Il discorso di investitura di Pietro Grasso all'assemblea di Roma. Tutti ne parlano; crediamo che sia utile leggere (o ascoltare) l'originale, prima di valutare i commenti.
Che emozione essere qui con voi! Vedo persone, storie, culture e mondi che hanno scelto di camminare insieme non in virtù di un calcolo politico ma per difendere i valori e i principi in cui credono. Lasciatevelo dire: è una bellissima immagine che dà forza e energia.
Dare le dimissioni dal gruppo del Partito Democratico è stata una scelta politica e insieme personale, frutto di un’esigenza interiore. Ho ricevuto molte telefonate, ascoltato tante persone; mi hanno offerto seggi sicuri, chiesto di “fermarmi un giro”, di fare la “riserva della Repubblica”. Mi dispiace, questi calcoli non fanno per me.
Ho combattuto in prima linea tutte le battaglie della mia vita, mettendoci la faccia senza pensare alla convenienza. In fin dei conti, alla mia bella età, posso dire di aver già fatto la mia parte.
Ve lo assicuro: non ho rimorsi, né rimpianti, né ambizioni personali.
Sento però che il delicato momento che affrontiamo richiede un atto di ulteriore impegno. Oggi la sfida è batterci per ciò che ci unisce nel profondo, per i principi e i valori che sono alla base della nostra comunità e ne rappresentano la linfa vitale, il lievito madre. E come in passato scelgo di non tirarmi indietro. Sono qui per questo. Come voi.
In forme e ruoli diversi ho sempre servito le istituzioni, è una cosa di cui sono molto orgoglioso.
Diventare magistrato era il mio sogno, farlo in Sicilia un atto di amore per la mia terra, accettare incarichi che hanno cambiato per sempre la mia vita e quella della mia famiglia una questione di coscienza.
Sono stati anni bellissimi e feroci, pieni di dolore e di speranza, di rinunce e di entusiasmo, di amicizie troncate nel sangue e di risultati eccezionali. Abbiamo vinto molte battaglie ma la guerra è ancora in corso, e viene portata avanti ogni giorno da donne e uomini di cui dobbiamo essere fieri.
Nel 2012, quando il mio mandato da Procuratore Nazionale Antimafia stava per finire ho accettato la proposta di “spostarmi in politica”. Decisi, con la stessa emozione che ho oggi, di chiudere il più significativo capitolo della mia esistenza per continuare, con altri mezzi, le battaglie di sempre. Il primo giorno in Senato ho depositato un Disegno di legge contro la corruzione, l’autoriciclaggio, il falso in bilancio e il voto di scambio.
Poi, con una bella dose di sorpresa, il secondo giorno sono stato eletto presidente del Senato. Esserlo è un onore indescrivibile. Ho difeso le Istituzioni, il ruolo e la centralità del Senato, la sua funzione imprescindibile nella nostra democrazia parlamentare. Sin dall’inizio ho rivendicato il diritto di parola: l’imparzialità nell’esercizio della funzione non prevede la rinuncia alle proprie idee politiche. Ho continuato, con coerenza, a far sentire la mia voce sui temi per i quali mi sono sempre impegnato.
In questo nuovo capitolo della mia vita, in questo percorso che oggi si unisce al vostro, porto tutta la mia storia, ma mai mi farò scudo del passato.
Io e voi abbiamo la testarda convinzione che in questo momento a prevalere debba essere lo spirito di servizio, la volontà di partecipare a qualcosa di più grande di noi, la generosità nel ritrovare un pezzo di Paese che si è allontanato e che si astiene. Serve un’alternativa all’indifferenza, alla rabbia inconcludente dei movimenti di protesta, alle favole bellissime mai realizzate che abbiamo sentito raccontare per decenni. Allora tocca a noi.
Tocca a noi offrire una nuova casa a chi non si sente rappresentato. Tocca a noi difendere principi e valori che rischiano di perdersi: la dignità del lavoro, un welfare che si prenda cura di tutti, una scuola e un‘università che rispettino il valore degli insegnanti e la centralità degli studenti, la possibilità di allargare i diritti e pretendere il rispetto dei doveri, tasse più giuste e progressive, una vera parità di genere.
Insomma, una nuova proposta per il Paese. Per tutto questo, io ci sono!
Noi riaccenderemo la speranza. Ricordo l’emozione e il senso di responsabilità del mio primo voto: mi piacerebbe la provassero anche le ragazze e i ragazzi che andranno a votare la prossima primavera.
A loro dico: votare è molto di più che mettere una croce sulla scheda. E’ scegliere il proprio destino e non lasciarlo fare ad altri.
Mettiamoci al servizio di un cambiamento radicale, che inizi proprio dalla politica. La politica è un bene comune di cui prendersi cura, ogni giorno. Realizzeremo una totale discontinuità nei programmi, nei comportamenti, nei modi di fare politica e di comunicarla.
Non c’è bisogno, credo, di parlare di giustizia e lotta alla criminalità, avremo modo e tempo. Per me non sono bandiere da sventolare in piazza ma l’impegno di una vita. Oggi voglio parlare di giustizia sociale.
Il mondo intorno a noi cambia in fretta: innovazione tecnologica, sconvolgimenti climatici e geopolitici, intelligenza artificiale, grandi migrazioni, nuovi modelli economici. Comprendere e governare questi processi è la ragion d’essere della politica, la sua prima funzione nella società.
Non bastano slogan. Chiediamoci come ridurre le diseguaglianze, a cominciare dal Mezzogiorno; quali equilibri inaugureremo tra vecchi e nuovi mercati; come generare una ricchezza diffusa e non appannaggio di pochi; come difendere i diritti, a partire da quello al lavoro, un lavoro con garanzie e pari retribuzione tra uomini e donne. Chiediamoci come creare prospettive per i più giovani e garantire loro un sistema pensionistico che tenga conto degli anni di crisi, di impieghi saltuari e mal pagati, di collaborazioni occasionali, tirocini, stage e così via. Non è solo una questione di ordine economico ma di dignità della persona, di ciò che lasceremo in eredità ai nostri nipoti.
Se invece ci perderemo in sterili polemiche e tatticismi non riusciremo a coltivare quella visione del domani che serve per affrontare le grandi sfide che ci attendono.
In troppi giocano con le parole, facendo leva sulle paure delle persone, sulla loro rabbia. E’ così che la nostra comunità, guardandosi allo specchio, si scopre oggi più divisa, più debole, più rancorosa. A parole sbagliate corrispondono politiche sbagliate.
Noi siamo qui oggi perché sappiamo quanto necessario e urgente sia impegnarci in un lavoro paziente, lungo, appassionato che non si esaurisce il giorno delle elezioni ma continuerà, per ricostruire una comunità coesa e solidale.
In questi anni sono andato poco in televisione, ho fatto pochissime interviste, mai ho inseguito o alimentato inutili polemiche. Non aspettatevi quindi da me, neanche in campagna elettorale, fiumi di parole. Ce ne sono altri che sono bravissimi in questo. Io parlerò di cose concrete, noi faremo proposte serie.
Ho incontrato migliaia di persone, raccolto le loro preoccupazioni e ascoltato paure, domande, ambizioni, speranze. Sono stati incontri ricchi di umanità che mi hanno insegnato moltissimo su questa nostra Italia, sui suoi difetti ma anche sui suoi pregi. Non sempre è stato facile guardare occhi negli occhi chi ha perso tutto in pochi istanti a causa di un terremoto, o di una alluvione; chi da troppo tempo aspetta dallo Stato giustizia e verità; chi fa i salti mortali perché ha un parente disabile e mille ostacoli da superare; chi ha perso il lavoro o, magari ha un lavoro, un negozio, un’impresa, una professione, una pensione ma questo non gli basta per vivere una vita dignitosa.
Molti avevano la testa china e lo sguardo rivolto verso il basso, gli leggevi dentro l’amarezza.
Questi cittadini sono il simbolo di una nazione che non crede nei partiti e nelle istituzioni, che indifferente si rassegna agli scandali, alla corruzione, alla mala sanità, alle scuole pericolanti, all’idea che i nostri ragazzi debbano fuggire per realizzarsi. Una nazione che rinuncia al futuro.
Il nostro compito è far rialzare lo sguardo di tutte quelle persone, restituire loro fiducia. Non chiedono altro che tornare a credere nel fatto che sì, Lo possiamo cambiare questo Paese.
A noi non basta dirlo, spenderemo ogni energia per farlo: con umiltà e con assoluta determinazione.
Non può avere successo un uomo solo al comando, magari circondato da “yes men”. Io non ho alcuna intenzione di esserlo, perché non può funzionare un progetto dominato dai personalismi, serve la rivoluzione della generosità, della solidarietà politica, economica e sociale.
Noi diremo la verità senza sconti, senza esagerazioni, con coraggio. La politica si fa per quello che si ritiene giusto, non per un punto percentuale in più nei sondaggi o nelle elezioni.
Ricuciremo i lembi di questa nostra comunità, ferita dagli anni di crisi e sempre più frenata dal pensiero che “tanto siamo in Italia, le cose vanno così”. Io non posso accettare di vivere in un Paese che mette i giovani contro gli anziani, che butta via il capitale umano di migliaia di persone facendole sentire inutili, che litiga tra nord e sud, tra poveri e più poveri, che obbliga a scegliere tra lavoro e salute, che ancora non riconosce la possibilità di decidere, in scienza e coscienza, quando le cure si trasformano in sofferenza, in accanimento terapeutico.
Lottiamo perché si abbandoni la cultura dell’arroganza e della furbizia e si abbracci quella della collaborazione, dell’inclusione, della partecipazione. Dobbiamo remare tutti insieme dalla stessa parte. In ciascuno di voi c’è un patrimonio di idee, di passione, di coraggio, di impegno: usiamolo per scuotere l’Italia dal torpore. Solo insieme possiamo cambiare questo Paese. Facciamolo non lasciando indietro nessuno. Facciamolo costruendo, con l’ottimismo della volontà, un progetto visionario.
Vedo nei vostri occhi il mio stesso desiderio, la mia stessa determinazione: significa che ho scelto bene i miei compagni di viaggio. Altri ne arriveranno perché questo progetto sarà aperto e accogliente.
Daremo vita a una nuova alleanza tra cittadinanza attiva, movimenti, sindacati, associazioni di categoria, corpi intermedi, volontari, forze di sinistra e forze cattoliche, democratiche e progressiste.
C’è un’Italia che si impegna con generosità nelle parrocchie, nelle scuole, nelle associazioni, sui terreni confiscati: che è vicina agli ultimi e agli esclusi senza clamori. Ci sono persone che reggono privatamente il peso delle carenze pubbliche: ne ho incontrate tantissime, e voi ne conoscete più di me. Persone che pensano, come noi, che il valore della vita umana vada oltre le convenienze contingenti; che chi nasce, cresce e studia in Italia è già un cittadino italiano, pur non avendo ancora la cittadinanza.
Sono quelle persone di buona volontà che a Como hanno avuto la forza e l’intelligenza di non reagire nemmeno di fronte a inaccettabili intimidazioni. Mi ha colpito la compostezza priva di paura di chi era lì solo per dare una mano al prossimo, e aveva davanti la rabbia di quei quattro fascisti.
C’è un’onda nera che monta, a partire dalle periferie delle nostre città: è lì che dobbiamo tornare, è da lì che dobbiamo ripartire.
Il nostro è un progetto più grande di come fino ad ora lo hanno raccontato, e se ne accorgeranno presto! Non lasciamoci intimorire; non lasciamoci scoraggiare da chi parla di rischi di sistema, di “favore ai populismi”, di voto utile. L’unico voto veramente utile è quello che costruisce una rappresentanza democratica di idee, di valori, di programmi, di sacrificio, di dedizione e di speranze, portando in Parlamento i bisogni e le richieste della metà d’Italia che non vota.
Noi siamo qui proprio per loro, senza inseguire rancori e nostalgie. Sia chiaro: è il futuro che ci sta a cuore.
Un pezzo di quel futuro è nelle esperienze e nelle testimonianze che abbiamo ascoltato: una ricchezza straordinaria di soluzioni già esistenti a molti dei problemi che conosciamo, ma che non sono state sufficientemente valorizzate. Hanno tracciato strade che ci portano nel futuro, su cui far correre la nostra possibilità di farcela, come Paese.
La precarietà di un ricercatore non è solo un problema personale, lo è per la crescita di noi tutti. La protezione dell’ambiente non è alternativa allo sviluppo, anzi i due processi possono e devono andare insieme. Abbiamo bisogno di imprenditoria nuova, sana. Di raccontare il nostro Paese, puntando sulla nostra incredibile biodiversità culturale, paesaggistica, architettonica, enogastronomica e artistica. E farne un patrimonio vivo e condiviso.
Abbiamo la necessità di mettere ordine a un sistema di bonus, incentivi, sgravi, una giungla paradossale dove è difficile districarsi. Di rivendicare un sistema fiscale equo e progressivo, che sostenga un piano strategico di investimenti e rafforzi un welfare capace prendersi cura di ogni fragilità. Di aiutare le famiglie con politiche di sostegno reali, a partire dagli asili nido, perché i bonus passano ma i figli, quei pochi – troppo pochi – che nascono, restano.
Siamo perfettamente consapevoli che l’Italia non potrà avere un futuro fuori dall’Unione Europea, con convinzione e senza tentennamenti.
Dobbiamo fare le cose per bene, con cura e attenzione.
Avremo un programma scritto e ideato attraverso un percorso partecipato, che terrà insieme la concretezza delle soluzioni e una visione chiara del futuro del nostro Paese. Lo faremo insieme, chiedendo aiuto ai migliori, anche a coloro che oggi non sono qui. Voi che siete fuori questa sala, voi che avete dubbi su questo percorso, superateli. Portate le vostre idee, portate il vostro sguardo: non abbiamo paura di guardare lontano, ben oltre il termine delle prossime elezioni e della prossima legislatura.
Grazie per essere arrivati fino a qui, iniziamo un nuovo percorso, una nuova proposta, al centro della quale metteremo la volontà di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Questo è l’articolo 3 della Costituzione, quello che più mi emoziona perché dice tutto quello per cui vale la pena lottare.
Tocca a noi dimostrare che le istituzioni sono di tutti, che fare politica è un orgoglio e non una vergogna. Tocca a noi realizzare il sogno dei padri e delle madri Costituenti. Ripartiamo dai principi fondamentali. C’è in gioco il futuro dell’Italia.
Questa è la nostra sfida: batterci perché tutti – nessuno escluso – siano liberi e uguali. Liberi e uguali.