MINIMO SINDACALE. Fuoco ad alzo zero di lobby e media contro il prelievo fiscale ai banchieri E oggi parla l’Abi
iorgia Meloni nel collegamento social "Gli appunti di Giorgia" - Ansa
Le ricostruzioni su scontri tra Chigi e Mef sulla tassa per gli extraprofitti delle banche “sono totalmente inventate e frutto della fantasia di chi ne ha scritto. Il testo della norma è stato messo a punto dal Mef in piena sintonia con l’intero governo”. Parola delle immancabili “fonti di palazzo Chigi” ma non basterà a sedare la sensazione che di tensioni ce ne siano state eccome. Il coro mediatico ha individuato il colpevole nel sottosegretario Fazzolari, animato da una sorta di cieca volontà punitiva nei confronti delle banche e dunque in contrasto con il ministro dell’economia Giorgetti, ben più amichevole e bendisposto.
Qualcosa di vero in questa lettura probabilmente c’è. Però all’origine del provvedimento non c’è un sottosegretario invasato ma la premier e la campagna mediatica, partita un po’ in sordina e diventata poi assordante, ha il solo obiettivo di difendere una lobby molto potente. Il fuoco, ieri, è stato ad alzo zero e l’accusa di essere tornata al “populismo”, buona per tutti gli usi e sempre pronta quando c’è da difendere interessi forti, è ancora il minimo. C’è di tutto e di più, inclusa la “pianificazione sovietica”, con Faraone, Iv, che già vede il Piano quinquennale alle porte.
Martellamento non disinteressato: l’intervento di Giorgetti e del Mef, salutato in coro come salvatore della Patria, ha già più o meno dimezzato la portata del prelievo, grazie al tetto al prelievo fissato allo 0,1% del totale attivo. Ora però bisogna trasformare l’annuncio in testo e le pressioni, esercitate soprattutto ma non solo sulla sponda forzista, mirano a modificare la norma già in questo passaggio.
La strada dovrebbe essere un incontro tra governo e Abi, che riunisce stamattina i suoi vertici, per trovare delle soluzioni in modo omogeneo. Lo chiede il capogruppo azzurro Barelli che martella: «La solidità di un Paese dipende dalla solidità e affidabilità del suo sistema bancario». Poi arriverà il turno della conversione in Parlamento a settembre, e qui è lo stesso Tajani, il nuovo capo, ad anticipare che «la tassa potrà essere approfondita durante l’esame in Parlamento». Si scrive approfondire, si legge modificare e alleggerire e va da sé che gli interessi di Mediolanum con i dubbi azzurri abbiano parecchio a che vedere.
Di fronte a un simile martellamento la premier difende la scelta ma pesando le parole e senza calcare la mano: «La misura più importante approvata dal cdm è quella sulla tassazione dei margini ingiusti delle banche. Viviamo una fase complicata e in questa situazione difficile è necessario che il sistema bancario si comporti in modo il più possibile corretto». Come d’abitudine Salvini è ben più greve: «Le banche sono state molto veloci ad aumentare i costi dei prestiti ma non gli interessi e stanno macinando miliardi. La tassa è un’opera di redistribuzione economicamente e socialmente doverosa».
Con i centristi che strillano contro la stalinizzazione dell’Italia e i grillini a cui preme soprattutto a ricordare che i primi a chiedere la tassa sono stati loro, il partito in maggiore difficoltà è quello di Elly Schlein. Un po’ perché la sterzata “né a destra né a sinistra” di Meloni li ha spiazzati, ma molto anzi moltissimo perché attaccare un provvedimento che piace alla stragrande maggioranza della popolazione anche e forse soprattutto di sinistra non si può, ma neppure entrare in conflitto con gli ambienti e i poteri e i media che sono stati l’ambiente naturale del Pd per decenni. Meglio rispolverare il magico detto per cui “un bel tacer non fu mai scritto”.
Posizione miope: quali che siano le motivazioni di opportunismo e propagandismo che spingono il governo, il completo riassorbimento della tassa sarebbe una sconfitta anche per la sinistra.
Intorno alla sostanza concreta del problema, del resto, si articolano strategie politiche da tutte le parti. Salvini sgomita per accreditarsi quasi personalmente una decisione certamente popolare. Renzi e Fi sondano la possibilità di un gioco più sottile: la costruzione di un asse dall’interno e dall’esterno della maggioranza capace di fare massa critica nei momenti opportuni e con reciproco vantaggio a breve e poi, se le condizioni si riveleranno favorevoli, andare anche molto oltre