Venerdì a Fiumicello (Ud) le esequie private. Intanto nel Parlamento Ue c'è chi minimizza: Elmar Brok, presidente commissione esteri, definisce l'omicidio «un incidente come tanti»
Nell’accavallarsi di particolari sulla morte di Giulio Regeni, notizie e smentite, sono poche le cose certe. Innanzitutto, dopo la conclusione dell’esame autoptico che si è protratto nella notte tra sabato e domenica, ieri la procura di Roma ha rilasciato il nulla osta per la sepoltura delle spoglie. La salma sarà dunque trasferita su un carro funebre (e non su un aereo militare, come riportato da alcuni organi di informazione) da Roma a Fiumicello (Ud) domani o dopodomani, mentre il funerale si terrà venerdì alle ore 14, ma non sarà di Stato, perché così ha deciso la famiglia Regeni. «Non sarà allestita alcuna camera ardente e le esequie, religiose, saranno aperte a tutti, autorità comprese, ma senza seguire alcun cerimoniale ufficiale – riferisce al manifesto il sindaco di Fiumicello, Ennio Scridel -. La cerimonia si terrà nella palestra comunale, perché la chiesa del paese è troppo piccola per accogliere tutti».
In molti, infatti, tra i tanti amici parenti e colleghi di Giulio, si stanno organizzando da vari punti del mondo per raggiungere il piccolo paese friulano che domenica si è stretto in un abbraccio simbolico alla famiglia Regeni dichiarando il lutto cittadino e chiedendo, con una fiaccolata molto partecipata, che sia fatta giustizia e venga appurata la verità vera sul barbaro omicidio.
E di macabri particolari si arricchiscono le cronache, ma non tutti sono confermati. Ieri «fonti investigative qualificate» dell’Ansa rivelavano dettagli terrificanti delle sevizie subite dal giovane ricercatore che sarebbero emerse dall’autopsia
– «entrambe le orecchie mozzate nella parte alta», «decine di piccoli tagli su tutto il corpo, anche sotto la pianta dei piedi», «un’unghia della mano e una del piede strappate» – ma la procura di Roma, che sta indagando per omicidio contro ignoti, non conferma completamente e tiene invece il massimo riserbo sui dettagli «per evitare di inficiare le indagini». Resta però confermato che la morte, dopo la tortura, è stata causata dalla frattura di una vertebra cervicale, che ha determinato la rottura del midollo spinale e una crisi respiratoria.
In ogni caso, non dovremo aspettare tutti i 60 giorni legalmente a disposizione del collegio di medici legali per avere le notizie ufficiali: il professor Vittorio Fineschi, anatomopatologo del Policlinico Umberto I che ha diretto il pool di esperti nell’esecuzione dell’autopsia, consegnerà infatti forse già domani stesso la sua prima relazione al pm Sergio Colaiocco, titolare del fascicolo, il quale conta di ricevere in una decina di giorni anche le prime informazioni biologiche e tossicologiche dalle analisi dei campioni prelevati sul corpo di Regeni.
Intanto però le indagini sono state avviate con celerità, almeno sul versante italiano, con un pool di inquirenti che ha immediatamente raggiunto Il Cairo e sta lavorando in cooperazione con il procuratore generale egiziano. Il pm Colaiocco invece ha ascoltato alcuni amici e i genitori di Giulio, Claudio Regeni e Paola Deffendi, ai quali non risultava – avrebbero riferito – che il figlio temesse per la propria incolumità, anche se era consapevole di trovarsi in una situazione difficile e in un Paese a rischio, soprattutto nei giorni dell’anniversario dell’insurrezione di piazza Tahrir, come d’altronde testimoniava nei suoi articoli.
Infine, un’altra smentita arriva dalla Farnesina: «L’ambasciatore d’Italia in Egitto, Maurizio Massari, non ha mai dichiarato, in nessuna circostanza, che Giulio Regeni “è stato ucciso perché gli egiziani lo consideravano una spia” – fa sapere il ministero degli Esteri – ed è pertanto del tutto estraneo al virgolettato riportato arbitrariamente» da un quotidiano romano.
I fatti, dunque, sono ancora tutti da accertare. Ma la tentazione di accontentarsi delle versioni ufficiali che scaricano di ogni responsabilità la polizia egiziana investe anche l’Unione europea: «Per il presidente della commissione esteri del Parlamento europeo Elmar Brok (recentemente in visita istituzionale al Cairo,ndr) il barbaro omicidio di Giulio Regeni in Egitto sarebbe soltanto un incidente come ne capitano in altre nazioni. Una dichiarazione, riportata dalla Reuters, quanto meno inopportuna – commenta il vicepresidente della commissione Esteri della Camera Erasmo Palazzotto di Sinistra italiana – che rischia di indebolire gli sforzi per chiedere verità e giustizia per Giulio».
Una protesta sollevata anche da Fabrizio Cicchitto (Ap), presidente della commissione Esteri della Camera. Palazzotto però annuncia anche «un’interrogazione al ministro degli Esteri per chiedere immediatamente una reazione da parte del governo. Non accetteremo di immolare la richiesta di giustizia sull’altare dell’opportunismo politico».