MIGRANTI. Per i Centri di rimpatrio nell’ultima manovra sono stati stanziati 42,5 milioni in tre anni. Il ministro dell'Interno difende le nuove misure del governo. Solo Fedriga è entusiasta, Zaia: «Nessuno ci ha contattati». E Giani: «Mai in Toscana». Il presidente emerito Mirabelli: «Diritti costituzionali a rischio se la custodia avrà un carattere detentivo»
La nuova parola magica del governo Meloni è Cpr, la sigla per Centri di permanenza per i rimpatri. Nel Cdm di lunedì (la misura è stata inserita nel decreto Sud alla Camera) il via libera alla nuova strategia (che assomiglia alla vecchia, basata sui Centri di identificazione ed espulsione): nel giro di due mesi, assicurano fonti dell’esecutivo, ci sarà il via libera al piano con l’elenco delle strutture scelte. I Cpr saranno almeno uno per regione (12 quelle sprovviste) e saranno considerati di interesse nazionale per la sicurezza, selezionati tra le caserme dismesse in località scarsamente popolate, facilmente recintabili e sorvegliabili. L’allestimento sarà affidato al Genio militare, il presidio alla polizia. I servizi saranno dati tramite bando ai privati, responsabili del rapporto con i migranti trattenuti e del funzionamento del centro. Nell’ultima manovra stanziati 42,5 milioni in tre anni. Tirando le somme, si tratta di una sorta di detenzione che può durare 18 mesi. Con la promessa, tutta da verificare, che sarà poi possibile effettuare tutti i rimpatri.
IL PRESIDENTE EMERITO della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, solleva dei dubbi: la modifica del termine di trattenimento nei Cpr potrebbe violare i diritti della
persona, riconosciuti dalla Costituzione, se «le condizioni di custodia avranno un carattere detentivo invece che di accoglienza. Tutto dipenderà dai limiti che verranno imposti rispetto alla possibilità di movimento e uscita. I Cpr devono essere luoghi in cui stare, non essere reclusi». Per concludere: «Il rischio di una linea non iper restrittiva è però che molti prendano altre vie, si manifesta dunque l’inutilità dei centri. La finalità dei Cpr dovrebbe essere l’accertamento delle condizioni per il rilascio del diritto di asilo. Mi chiedo quindi se non possano essere accelerate le procedure di controllo che renderebbero inutile la misura di questo massimo di detenzione nei centri».
IL MINISTRO DELL’INTERNO Piantedosi non ha dubbi: «Dobbiamo garantire un maggior numero di espulsioni: ce lo chiede l’Europa. Nessuna violazione di diritti, la possibilità di portare a 18 mesi il trattenimento è prevista dalla normativa europea. Ci sono già 10 Cpr, uno è in manutenzione (619 posti in funzione su 1.338 potenziali ndr), introdotti con la legge Turco-Napolitano». Sulla presunta regia dietro gli sbarchi, tesi cara a Salvini, Piantedosi non si è sbilanciato: «Non ho prove, le sue supposizioni avranno sicuramente qualche fondamento. Da leader politico può dirlo, io da ministro devo avere prove concrete» scordandosi però che Salvini è vicepremier e collega alle Infrastrutture. Approdi: degli oltre 129mila migranti sbarcati in Italia nel 2023, circa 83mila sono stati soccorsi da Guardia costiera e Guardia di finanza; dalle Ong 5/6mila. Eppure, nonostante i numeri, il ministro insiste: «Fanno da pull factor? Ce lo dice la storia».
LE TESI ARDITE proseguono: il blocco navale invocato per anni da Giorgia Meloni, nonostante sia ampiamente ritenuto inapplicabile, secondo il Viminale potrebbe essere comunque una via ma «solo in accordo con i Paesi interessati. Che poi era quanto prevedeva la missione Sophia». E qui è il dem Orfini a inviare al ministro un promemoria: «Oggi Piantedosi ci spiega che la soluzione è il blocco navale ma che il blocco navale in realtà è la missione Sophia. Cioè quella che Salvini e Piantedosi, suo Capo di gabinetto, fecero sopprimere perché non era un blocco navale». Un piccolo dubbio il titolare del Viminale ce l’ha: «I 200 barchini partiti da Sfax ci pongono l’interrogativo sulla capacità e talvolta sulla volontà di collaborare della Tunisia».
I COMUNI sono sul piede di guerra. «Siamo all’ennesimo slogan – la posizione del sindaco di Firenze, Nardella -. Dopo i porti chiusi e il blocco delle Ong. Protrarre da 12 a 18 mesi la permanenza nei Cpr non significa risolvere il problema dell’immigrazione irregolare che delinque. Semmai pone un problema di rispetto dei principi costituzionali». Da Bologna il collega Lepore: «I Cpr sono la dimostrazione che i rimpatri non si possono fare perché si allunga la permanenza in centri che in realtà sono carceri. Si vuole far diventare la questione un problema di ordine pubblico». A Modena è addirittura il Siulp a denunciare: «47 migranti sono giunti lunedì da Lampedusa in questura per essere identificati e assegnati ai centri di accoglienza. Ma la questura non è attrezzata per ricevere persone che devono essere visitate, ascoltate, nutrite e infine sottoposte ai controlli di legge». Per la giunta di Torino i Cpr non servono: «Ci vogliono hub di smistamento diffusi su tutto il territorio nazionale nei quali accogliere le persone in maniera dignitosa».
SONO 141.201 i migranti in accoglienza: 5.696 negli hotspot, 100.734 nei Cas, 34.771 nei Sai (dati aggiornati al 15 settembre). La regione che ospita il maggior numero di persone è la Lombardia (17.455), quindi la Sicilia (14.788). Nei 9 Cpr ci sono 592 persone. A Lampedusa ieri sono arrivati 402 migranti, nell’hotspot erano in circa 1.200. E oggi è annunciato l’arrivo di Giuseppe Conte. Intanto da Palazzo Chigi fanno sapere che Meloni andrà a Porto Empedocle, dopo la denuncia del sindaco: «Siamo arrivati a ospitare 2mila migranti in una struttura per il transito di 250 persone. Abbiamo assistito a condizioni disumane: niente cibo né acqua sotto il sole, con donne e bimbi che si sono sentiti male e con liti per un pezzo di pane».
DAL FRIULI VENEZIA GIULIA, Fedriga difende il governo: «Nei Cpr ci sono persone che hanno precedenti penali. Nella mia esperienza di Gradisca di Isonzo, il Cpr funziona molto bene. Invece l’accoglienza diffusa è stata un fallimento». Zaia mette le mani avanti: «Sull’apertura di un Centro in Veneto non siamo stati contattati. Puntare sui rimpatri è come svuotare il mare con un secchio. La soluzione è far arrivare solo chi ha davvero bisogno». Dalla Toscana Giani ribadisce: «Non darò l’ok a nessun Cpr. Il problema è come farli entrare e accoglierli, non come buttarli fuori». Dall’Emilia Romagna Bonaccini: «I grandi hub hanno fallito, inutile girarci attorno». Nelle Marche si prende tempo: «Ora non c’è l’esigenza».
SALVINI riserva un’altra stoccata alla premier: «Passiamo il tempo a redistribuire ma il processo va bloccato a monte». Il leader 5S Conte: «Il blocco navale è una presa in giro ma non possiamo nemmeno dare accoglienza a tutti». E il dem Orlando: «Stiamo misurando lo scarto tra la propaganda e la realtà»