EUROPEE. Estrema destra all’assalto tra ripuliti e impresentabili Data in testa in 9 Paesi su 27, potrebbe eleggere oltre un quarto degli eurodeputati, con 200 seggi, una quarantina in più di adesso
Pulizie al Parlamento europeo foto Getty Images
Stasera si conosceranno i risultati del voto europeo, che si è svolto nei 27 paesi della Ue e che configurerà per 5 anni e 720 deputati (15 in più di quello in uscita) un parlamento comune che però, a differenza di quelli nazionali, non ha l’iniziativa legislativa, anche se ha ottenuto più poteri con le ultime revisioni dei Trattati. 360 milioni di iscritti, ma una partecipazione che dal 1979 – il primo voto europeo – è stata sempre in calo, dal 70% fino al 40% del 2014, mentre nel 2019 si è registrata una piccola ripresa, al 51%, che potrebbe però non venire confermata. Nessun partito ormai difende l’opzione “exit”, dopo il fiasco Brexit, ma nei fatti, si tratta di 27 elezioni nazionali, che solo in seconda battuta ridisegneranno il panorama politico europeo.
Non ci sono circoscrizioni transnazionali.
Tutti votano con il sistema proporzionale, ma in giorni diversi, in Estonia era possibile per corrispondenza dal 3 giugno, giovedì 6 in Olanda, venerdì in Irlanda e Repubblica ceca, nel week end tutti gli altri, molti sul solo giorno di domenica. Le regole sono diverse, in Belgio, Austria, Malta e Germania votano a 16 anni, a 17 in Grecia, gli altri a 18 (ci sono 2 milioni di giovani al primo voto). I paesi eleggono un numero diverso di deputati, in rapporto con la popolazione con correzioni (6 per i più piccoli, Cipro, Malta, Lussemburgo, 76 per l’Italia, 81 per la Francia, 96 per la Germania).
«La politica resta un affare nazionale» afferma il giurista Alberto Alemanno, professore a Hec di Parigi, «manca una sfera pubblica europea, il prisma resta quello nazionale, anche se i grandi temi sono europei». I 17 milioni di cittadini europei che vivono in un paese diverso da quello di nascita pesano poco. Nel 2019 c’era stato un gran parlare di liste transnazionali, ma quest’anno il progetto è rimasto nel cassetto, non è più evocato da nessuno e persino i partiti che hanno una aspirazione federalista la stanno tenendo ben nascosta, travolta dall’ondata “sovranista” in corso. In Francia, nei volantini elettorali, neppure i più europeisti (Ps, Ecologisti, i liberali di Renaissance) hanno stampato il riferimento ai gruppi di appartenenza a Strasburgo.
Da domani, cominceranno le trattative per la formazione dei gruppi
parlamentari. Dei partiti nazionali dovranno fondersi in un insieme, i gruppi politici hanno ideologie elastiche e nessuna disciplina di voto, per poi allearsi in una maggioranza: nella Ue coesistono due maggioranze – quella del Consiglio, che riunisce gli stati membri – e l’Europarlamento. Per i top jobs, gli incarichi apicali, ci vuole una doppia maggioranza. Ma molte decisioni importanti della Ue, il NextGenerationEu per esempio, sono state prese senza il voto dell’Europarlamento.
IL PPE NEL CUORE DEL SISTEMA
Il Ppe è sempre stato il primo gruppo all’Europarlamento e dovrebbe conservare questa posizione, con 180 deputati circa, in leggero calo. I partiti della destra cristiano-democratica dovrebbero arrivare in testa in Germania, Spagna e Polonia. Ma il cuore ormai pende sempre più a destra. Già nella scorsa legislatura, sotto la pressione dell’avanzata delle destre estreme a livello nazionale in vari paesi, il Ppe ha contribuito alla “pausa” del Green Deal, all’annacquamento della legge sul Restauro della natura e sull’immigrazione sono arrivati a chiedere l’esternalizzazione dei rimpatri (“modello Ruanda”). Il Ppe domina anche in Consiglio, con 12 governi.
AVANZA L’ULTRA DESTRA
I gruppi di estrema destra adesso sono due, per mesi ci sono state discussioni nell’eventualità di una fusione, ma alla fine nel nuovo Parlamento la destra radicale potrebbe dividersi in tre gruppi. Ecr, fondata dai Tories britannici che trovavano il Ppe non abbastanza sovranista, è ora dominata da Fratelli d’Italia, seguito dal Pis polacco. Potrebbe abbracciare la Fidesz di Orbán, espulsa dal Ppe e ora tra i non iscritti. Il Rassemblement national ha fondato Id, a cui aderisce la Lega, mentre ora ha escluso l’Afd tedesca, che per troppo estremismo sta ostacolando la marcia verso la rispettabilità di governo. L’estrema destra, che dovrebbe arrivare in testa in 9 paesi su 27 – e partecipa già al governo in 7 paesi, ma solo in Italia e in Olanda lo guida – complessivamente potrebbe rappresentare oltre un quarto degli eurodeputati, con 200 seggi, una quarantina in più di adesso. I più estremisti, i filo-nazi, potrebbero trovarsi in un nuovo gruppo (ci vogliono almeno 23 deputati di 7 paesi).
I SOCIALISTI TENGONO A FATICA
Nella Ue ci sono 5 governi a guida socialdemocratica, a Strasburgo il gruppo rischia di perdere un po’ più di una decina di seggi, ma le delegazioni di Spagna e Italia resteranno fornite e quella francese è in netta ripresa. Per anni hanno diretto la politica dell’europarlamento assieme al Ppe, poi hanno dovuto includere i liberali di Renew. Si sono impegnati a non sostenere un/a presidente che cercherà i voti di parte dell’estrema destra.
I VERDI IN DIFFICOLTÀ
È il gruppo che rischia di più, perché le delegazioni da Francia e Germania, per motivi diversi (a Berlino sono nel governo, a Parigi quasi senza voce), rischiano di assottigliarsi. Mentre il clima e l’ecologia interessano sempre di più i cittadini, i partiti che avrebbero dovuto essere l’espressione politica di questa preoccupazione sono in crisi, anche perché altri partiti hanno integrato questi temi nei loro programmi.
I LIBERALI IN ORDINE SPARSO
Macron è in difficoltà, la delegazione di Renaissance, che ora guida il gruppo liberale, sarà ridimensionata. Renew raggruppa partiti molto diversi, non tanto uniti (la vecchia Alde, a cui non partecipa Renaissance, continua a controllare i soldi). Valérie Hayez, la presidente del gruppo, ha proposto l’espulsione degli olandesi Vvd di Mark Rutte, perché hanno accettato di entrare in un governo con l’estrema destra.
LEFT A RISCHIO DIVISIONE
Ci sarà un nuovo gruppo alla sinistra della sinistra? Sahra Wagennecht, ex europarlamentare ora al Bundestag, si è staccata dalla Linke e ha fondato uno suo partito, Bsw, che vorrebbe portare a Strasburgo, su posizioni sovraniste di sinistra.