GREEN DEAL. Respinto l’assalto delle destre, approvata la legge sul ripristino della natura. FdI con Coldiretti, Lega e Forza Italia masticano amaro. Ma l’iter del provvedimento per diventare legge richiede ancora l’approvazione del Consiglio. Un sì non scontato
Applausi e fischi hanno accolto l’approvazione della Legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law) passata al Parlamento europeo riunito in seduta plenaria a Strasburgo con 329 voti a favore, 275 contrari e 25 astensioni. Applausi liberatori e perfino abbracci sui banchi dell’Eurocamera da parte di socialisti (Sd), verdi, sinistra (Left) e M5S (nel gruppo dei non iscritti).
Contrarietà netta da parte della destra dei conservatori (Ecr), di cui fa parte FdI, Identità e democrazia (Id) di cui fa parte la Lega, e dalla delegazione di Forza Italia nella famiglia dei popolari (Ppe). Il via libera arriva come un sospiro di sollievo per tutti i sostenitori del Green deal, tanto più che il principale gruppo parlamentare in termini numerici, quello del Ppe, alla vigilia aveva annunciato voto contrario.
DECISIVA IN AULA è quindi risultata la spaccatura sia all’interno del Ppe che in Renew Europe, il raggruppamento centrista e liberale. Nel primo caso, a votare a favore della legge nella versione concordata nel Trilogo è stata una piccola ma significativa pattuglia di 25 europarlamentari popolari (su un totale di oltre 170).
Nel secondo caso i liberali si sono divisi in due terzi a favore e un terzo contro: una sessantina di voti assolutamente decisivi per l’approvazione. Piccolo caso, quello degli italiani di Renew: Nicola Danti (in quota Italia Viva) si esprime a favore, l’ex M5S Fabio Massimo Castaldo, da poco passato ad Azione di Calenda, vota invece contro.
COMPRENSIBILE la soddisfazione del socialista Cesar Luena, relatore del provvedimento per l’Eurocamera. La normativa, che prevede la necessità di ripristinare il buono stato di salute di almeno il 20% degli ecosistemi terrestri e marini degradati entro il 2030 e tutti gli habitat entro il 2050, «è il completamento del Green deal, che oltre alla lotta al cambiamento climatico prevede la difesa della biodiversità». Accusando i popolari di slealtà, per aver cambiato posizione, l’eurodeputato sottolinea: «È un provvedimento moderato, che introduce un freno di emergenza e ha tra i suoi cardini la sicurezza alimentare». E ricorda come esso preveda una «revisione nel 2033» alla luce delle conseguenze che la legge avrà generato sul mondo agricolo.
NETTA LA REAZIONE della destra, che prima del voto decisivo aveva proposto due provvedimenti diversi – uno avanzato da Ecr l’altro da Id, entrambi respinti dall’aula – di affossare completamente la legge. «È l’impostazione cardine di quell’approccio ideologico e di quel percorso che va fermato, perché ha messo in ginocchio il nostro sistema produttivo» reagisce il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Se FdI esprime «sgomento» per l’approvazione, la Lega parla di «attacco al mondo agricolo» e Confagricoltura lancia l’allarme: «Verrà messo a rischio il potenziale produttivo del settore».
Per Ettore Prandini (Coldiretti) l’effetto sarà quello di «diminuire la produzione e appesantire la burocrazia». Di segno opposto la prospettiva dalle associazioni ecologiste: «Garantirà un futuro più sicuro per i cittadini europei» secondo Wwf, che suggerisce inoltre all’Italia di «cambiare rotta», mentre la Lipu parla di «traguardo storico assieme alla direttiva Uccelli e habitat».
RESPINTO L’ASSALTO delle destre, sul Ripristino della natura restano però diverse ombre. La prima riguarda l’iter del provvedimento, che per diventare legge ed essere trascritto negli ordinamenti nazionali entro due anni richiede ancora l’approvazione del Consiglio. Un sì non scontato, come ha dimostra il recente caso della normativa a tutela dei lavoratori delle piattaforme digitali, o “direttiva rider”, bloccata dal Consiglio. E poi c’è la contraddizione in cui si dibattono i legislatori europei: il Parlamento invita ad andare avanti con il Green deal il giorno dopo che i ministri dell’agricoltura dei 27, sotto pressione per l’assedio trattori, mettono in agenda la riforma della politica agricola comune. E mentre Von der Leyen annuncia ogni giorno un passo indietro: dai prodotti fitosanitari al motore elettrico, il cui obbligo, fissato al 2035, potrebbe saltare.
IN CHE DIREZIONE VA L’UE, questo voto dell’Eurocamera non lo chiarifica affatto. Rivela al contrario una sempre maggior polarizzazione tra sostenitori e detrattori della transizione ecologica