio, la biodiversità,  il  riciclo   e  il  consumo   critico,   insomma  una  legge  veramente Coraggiosa che però nei suoi primi 5 anni di vita stenta a concretizzarsi.  Rispetto agli strumenti di lavoro previsti - Forum, Tavolo permanente, Osservatorio - solo i primi  2  sono  operativi  e  dal  verbale  dell'ultima  seduta  del  Forum  emerge  la necessità  di  un  maggior  supporto  tecnico  ed  economico  per  dare efficacia  e concretezza ai lavori dello stesso; ne consegue che anche le lungimiranti e innovative "misure di sostegno" previste al Titolo II della Legge risultano dopo un quinquennio quasi inapplicate.

3)  DIVARIO DIGITALE E LAVORO AGILE. Riteniamo necessario il superamento del divario digitale attraverso importanti investimenti infrastrutturali di rete nelle zone marginali,  che  non  necessariamente coincidono  con  le  zone  montane,  ma  si estendono anche in pianura a contesti  ritenuti dal mercato non profittevoli,  per creare opportunità  di lavoro, migliorare la qualità della vita e dell'ambiente  nella nostra Regione. Con questo tema vorremmo stabilire il nesso tra la qualità e la capillarità della connessione alla rete e la possibilità di attivare su larga scala il telelavoro ed il lavoro agile (smart working), con ricadute positive sia sulla conciliazione dei tempi casa-lavoro, sia sulla de-congestione della rete viaria e la riduzione delle emissioni  da  trasporto  privato  leggero,  legato  al pendolarismo. Sarebbe necessario prevedere significativi incentivi alle imprese per strutturare in questo senso i propri sistemi informatici e promuovere fra il personale la pratica suddetta. Riteniamo che la stessa Regione dovrebbe porsi l'obiettivo di superare il tetto del 10%, per raggiungere quote più alte e significative.

4)  Ampia rilevanza viene data dalla legge ad alcuni aspetti che possiamo definire i pilastri della Multifunzionalità in agricoltura , che secondo la definizione dell'UE rappresenta “il    nesso   fondamentale    tra    agricoltura    sostenibile,    sicurezza alimentare, equilibrio  territoriale,  conservazione del  paesaggio  e  dell’ambiente, nonché garanzia dell’approvvigionamento  alimentare” e che si è concretizzata in Italia solamente nel 2001 con la modifica  nel Codice  Civile della definizione di imprenditore  agricolo  riconoscendo  che  oltre  ad assolvere  la  propria  funzione primaria,  ovvero  la produzione  di  beni  alimentari,  è in  grado  di  fornire  servizi secondari, utili alla collettività. Fra questi il più noto è l'agriturismo, ma vi sono altre funzioni che se sviluppate possono creare nuove opportunità di lavoro e di servizi in particolare nei territori più fragili e svantaggiati, pensiamo ad esempio ai lavori di cura e manutenzione del territorio, alla realizzazione di agriasili, di centri diurni o permanenti per l'accoglienza  degli anziani, all'inserimento  lavorativo di persone fragili   e   svantaggiate.   Per   tutto   questo   occorrono   senza   dubbio   risorse economiche   dedicate,   ma   ancor   prima   la   Regione  deve   dotarsi   di   una buona Legge  per   l'agricoltura  sociale, deve  mettere   in  campo   misure  di accompagnamento quali formazione e assistenza per gli agricoltori. Attraverso la multifunzionalità che mette in contatto direttamente l'agricoltore con i cittadini che usufruiscono dei servizi ed acquistano i prodotti della terra in azienda o nei mercati contadini,   si  crea  un  rapporto   fiduciario   che   permette   ai  consumatori   di comprendere la grande competenza insita nella professione agricola e di attribuire il giusto valore economico alla produzione;  di conseguenza si deve giungere al riconoscimento  di  un  Sistema  di  Garanzia Partecipata  in  agricoltura  che  già spontaneamente si sta realizzando, inoltre contribuire a sviluppare tutte le forme di multifunzionalità fornendo servizi e supporti operativi e promuovendo conferenze di servizi per favorire una corretta e celere applicazione di tali norme intersettoriali che  coinvolgendo  competenze  di  vari Enti a vari livelli amministrativi  risultano particolarmente  complesse  e che  attualmente  vedono  applicazioni  difformi  sul territorio regionale.

  1. ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE

La  scuola,  in  Emilia-Romagna, conta  535 istituzioni  scolastiche statali,  25.139  classi, 620.000   studenti,   493   dirigenti   scolastici,   oltre 57.000   insegnanti e  più   di 14.500 collaboratori scolastici, assistenti amministrativi e tecnici.

Gli studenti con handicap certificato sono circa 18.500, quelli privi di cittadinanza italiana circa  70.000. I licei sono  frequentati  da 84.857 studenti,  67.609 negli istituti  tecnici  e 40.457  in  quelli  professionali.  Circa 8.000  i  ragazzi  e  ragazze iscritti  al sistema  di Istruzione e Formazione professionale che, dopo un primo anno nell’istruzione professionale statale,  realizzano il  proprio  percorso  in  uno  dei  39 enti  di  formazione accreditati.  Un settore  numericamente  imponente  nonché  socialmente  ed economicamente strategico, per il quale oggi la Regione investe 60 milioni di euro per il ramo   istruzione   (per  il   78%   assorbiti   dall’istruzione   universitaria),  dove   esercita competenze di tipo programmatorio  ed organizzativo, nonché 17,3 milioni per l’ambito formazione professionale  che  costituisce,  invece, una sua competenza  esclusiva. Gli importi,   per  quanto  importanti,  rappresentano  tuttavia  circa  lo  0,6%  del  bilancio regionale.

Come prima cosa chiediamo che le risorse assegnate a questo settore non siano inferiori all’1% del bilancio. Questo per riuscire a meglio svolgere l’attività di supporto al sistema  formativo  posto  che,  come  giustamente  scritto  nel  Patto  per  il  Lavoro  del 20.07.2015 «il destino economico e sociale di un territorio dipende dal livello qualitativo e quantitativo di istruzione dei suoi abitanti». Conseguentemente, per ridurre le disuguaglianze, prevenire il circolo vizioso dello svantaggio sociale, promuovere il benessere sociale ed economico,  è necessario investire maggiormente  sul diritto  allo studio. Proponiamo pertanto:

  1. Rafforzamento della presenza e della qualità di asili nido gratuiti e di scuole dell’infanzia. Come le neuroscienze cognitive attestano, i primissimi anni di vita sono fondamentali per lo sviluppo del cervello poiché sono quelli nei quali è maggiore la plasticità cerebrale e quindi massima la capacità di apprendimento; nella prima infanzia è quindi fondamentale ricevere appropriati stimoli cognitivi. Per questo è necessario garantire a tutti i bambini un qualificato servizio di asili nido gratuiti e poi di scuole dell’infanzia, cominciando il prima possibile a far acquisire anche competenze di lingua inglese;
  1. Supporto  finanziario  alla  scuola   primaria  e  secondaria,  la  quale  è  una competenza statale ed è bene che tale rimanga costituendo un architrave dell’unità  nazionale, ma la regione e gli Enti Locali possono  supportarla con contributi finanziari finalizzati a:
  1. a) ampliare l’offerta   formativa   con   particolare   riferimento   a   progetti riguardanti le tematiche della cultura ecologica  e sostenibilità ambientale, l’educazione alle differenze, ai diritti  umani e cultura della pace, sviluppo delle competenze digitali e delle tecnologie innovative, cultura e pratica dello sport, contrasto al bullismo e al cyberbullismo;
  1. b) incentivare, nelle scuole secondarie di secondo grado, la mobilità verso l’estero, contribuendo a  finanziare progetti  di  stage  linguistici  e  tirocini formativi di almeno tre settimane nel periodo estivo;
  1. c) incentivare, in accordo con l’Ufficio Scolastico Regionale, anche mediante l’assegnazione di personale dedicato, la costituzione di reti di scuole per lo svolgimento in comune di alcune attività complesse, che richiedono competenze specialistiche: in primis le attività negoziali e la partecipazione alla progettazione europea (PON-Fse, PON-Fser ed Erasmus)
  1. d) promuovere la costituzione di servizi territoriali di counseling scolastico per supportare gli  studenti  nell’orientamento  in  uscita  dal  primo  e  dal secondo  ciclo,  nella  motivazione  allo  studio,  nella  capacità  di concentrazione e di comunicazione, al fine di facilitare i processi di crescita individuale e l’intelligenza emotiva;
  1. Promuovere il diritto allo studio, con una nuova legge per il diritto  allo studio (l’attuale è del 2007), sia per le scuole secondarie superiori che per l’Università, incrementando borse di studio e contributi economici per affrontare le tasse di iscrizione, l’acquisto di libri e materiale didattico, il trasporto scolastico, nonché la dotazione di alloggi per gli studenti universitari.
  1. RIPENSARE L’AUTONOMIA

L'articolo  116 terzo comma della Costituzione prevede, a seguito di una intesa tra lo Stato e le Regioni approvata dal Parlamento, l'attribuzione di "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” alle regioni che ne facciano richiesta, il cosiddetto regionalismo differenziato. L'articolo  116 terzo comma non può in nessun modo diventare la via per realizzare nuove  regioni  a  statuto  speciale  o  per  attuare  una  forma  mascherata  di secessionismo. In questo dibattito la regione Emilia-Romagna deve tenere una posizione diversa rispetto  a  Veneto e  Lombardia  e  si  deve  porre  in  un'ottica  di  regionalismo cooperativo e solidale. Tuttavia, vi sono nodi essenziali irrisolti che necessitano di una risposta preliminare per non mettere a repentaglio l'unità nazionale creando inaccettabili disparità tra i territori e di accesso ai diritti per tutti i cittadini.

Per  evitare  che  questo  accada  l'attuazione  del  116  può  avvenire  solo  dopo  aver determinato i Livelli Essenziali di Prestazione, i fabbisogni standard, un coordinamento con la legge 42 del 2009 sul federalismo fiscale e dopo aver approvato una legge quadro che fissi i limiti tassativi entro i quali la legislazione regionale deve muoversi, riponendo al centro  delle  decisioni  il  voto  del  Parlamento  poiché non  si  può  lasciare  alla  libera interpretazione delle regioni l'esercizio  di  funzioni essenziali quali sanità, istruzione e ambiente perché ciò significa mettere a rischio i diritti fondamentali di tutti i cittadini.

  1. LA SOCIETÀ PIÙ INCLUSIVA È PIÙ SICURA

Emilia-Romagna Coraggiosa è una lista ecologista e progressista, ma anche orgogliosamente femminista, antirazzista, antifascista e pacifista. Lotteremo contro ogni discriminazione e violenza di genere, e contro ogni discriminazione per orientamento sessuale (bisgogna sostenere progetti di educazione alle differenze nelle scuole e la formazione nelle pubbliche amministrazioni, e supportare anche economicamente il prezioso lavoro dei centri antiviolenza e delle case rifugio). Rifiutiamo ogni discriminazione razzista e ci battiamo a difesa della buona accoglienza diffusa sul territorio, in piccole soluzioni abitative, con adeguati servizi di inserimento nella società e di inclusione sociale. Per questo è necessario che l’Emilia-Romagna chieda al Governo di cancellare i pessimi decreti sicurezza, che tentano di smantellare l’accoglienza diffusa su modello SPRAR e che hanno messo a serio rischio la tenuta del sistema di accoglienza regionale, facendo perdere il lavoro a molti operatori col rischio di disperderne definitivamente le preziose competenze e professionalità. Inoltre, la Regione deve insistere a livello nazionale per il superamento della Bossi-Fini, legge criminogena che impedendo praticamente qualsiasi modalità di ingresso regolare in Italia consegna migliaia di persone all’irregolarità rendendole ricattabili e esposte allo sfruttamento lavorativo e da parte della criminalità organizzata. Bisogna lottare efficacemente anche contro il caporalato che purtroppo si è diffuso anche nella nostra regione.