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Verso il 5 ottobre Domani in piazza nonostante il divieto. Renzi si schiera con i manifestanti: «Lontano da loro, ma è sbagliato vietare la piazza»

La questura prepara i suoi piani: controlli in autostrada e alle stazioni

 

La questura prepara i suoi piani: controlli in autostrada e alle stazioni

Oggi la questura di Roma definirà i dettagli operativi per la gestione della manifestazione in programma delle associazioni palestinesi programmata per domani a porta San Paolo. La vigilia è di quelle agitate, quantomeno per le notizie che filtrano: l’intenzione è quella di far rispettare il divieto imposto qualche giorno fa e, per questo, verranno effettuati controlli ai caselli autostradali e nelle stazioni ferroviarie nel tentativo di fermare chi arriverà nella Capitale. Lo stesso avverrà in città, in maniera sempre più serrata quanto più ci si avvicina al luogo in cui confluiranno i manifestanti. Come da copione, poi, non mancano gli spifferi sulle presenze di non meglio precisati «violenti». Nelle veline si fa un gran parlare di «movimenti antagonisti» e per questo verrebbero monitorati i social network, con un occhio particolarmente attento alle pagine «riferibili ad ambienti anarchici e universitari». Resta da vedere quali saranno gli ordini di servizio e, soprattutto, se, come chiedono alcuni sindacati delle forze dell’ordine, verrà autorizzato l’uso di dotazioni aggiuntive come gli idranti. È assai probabile che un afflusso ingente di persone in piazza porterà gli agenti a cercare una mediazione: difficile che la manifestazione resterà statica ed è possibile che si arriverà (o si cercherà di arrivare) a un accordo sul percorso che potrà seguire l’eventuale corteo.

All’elenco degli aderenti alla chiamata lanciata da Unione democratica arabo palestinese, Giovani palestinesi e Associazione dei palestinesi in Italia, nelle ultime ore si è aggiunto un drappello di centri sociali romani: Casale Garibaldi, Communia, Esc e Acrobax.
In difesa del diritto a manifestare è arrivato anche un appello di Europe for Peace e Rete Pace e Disarmo, sottoscritto tra gli altri anche da Cgil, Anpi, Arci, Emergency, Legambiente e varie associazioni cattoliche di base, che promettono anche una futura giornata di mobilitazione nazionale. «La democrazia si promuove e difende garantendo maggiori spazi democratici, non con la censura politica – si legge nel testo -, Chiediamo che sia garantito il diritto e la libertà di manifestare in modo nonviolento e pacifico come prevedono la Costituzione italiana e la Dichiarazione universale dei diritti umani».

Per quanto riguarda invece il mondo delle forze politiche, se la destra continuare a invocare la legge, l’ordine e l’ossequioso rispetto dei voleri della questura, si comincia a levare anche qualche voce in favore di chi vuole scendere in piazza. La più insospettabile di tutte è quella di Matteo Renzi, che nella sua enews, dopo aver ribadito che lui la pensa «in modo radicalmente opposto rispetto ai partecipanti», ha inappuntabilmente aggiunto che «vietare le manifestazioni è una scelta sbagliata» perché «la libertà di espressione non può essere censurata. Anche le idee peggiori hanno diritto di cittadinanza: anzi, l’opinione pubblica si fa un’idea ben precisa e magari le respinge. Abbiamo gli anticorpi necessari a rifiutare l’estremismo. Vietare le manifestazioni, peraltro, oltre che andare contro un’idea liberale della società, alimenta i fenomeni di vittimismo».

Per il Pd è intervenuto il deputato Roberto Morassut. «Penso la richiesta di manifestare risponda al bisogno di protesta contro quello che è a tutti gli effetti un massacro – ha detto a Radio Radicale -. La risposta di Israele ai fatti del 7 ottobre scorso è stata una risposta che ha portato a circa 50 mila morti a Gaza e a un atto di invasione del Libano, che a sua volta ha causato la risposta da parte dell’Iran che ha lanciato 200 missili contro lo Stato ebraico. Insomma, siamo dentro una spirale in cui il ruolo dello Stato di Israele è stato un ruolo molto grave»