Partita da presupposti sbagliati e gestita male – L’Altra Faenza l’ha affermato più volte sulla base di solide argomentazioni – la Conferenza economica sta producendo risultati a dir poco deludenti. L’ulteriore riprova sta nel Regolamento per l’erogazione di contributi “alle imprese che creino o incrementino l’occupazione”, presentato pochi giorni or sono e dichiarato non emendabile “perché redatto dai tecnici”.
Agli effetti pesantissimi sul sistema economico-produttivo, sull’occupazione e sul tenore di vita provocati da una crisi che si protrae ormai da nove anni, si doveva rispondere con l’idea di una Faenza inclusiva e solidale, capace di mobilitare tutte le sue energie per uno sviluppo sostenibile e necessariamente innovativo rispetto a vecchi modelli che sono in parte causa della crisi stessa.
Si è invece scelto di puntare ad “una città come organizzazione imprenditoriale il cui output è la creazione d’impresa”, si è scelto di escludere dal confronto – e quindi dalla possibilità di fornire utili contributi – i Consigli comunali, i gruppi politici di opposizione, le molte e importanti realtà associative che costituiscono una preziosa risorsa per Faenza. In una prima fase non sono stati coinvolti neppure gli altri Comuni della Romagna Faentina.
Il risultato, viste queste premesse, non poteva essere che di basso profilo, privo di progettualità e tale da non produrre i benefici possibili – date le condizioni della finanza pubblica stretta fra vincoli e ripetuti tagli da parte del governo centrale – per le famiglie e le imprese.
Ora, come si diceva, i contributi alle imprese. I meccanismi presi a riferimento per la loro erogazione (già sperimentati altrove con scarsissimi risultati) rischiano di favorire le imprese maggiori a danno di quelle piccole; non discriminano quelle che già hanno usufruito di altri incentivi; non puntano al lavoro stabile; pongono di fatto sullo stesso piano la buona occupazione con quella precaria (ad esempio un contratto a tempo determinato e uno da apprendista); non scelgono quali settori e quali attività sostenere.
In definitiva non creano nuove opportunità, non orientano lo sviluppo: si limitano a distribuire modesti aiuti a pioggia sull’esistente.
L’Altra Faenza ritiene che ben altro sia possibile e necessario fare. A partire dall’attivazione di un Osservatorio in grado di conoscere e monitorare le conseguenze della crisi (quante aziende sono scomparse, quanti i negozi chiusi, quanti i posti di lavoro persi, quanti i lavoratori in Cassa integrazione, quali i settori e le imprese più colpiti e quali stanno reggendo, ecc.).
Si può sostenere l’intraprendenza dei giovani attraverso l’istituzione di una linea di credito che coinvolga il sistema bancario. Possono essere incentivati interventi di efficientamento energetico degli edifici, per lo smaltimento dell’amianto, per la messa a norma degli impianti, per il miglioramento delle condizioni abitative. Si dovrebbe dare applicazione al Piano di Azione per l’Energia sostenibile (PAES) deliberato due anni fa e di fatto non ancora partito. Si possono compiere scelte a sostegno dell’economia circolare, per la riduzione degli sprechi e dei rifiuti. Si può aprire uno sportello in grado di fornire ai cittadini informazioni, suggerimenti e supporto per l’attivazione di pratiche virtuose e tali da consentire risparmi.
Si può… si sarebbe potuto. Ma è stata scelta la strada del mancato coinvolgimento, del decisionismo privo di spinta innovatrice e di attenzione per le tematiche sociali e ambientali.
Faenza, 11 marzo 2017
L’Altra Faenza