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Non è Giorgia Meloni, adesso è Le Pen a disegnare gli equilibri dell’Europa in nero. Incontra Salvini, diventato un partner minore, e parla di gruppo unico delle destre nell’europarlamento. Spiazzando Fratelli d’Italia. Il prossimo voto in Francia può rafforzarla ancora

DETTA MARINE. Esclude le dimissioni dopo le legislative, agita la teoria degli opposti estremismi e tende la mano a Glucksmann e ai Républicains

 Il discorso di Emmanuel Macron; a sinistra la riunione dei Républicains davanti alla sede del partito a Parigi chiusa da Eric Ciotti - foto Ansa

Ieri è iniziata la campagna elettorale più breve ma “storica” di Francia, con l’estrema destra alle porte del potere. Emmanuel Macron è sceso in campo, escludendo le dimissioni dopo le legislative: «Non voglio dare le chiavi del potere all’estrema destra nel 2027», alle prossime presidenziali, per questo «voglio un governo che possa agire per rispondere alle esigenze» e alle inquietudini espresse dal voto delle europee, che ha causato un terremoto politico, l’estrema destra al 40%, i partiti «estremisti» al 50% (il calcolo del presidente viene fuori sommando Rassemblemente national e France insoumise). Era l’impegno preso sette anni fa – non dare più nessuna ragione di votare per l’estrema destra – che si è fracassato sul risultato elettorale delle europee.

AL PAVILLON Cambon Capucines, non lontano dall’Eliseo, il presidente ha spiegato prima di tutto le ragioni dell’imprevisto scioglimento dell’Assemblée nationale: la Francia era in «un’equazione politica intenibile», di fronte a un «blocco», «pericoloso» per il paese, con la minaccia di una mozione di censura per l’autunno contro il governo. Lo scioglimento deve portare a «un chiarimento». Macron, che resta un «ottimista» e dichiara di non voler cedere allo «spirito della sconfitta», si rivolge ai cittadini-elettori, facendo appello all’«etica della responsabilità», nella «battaglia di valori esplosa in piena luce», che deve interrogare ogni cittadino.

ERA NECESSARIO chiamare di nuovo in causa gli elettori, non si può voler «un governo senza il popolo» e non si può «dissolvere il popolo», afferma. Delinea un progetto che

definisce «coerente, realista, d’avvenire», per riunire. Mentre i rivali, a destra e a sinistra, si stanno «perdendo in trattative» per la spartizione dei seggi, pur non avendo molto in comune gli uni con gli altri.

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Macron ammette «errori», fa un «mea culpa» sul passato. Tende la mano a un’area di «blocco centrale progressista repubblicano», per creare uno «zoccolo di governo coerente», dove include al di là dei suoi anche i socialisti di governo (ha citato Glucksmann) e la destra moderata indignata dalla svolta reazionaria del presidente di Lr, Eric Ciotti.

MA C’È MOLTO scetticismo sull’efficacia di questo intervento. Macron fa cinque proposte ai possibili alleati e parla di «federazione di progetti». La prima proposta è la «protezione dei valori repubblicani», l’universalismo, per combattere «l’inquietudine esistenziale» che può aver spinto una parte dell’elettorato a cadere nelle braccia estremiste, il Rassemblement National. Ma anche della France Insoumise, Macron accusa alcuni esponenti del partito di Mélenchon di «antisemitismo»: la polemica è stata feroce durante la campagna delle europee a proposito del giudizio su Hamas, causando una profonda spaccatura nella sinistra. «Léon Blum deve rivoltarsi nella tomba» ha detto Macron, in riferimento al Fronte popolare del ’36 riproposto oggi da un’alleanza guidata da Lfi.

Sulla laicità, che in Francia è un pilastro della convivenza, si impegna per un grande dibattito, promettendo di agire su una migliore integrazione degli immigrati.

IL SECONDO PUNTO riguarda «l’ambizione ecologica ed economica». È un angolo di attacco contro l’estrema destra che metterà in pericolo i risparmi e la tenuta economica: i tassi di interesse sono già in aumento (lo spread con i tassi tedeschi è salito a 0,6 punti, i mercati manifestano turbolenze in vista di un’instabilità).

Macron si impegna a fare dei progressi nella «lotta contro le ineguaglianze di destino» e per garantire ai francesi di «vivere meglio tutti i giorni» (potere d’acquisto, servizi pubblici), ammettendo che in effetti «la vita non è migliorata» negli ultimi anni. L’ultimo punto è la «linea diplomatica»: la vittoria del Rn sarebbe un terremoto, da Mosca il portavoce di Putin, Dmitri Peskov afferma che la Russia «segue con attenzione il processo di progressione delle forze di destra in Europa».

INTANTO LA SAGA della destra dei Républicains si arricchisce di un nuovo capitolo dopo il terremoto causato dal presidente del partito, Eric Ciotti, a favore di un’alleanza con il partito di Le Pen. Ciotti, che ieri si è chiuso nella sede del partito per impedire una riunione, è stato escluso da Lr e al suo posto è stata nominata la vice-presidente, Annie Genevard. Ma Ciotti non intende cedere e minaccia querele: «Sono e resto presidente, sono vittima di un colpo di Stato». Lr ha confermato la candidatura di tutti i deputati uscenti, eccetto Ciotti e una sua seguace.

MARION MARÉCHAL, che non è riuscita a trovare un’intesa con Rn, ha comunque invitato ieri a votare per l’intesa Ciotti-Rn, contro la strategia del leader di Reconquête, Eric Zemmour, che punta a presentare il più alto numero possibile di candidati