Detenuta in condizioni pesantissime in Ungheria da un anno e due mesi, Ilaria Salis sarà candidata alle europee per Verdi e Sinistra. Se eletta dovrà essere scarcerata. Di fronte all’immobilismo del governo Meloni, altro modo per tirarla fuori dalle celle di Orbán al momento non c’è
USCITA D'EMERGENZA. L’annuncio «in accordo col padre». Se eletta l’antifascista uscirebbe dal carcere ungherese. In Grecia la destra ha dato un posto in lista a un sindaco prigioniero in Albania
La via d’uscita dal dal carcere di Budapest per Ilaria Salis è un seggio al parlamento europeo. Lo spazio per provarci lo darà l’Alleanza Verdi e Sinistra, che ieri nel tardo pomeriggio. «in accordo con Roberto Salis», suo padre, ha ufficializzato la candidatura dell’antifascista italiana arrestata in Ungheria nel febbraio del 2023. Con ogni probabilità Salis sarà capolista nella circoscrizione Nord Ovest.
«L’idea è che intorno alla candidatura di Ilaria Salis si possa generare una grande e generosa battaglia affinché l’Unione Europea difenda i principi dello stato di diritto e riaffermi l’inviolabilità dei diritti umani fondamentali su tutto il suo territorio e in ognuno degli stati membri – dicono i leader di Avs Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli -. Il nostro è un gesto che può servire a denunciare metodi incivili di detenzione, soprattutto verso chi è ancora in attesa di un giudizio». Le immagini della ragazza portata in ceppi e in catene in aula di tribunale, lo scorso gennaio, avevano sconvolto tutta l’Europa: così è nato «il caso Salis», la storia di un’italiana prigioniera in condizioni terribili in un paese che non considera lo stato di diritto una sua priorità.
TECNICAMENTE, in caso di elezione, l’uscita dal carcere per Ilaria Salis sarà dovuta: la giurisprudenza in questo senso è molto chiara. C’è l’articolo 9 del protocollo numero 7 «sui privilegi e sulle immunità dell’Unione Europea» a dirlo: i deputati «beneficiano, sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del Parlamento del loro stato» e «non possono, sul territorio di ogni altro stato membro, essere detenuti né essere oggetto di procedimenti giudiziari».
C’è anche un precedente, quello
del catalano Oriol Junqueras Vies, che nel dicembre del 2019, grazie a una sentenza della Corte di giustizia europea – alla quale si era rivolto il giudice spagnolo che dopo l’elezione gli aveva negato la libertà – è uscito dalle carceri spagnole per diventare eurodeputato. Nemmeno due settimane dopo, però, Junqueras decadde in virtù di una condanna definitiva a 13 anni per i fatti legati al referendum per l’indipendenza della Catalogna. Dunque solo la prima parte del suo caso è assimilabile a quella di Ilaria Salis – che è ancora sotto processo -, ma tanto basta: se verrà eletta l’antifascista potrà uscire di prigione.
Spiega al manifesto l’avvocato Andrea Saccucci, tra i maggiori esperti italiani di diritti umani e controversie internazionali: «Quando una persona è in carcere non c’è alcun automatismo e ovviamente deve esserci un provvedimento di scarcerazione, per consentirle di assumere l’incarico ed espletare le varie formalità, in ossequio a quanto stabilito dalla Corte di giustizia». Concretamente, prosegue Saccucci, «se verrà eletta dovranno essere i suoi legali a chiederne la scarcerazione». Il precedente più illustre, in questo senso, è quello di Enzo Tortora, che venne eletto al parlamento europeo il 17 giugno del 1984 e poi, il 19 luglio, venne scarcerato su decisione della seconda sezione penale del tribunale di Napoli allora presieduta da Gianni Caracciolo, che firmò l’ordinanza «per sopravvenuta immunità parlamentare». Allo stesso tempo, però, venne anche inoltrata una richiesta di autorizzazione a procedere nei suoi confronti.
LO STESSO SCENARIO potrebbe attendere anche Ilaria Salis: se in un primo momento il giudice ungherese non potrà fare altro che farla uscire dal carcere, subito dopo potrebbe tranquillamente rivolgersi nuovamente al parlamento europeo per ottenere un nuovo arresto. Una scelta identica a quella di Avs è stata fatta in Grecia da Nuova Democrazia, il partito di destra al governo, che ha candidato alle europee Fredi Beleri, sindaco albanese di etnia greca condannato a due anni per traffico d’influenze e motivo di forti tensioni tra Tirana e Atene, che considera questo caso preoccupante «per quanto riguarda l’imparzialità del procedimento legale»