I tecnici del ministero delle Finanze, guidato da Giancarlo Giorgetti, probabilmente pensavano di aver trovato la quadra per sanare almeno una delle fratture in seno alla maggioranza, quella sulle pensioni. Invece la proposta trapelata in questi giorni ha trovato la contrarietà anche del partito che esprime il ministro.
Alla Lega non è piaciuta l’ipotesi di prolungare le finestre per l’accesso alla pensione anticipata fino a 6 o 7 mesi (al momento è di 3) per chi intende uscire dal lavoro con 42 anni e 10 mesi di contributi (per le donne 41). Che tradotto vuol dire posticipare l’età pensionabile a 43 anni e 5 mesi per gli uomini e 42 anni e 5 mesi per le donne.
Il Carroccio è andato dritto al punto attraverso un altro componente dell’esecutivo Meloni, il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon che ha la delega alla previdenza ed era presente all’incontro tecnico di ieri con gli esperti di Inps e Mef. «Non so se c’è qualcuno nella Ragioneria che cerca sempre di trovare i numeretti e quindi innalzare questa soglia ma le finestre non si toccano», ha detto Durigon.
Già lo scorso anno i principali azionisti del governo Meloni avevano dovuto ingoiare un compromesso ritenuto insoddisfacente da entrambi. Ma che si è rivelato utile per le casse dello stato: i paletti inseriti da Giorgetti sono stati tali da drenare le domande all’Inps con un cospicuo risparmio. Ma quest’anno, con le regionali alle porte, né Lega né Forza Italia possono permettersi di perdere la partita delle pensioni, punto cardine di entrambi i programmi elettorali.
E Tajani rispetto allo scorso anno sente di avere la forza politica per esigere. Per il partito di Berlusconi, il cui elettorato anziano si può sovrapporre ai telespettatori delle reti Mediaset, l’innalzamento delle pensioni minime è un caposaldo fin dalla discesa in campo del cavaliere, quando prometteva mille euro ad assegno. Il segretario attuale, che come richiesto dagli eredi dell’imprenditore deve smarcarsi dalla destra estrema, da giorni dichiara: «L’aumento delle minime è una nostra priorità».
Salvini, dal canto suo, ha incentrato sul superamento della legge Fornero la propaganda leghista degli ultimi anni destinata ai lavoratori precoci, in prevalenza nel Nord. Lo scontro coinvolge anche la presidente del Consiglio che non a caso ha convocato un vertice di maggioranza per domani con i due vicepremier, il primo dopo le tensioni agostane a mezzo stampa. L’accordo sulla previdenza va definito prima del 20 settembre, data entro cui inviare a Bruxelles il Piano strutturale di bilancio, in vista della Manovra 2025.
Le promesse elettorali, quella del Carroccio, che vuole Quota 41, e quella degli azzurri sulle minime, costano e non c’è un euro. Anche perché la retorica del centro destra tutto prevede tagliare le tasse ai ceti medio alti. Le nuove regole del patto di stabilità non consentono deficit e il quadro è fosco: secondo l’ufficio studi della Cgia entro il 2028 gli assegni erogati dall’Inps supereranno le buste paga di operai e impiegati anche al Centro e al Nord.
Anche la promessa di Fdi di allargare il bonus mamme alle lavoratrici autonome è impraticabile e rischia di essere un altro colpo per l’immagine della prima presidente del Consiglio donna che ieri ha a Palazzo Chigi ha incontrato Manfred Weber, leader del Ppe. «Opzione Donna è stata di fatto annullata – spiega la segretaria confederale della Cgil, Lara Ghiglione – mentre i requisiti di età per l’Ape sociale sono stati aumentati, rendendo sempre più difficile per le lavoratrici e i lavoratori poter accedere alla pensione. L’intenzione dell’esecutivo sembra mantenere i lavoratori, soprattutto nel pubblico impiego, al lavoro il più a lungo possibile, senza prevedere alcun turn over».
Per la Cgil anche Meloni ha la necessità di «fare cassa sulle pensioni: le due leggi di Bilancio approvate fino ad oggi lo dimostrano». Intanto il ministero dell’Economia ha mandato ieri una nota per definire «fantasiose e premature» le «indiscrezioni» sulla manovra circolate di questi giorni. Il Mef comunica inoltre che Giorgetti è rientrato dalle ferie martedì ed è «al lavoro sul piano strutturale per consegnare il documento a Bruxelles e in Parlamento nel rispetto dei tempi. Il ministro dell’Economia porterà il piano entro metà settembre in Consiglio dei ministri per l’approvazione»