In 10mila sfilano sulla spiaggia di Cutro con mazzi di fiori e senza sorrisi. Mimmo Lucano guida il corteo dietro alla croce fatta con i legni del naufragio che ha ucciso 76 migranti, gli ultimi due ritrovati ieri. Dolore, rabbia e una promessa: non finisce qui
La manifestazione svoltasi a Steccato di Cutro - Ansa
Una croce in legno guida il fiume umano di tre chilometri nei campi di finocchio di Steccato. L’hanno costruita con i resti del caicco naufragato. La portano a spalla, alternandosi, i manifestanti. Primo fra tutti, Mimmo Lucano. È una moltitudine di 10mila anime. È colorata ed in parte taciturna. Ci sono silenzi che strillano più delle urla. In testa i gonfaloni dei Comuni e quello dei partigiani. In tanti recano in mano mazzi di fiori. E non ci sono sorrisi. Ci si saluta sottovoce quando nel corteo si ritrovano amici e compagni dopo tanto tempo. Volti spenti, velati di tristezza, scorrono per le vie intitolate a capitali extraeuropee. È uno sciame senza frontiere, spontaneo, estraneo alla logica degli apparati, introdotto dallo striscione d’apertura «Fermare la strage subito». Lo reggono gli organizzatori: Cgil, Arci, Anpi, Il manifesto, Amnesty International, Comunità di Sant’Egidio, Caritas e le altre sigle storiche del movimento antirazzista italiano.
TRA I TANTI SINDACI presenti, marcia la fascia tricolore del capoluogo regionale. «Era doveroso esserci oggi – spiega Nicola Fiorita, primo cittadino di Catanzaro -. Rincuora il fatto di ritrovarsi uniti. La speranza è che non dovremo mai più vivere giornate tristissime come questa». Sfila lo spezzone di Emergency, corposa la delegazione di medici. «È inaccettabile che non ci sia un coordinamento in mare delle istituzioni preposte», tuona Mara, psicologa di Msf. Una lunga onda di stoffa blu fende la nutrita pattuglia di Mediterranea: tre pullman da tutta Italia. «Dopo tanti anni questo è il posto e il momento giusto dove essere, un luogo in cui poter condividere un comune sentire, ma soprattutto dissentire dall’indegna rappresentazione offerta dal governo. Oggi qui prende corpo un aspetto umano e prepolitico che diventa essenziale per qualsiasi prospettiva di cambiamento», sottolinea Sandro Metz, armatore sociale della Mediterranea Saving Humans. Insieme a lui, il marinaio eretico Luca Casarini: «Riaffermiamo un principio di istituzionalità dal basso, una legalità altra. L’Italia è un paese di transitanti. Lavoriamo insieme per costruire ferrovie sotterranee che consentano a milioni di esseri umani di raggiungere gli approdi che vogliono. Mi sono commosso vedendo il lancio di peluche contro le auto blu del governo Meloni. Abbiamo bisogno di simboli e riti che comunichino il senso delle lotte che portiamo avanti».
Avanzano le bandiere rosse della Cgil meridionale. «Riprende voce chi non accetta la disumanizzazione. Il governo si è così screditato dinanzi all’opinione pubblica e si è indebolito al suo interno. Per questo motivo ritengo che sia stato un errore per la Cgil invitare la premier Meloni al prossimo congresso di Rimini, un fatto che non avveniva dal 1996. Ma siamo pronti a contestarne l’arrivo», ci dice Delio Di Blasi, dirigente della sinistra Cgil.
LA COPERTA DELLA MEMORIA colorata e solidale di Lampedusa introduce gli attivisti impegnati nei soccorsi nel canale di Sicilia. «Oggi registriamo un cambio di passo che ci dà la forza di perseguire nuovi obiettivi: gli accessi legali per i migranti, fuori dal meccanismo perverso delle quote; la cancellazione della legge Bossi-Fini, l’allargamento dei corridoi umanitari. Infine, dobbiamo fermare l’assurda guerra politico-giudiziaria alle organizzazioni che prestano soccorso in mare», rimarca Francesco Piobbichi, di Mediterranean Hope.
Un raggio di sole squarcia il cielo grigio mentre il corteo irrompe nella spiaggia della morte. Il vento è impetuoso come nella maledetta notte del 26 febbraio. Gira a ponente e solleva onde alte due metri. Pare rivivere il dramma dei 180 naufraghi del «Summer Love». I famigliari delle vittime (ieri la 76esima è stata restituita dalle acque) e dei dispersi depongono corone di fiori intorno alla croce di legno conficcata nella sabbia. Un filo di rose rosse cinge la battigia. Ci sono i preti cattolici e gli imam. È uno straordinario momento emotivo. I peluche, simbolo della protesta, sono deposti sulla sabbia. Alle 16,50 i manifestanti formano un tappeto umano in segno di raccoglimento. A seguire, dalle potenti trombe vintage, restaurate dai militanti della «Base» di Cosenza, parte la girandola degli interventi improvvisati. «Nelle ore successive al naufragio è avvenuta una passerella inutile. C’erano solo quattro sommozzatori su uno specchio di mare vastissimo. Ho visto carabinieri con gli scarpini lucidi arrancare sulla spiaggia», ricorda Nando Fazio, soccorritore della Protezione civile. Gli fa eco Michelangelo Galati di Equosud Reggio Calabria: «Sono uno di quelli che hanno avvertito l’impulso naturale di correre sulla spiaggia nella speranza di salvare vite umane. Ho trovato il passaporto di un ragazzo pakistano che ho consegnato alle autorità. Adesso vorrei tanto sapere quale sia stata la sorte di questa persona».
«UNA MANIFESTAZIONE riuscita, unita e plurale. Non era facile. Diecimila testimoni del popolo dell’umanità, espressione anche delle 40 associazioni che hanno depositato un esposto in procura a Crotone. Ma oggi è solo il primo passo. Adesso bisogna costruire una grande manifestazione nazionale», annuncia Filippo Sestito dell’Arci. Arrivederci a Roma