Per ovviare alla crisi energetica nazionale, Ravenna ospiterà un rigassificatore. Una nave di 300 metri di lunghezza, acquistata dalla Snam e fatta arrivare dall’Egitto, sarà attraccata a 8 chilometri dalla costa presso una piattaforma offshore già esistente davanti a Punta Marina. Pomperà all’anno 5 miliardi di metri cubi di gas naturale (che da liquefatto passerà a gassoso, sfruttando il calore dell’acqua marina) nei gasdotti nazionali, attraverso 35km di nuovi condotti costruiti intorno alla città – plausibilmente entro il 2025 (i progettisti calcolano il varo dell’opera nel settembre 2024). Si parla dell’8% circa del fabbisogno nazionale: il consumo di gas naturale nel 2021 si è assestato a 76 miliardi di metri cubi.
I toni sono stati perlopiù trionfalistici. In regione ci si è galvanizzati per la velocità dell’iter burocratico: “Abbiamo dimostrato come in 120 giorni si possa autorizzare un impianto energivoro per cui in media si aspettano 10 anni”, ha commentato l’assessore regionale allo sviluppo e alla green economy Vincenzo Colla.
A Ravenna, la maggioranza dei favorevoli in sede di votazione in consiglio comunale è stata schiacciante (unico astenuto, Ancisi). Durante la serata di presentazione del progetto, lo scorso 11 ottobre, le autorità hanno sottolineato l’urgenza della congiuntura energetico-economica e – solleticando l’orgoglio cittadino – non hanno mancato di ricordare come “il know how più avanzato nel campo dell’oil & gas” possa dare nuovo smalto alla città.
Ravenna, con grande senso di responsabilità nazionale, si sobbarca della presenza di un nuovo, “ultraverificato” impianto a gas; in cambio si promettono compensazioni ambientali ed economiche per il territorio. Si è citato naturalmente anche il progetto eolico-solare Agnes: tuttavia, nell’immediato, il gas pare di fatto irrinunciabile. Nessuna transizione ecologica senza energie fossili.
Spazio per altre discussioni pubbliche non c’è stato, e credo sia doveroso porsi qualche pacata domanda. Ad esempio: se il rigassificatore è presentato come misura emergenziale, perché la concessione del progetto arriva al 2050? Il commissario straordinario Giani, omologo di Bonaccini per il rigassificatore di Piombino, non vuole una concessione superiore a tre anni: per quale motivo? Anche la nave di Piombino arriverà da noi, scaduta la concessione? Perché velocizzare questo progetto, a scapito di impianti rinnovabili fermi negli uffici ma usati, ancora una volta, come foglia di fico?
Inoltre, mi pare che nella rincorsa alle emergenze di cui è fatta la nostra politica, si perda di vista il problema davvero fondamentale, per ovvie ragioni climatiche: che non è tanto l’affrancamento dal gas russo, ma l’affrancamento dalle fonti fossili (o, meno utopisticamente, una loro riduzione) tout court. Se non cambiamo modello energetico, da qui a 100 anni, Ravenna potrebbe non avere più le coste da “ricompensare”. E ancora si parla di estrazioni in Adriatico; e ancora si parla di tutela dei lavoratori, creando un conflitto fittizio fra ambiente e lavoro che, realisticamente, oggi le energie rinnovabili potrebbero risolvere.
Ma veniamo a noi. Conoscendo le posizioni ecologiste di Ravenna Coraggiosa, mi ha stupito non poco il loro voto favorevole sul rigassificatore in Consiglio comunale. Piccola ma doverosa precisazione: in commissione urbanistica prima, e in consiglio comunale poi, è stata votata solo la variante urbanistica per la parte a terra del progetto complessivo, che invece non è stato sottoposto a votazione negli enti locali in quanto ritenuto di importanza strategica nazionale dal governo.
Ne ho parlato con Luca Cortesi, consigliere comunale per Ravenna Coraggiosa, per dissolvere qualche dubbio e per capire le ragioni del loro voto.
Siete preoccupati per le ricadute ambientali del rigassificatore?
«Pur essendoci stata una procedura straordinaria, per la quale il commissario ha evitato la valutazione dell’impatto ambientale solitamente prevista per questo tipo di interventi, nella Conferenza dei Servizi tutti gli enti preposti, inclusi l’Ente Parco del Delta, Arpae e Vigili del Fuoco, hanno garantito una sicurezza dal punto di vista ambientale, sia per quanto riguarda la temperatura dell’acqua nelle zone immediatamente circostanti, sia per la quantità di cloro immesso (necessaria al riscaldamento del gas naturale liquefatto). Naturalmente c’è un ragionamento più ampio da fare circa l’impatto ambientale del rigassificatore, e prescinde dal caso di Ravenna. Prelevare il gas, portarlo a meno 200 gradi, trasportarlo su nave e poi rigassificarlo: tutto questo processo ha indubbiamente costi ambientali e non si può definire ecologico».
Attraverso il rigassificatore si pensa di tamponare alla mancanza di gas che prima della guerra importavamo dalla Russia, ma noi facciamo una concessione che dura 25 anni. Che cosa significa emergenza in questo caso? Senza contare il fatto che per la realizzazione si parla di settembre 2024 – il che cozza alquanto con l’aspetto emergenziale su cui si è insistito tanto: la geopolitica cambia in fretta.
«Esatto. Abbiamo presentato osservazioni durante la fase istruttoria alla regione. Il gas russo o viene a mancare, o scegliamo di non volerlo più importare, per cui è necessario trovare altre fonti energetiche in fretta. Abbiamo sempre ribadito che la priorità sul lungo periodo deve essere sulle rinnovabili. La realizzazione del rigassificatore non deve cambiare l’impegno a una conversione pulita; e più che mettere date nero su bianco abbiamo chiesto e ottenuto che ogni due anni si faccia una seria valutazione sulla persistenza o meno dei fattori emergenziali e si agisca di conseguenza. Inoltre, durante la seduta in consiglio abbiamo fatto approvare un ordine del giorno in cui abbiamo ribadito la necessità che questa infrastruttura sia temporanea; perché, se è un progetto emergenziale, allora deve essere reversibile. Diversamente, l’ipotesi di rigassificatore in porto, come avviene a Piombino, sarebbe stata impraticabile per noi. Abbiamo inoltre chiesto che ci si impegni a una verifica per il 2030, anno preso simbolicamente come data per un passaggio all’ecologico (pensiamo alla famosa Agenda 2030). Nel 2030 si faccia una ricognizione puntuale sull’efficacia e sull’effettiva necessità di mantenere attivo il rigassificatore, perché una concessione a 25 anni è davvero un lungo periodo».
Non compatibile, almeno per trasparenza morale, con l’uso del termine emergenziale: mi pare anzi più una scelta strutturale.
«La crisi ucraina avrà ripercussioni per i prossimi anni, tant’è che abbiamo ribadito più volte che il principale obiettivo da raggiungere è la pace, primo elemento di “sostenibilità universale”. Questa emergenza è anche dovuta, indirettamente, alla totale mancanza di un piano energetico nazionale. Non c’è mai stato. C’è da dire però che, nel momento in cui dovesse essere svantaggioso acquistare il gas per il rigassificatore e convenisse maggiormente produrre energia con le rinnovabili, la sua necessità verrebbe a mancare da sé».
Il quel caso però sarebbe il mercato a scegliere la nostra politica energetica. Parliamo degli strumenti di compensazione: nel caso di Piombino, il presidente della Regione Toscana e commissario straordinario Eugenio Giani ha rifiutato la concessione a 25 anni (che pare sia invece di 3 anni e 9 mesi) e in un memorandum ha richiesto un taglio sulle bollette degli abitanti di Piombino di almeno un 50% per tre anni. Ravenna cosa ha chiesto?
«Su questi aspetti si è fatta molta demagogia, che non appartiene alla nostra cultura politica. Valuteremo nell’interlocuzione col governo, di cui ci fidiamo poco. Sugli sconti in bolletta e sulla durata della concessione di Piombino, che devo verificare, non credo che il governo abbia già deciso. In ogni caso, anche il sindaco Michele de Pascale ha ribadito che il metro usato dal governo per risarcire Piombino deve essere uguale a quello che sarà usato per Ravenna. Questa però è una decisione che spetta al governo. Per quello che abbiamo potuto, abbiamo lavorato sulle mitigazioni alle opere a terra e sulle compensazioni ambientali e territoriali, da riconoscere a fronte dell’ennesima assunzione di responsabilità di un territorio come il nostro. Per Ravenna si parla della piantumazione di una nuova parte di pineta in via dell’Idrovora, fra Punta e Marina; del completamento della ciclabile fra via Trieste e via Canale Molinetto con il raccordo con via delle Americhe; e infine della sistemazione del viale principale di Punta Marina. Non mi sembrano impegni da poco. Su un altro piano starà il ragionamento sulla scontistica in bolletta: quella è una decisione che spetta al governo, come già detto».
Un’altra questione emersa nel dibattito è stata quella dell’eventuale impatto turistico del rigassificatore: a 8 chilometri dalla costa la nave sarà ben visibile in tutto il litorale. Cosa ne pensi?
«Indubbiamente avrà un impatto visivo, ma è anche vero che siamo in un contesto litoraneo in cui piattaforme, qua e là, già ce le abbiamo. E proprio per questo dobbiamo lavorare per diminuire la presenza di impianti, a cominciare da quelli sotto costa. Tuttavia, al di là di questo aspetto, il fatto che sia su nave e reversibile fa sì che questo rigassificatore abbia un impatto minore. Non si tratterà di smantellare una piattaforma intera, procedimento alquanto problematico: il rigassificatore avrà una dismissione ben più rapida e veloce».
Il nostro presidente dell’Autorità Portuale, durante la presentazione del progetto lo scorso 12 ottobre, ha detto che il rigassificatore non è sufficiente, e che bisogna – cito – “tornare a discutere di estrazioni del gas in Adriatico”. In vista di un plausibile futuro in cui si tornerà, per l’ennesima volta, a parlare di estrazioni, come si pone Ravenna Coraggiosa?
«Abbiamo già detto che, viste le attuali contingenze geopolitiche, la possibilità di continuare a estrarre nei pozzi esistenti (o eventualmente aprirne altri a compensazione di quelli già esauriti), è possibile solo a patto di rispettare il PiTESAI (Piano della transizione energetica sostenibile delle aree idonee, N.d.R.) approvato dal ministero della Transizione Ecologica Cingolani dello scorso governo, assolutamente oltre le 12 miglia. La subsidenza ci preoccupa molto – unita agli eventi climatici avversi e all’innalzamento del livello del mare da riscaldamento globale, ci preoccupa ancor di più. Non condividiamo affatto la possibilità di tornare a ragionare sull’ipotesi di estrarre fino alle 9 miglia, come pare abbia intenzione di fare questo governo. Senza le valutazioni ambientali sull’effettivo impatto che l’estrazioni possono avere fra le 9 e le 12 miglia, siamo fermamente contrari. Si è già dimostrato l’impatto sull’erosione costiera della piattaforma Angela Angelina a Lido di Dante – e continuiamo a ribadire che si chiuda e si smantelli al più presto quella piattaforma. Anche nella situazione in cui il gas naturale si renda necessario per evitare fonti più inquinanti, come il carbone, pensiamo che le estrazioni debbano essere fatte tenendo ben presenti i limiti ambientali delle coste e che siano fatte valutazioni serie sul loro impatto ambientale. L’altro aspetto importante è questo, e abbiamo presentato un ordine del giorno su questa questione due settimane fa: per il rigassificatore si è fatto un commissario straordinario, vista l’emergenza; si faccia allora un commissario straordinario anche per il progetto Agnes».
Ecco, punto interessante. Mi ha stupito molto vedere il vostro voto favorevole sul rigassificatore. Mi piacerebbe capire meglio quali sono state le vostre valutazioni politiche, proprio tenendo conto che abbiamo nel cassetto un progetto sulle rinnovabili come Agnes, che mi pare guardi al futuro molto più di questo.
«Assolutamente. Abbiamo ribadito più volte in consiglio comunale che si tratta di un fatto di logica: da una parte c’è bisogno di investire per una maggiore produzione energetica nazionale, dall’altra abbiamo un progetto del genere, che usa l’eolico, il fotovoltaico galleggiante e la produzione di idrogeno da acqua di mare, fermo per una serie di passaggi burocratici. Cerchiamo di velocizzare anche questo: perché uno sì e l’altro no? A maggior ragione pensando all’impatto ambientale: il futuro va verso quella tecnologia, perché non aiutarla come abbiamo fatto per il rigassificatore?»
Mi sembra che questa decisione sia la plastica rappresentazione del fatto che, quando c’è volontà politica, un progetto complesso come il rigassificatore possa essere messo in campo piuttosto velocemente – soprattutto pensando ai tempi di realizzazioni italiani.
«Si è detto che il nostro territorio ha una grande esperienza nel settore offshore; esperienza che ancora non c’è sulle rinnovabili. Ma perché non lavoriamo per far sì che ci sia? Anche i sindacati sono favorevoli alle estrazioni e al rigassificatore: ci sono in ballo posti di lavoro e un indotto notevole. Tutto vero: ma si possono creare posti di lavoro anche con le rinnovabili!»
A che punto è il progetto Agnes?
«Sta seguendo i normali tempi di legge, che per il rigassificatore sono stati snelliti e accelerati. Ma anche per questo progetto l’impulso politico per dare una concreta svolta all’iter burocratico deve arrivare da Roma. E obiettivamente, sospetto che questo governo non abbia grande interesse a investire sulle rinnovabili».
Per quanto riguarda l’utilità del rigassificatore, ho letto che si parla di una produzione di 5 miliardi di metri cubi di gas all’anno. In Italia ne abbiamo consumati, nel 2021, 76 miliardi, dati Snam. Quanto inciderà questo rigassificatore per l’economia italiana?
«Incide dal momento in cui va a ridurre la quota di gas importato dalla Russia, immettendo in rete gas importato da altri paesi. Tuttavia non è grazie a questo rigassificatore che si risolverà il problema energetico nazionale. Si rischierà di tornare al punto di partenza: bisogna trovare un’altra strada che non può essere solo importare o trivellare il gas, ma avere fonti energetiche diverse – che non siano il carbone o il nucleare, per il nostro modo di vedere, e che puntino di più sulle rinnovabili. Anche con l’aumento delle trivellazioni fra le 9 e le 12 miglia, si passerebbe dagli attuali 3,3 miliardi di metri cubi annui a 6: numeri molto bassi rispetto al 76 di cui sopra, ma che rischiano di avere un impatto ambientale molto alto».
Dopo il vostro voto favorevole in giunta, ci sono state reazioni dai vostri elettori? Non vi sentite in imbarazzo ad avere avallato questo progetto?
«Sicuramente ci sono state reazioni negative. Su questi temi c’è molta polarizzazione anche nella nostra base; e sarebbe strano il contrario, dato che nel contesto ravennate il tema del metano è molto sentito. In una maggioranza ancora molto ancorata al ruolo del metano nella transizione, abbiamo cercato di creare una traiettoria verso un cambio di passo, misurandoci anche con provvedimenti per noi scomodi. Abbiamo cercato di chiedere modifiche, correzioni, garanzie su questo progetto; ed è vero che, anche a livello regionale, la giunta, in cui era presente Coraggiosa, lo ha approvato. Certamente nella nostra decisione ha giocato anche questo aspetto. Difendo la nostra decisione, ma abbiamo sicuramente sbagliato a non organizzare un incontro pubblico di Coraggiosa per confrontarci sul tema e condividere la strategia. Avremmo potuto coinvolgere maggiormente la base elettorale. Ma c’è da dire che è mancato, in generale, un processo di partecipazione della cittadinanza. A parte l’incontro a Palazzo dei Congressi non c’è stato un momento di discussione pubblico promosso dal Comune, e forse si sarebbe potuto e dovuto fare».
Se dovessi spiegare la vostra posizione a un critico di questo progetto, come la giustificheresti?
«Il primo aspetto è il carattere emergenziale del progetto. La nostra volontà politica è di non arretrare di un passo sull’urgenza delle rinnovabili, e un rigassificatore non toglie forza nel portare avanti questo discorso. L’altro aspetto della nostra decisione interessa la reversibilità di quest’opera. Per quanto riguarda la parte a terra del progetto, che avviene in profondità, non c’è la necessità di abbattere piante di alcun tipo e anche grazie al nostro lavoro abbiamo ottenuto la tutela delle aree naturalistiche. L’impatto della centrale a terra di via dell’Idrovora, grazie alle piantumazioni, verrà fortemente mitigato. Rimane la parte a mare, certamente: ma proprio perché avviene su nave, a distanza dalla costa, ha una reversibilità indubbiamente maggiore».
È notizia di qualche giorno fa che la nave rigassificatrice di Piombino potrebbe essere collocata a Ravenna, una volta giunta a termine la concessione in Toscana.
«Al momento non ci sono state dichiarazioni della regione e della giunta, ma esprimiamo già forte preoccupazione e contrarietà a una ipotesi di questo tipo, che andrebbe a creare uno squilibrio territoriale evidente, in termini di impatto, e distoglierebbe ancora di più dalla necessità di puntare al settore delle rinnovabili. Rischiamo di ritrovarci due navi rigassificatrici e una ripresa generalizzata di tutte le estrazioni; il rilascio di nuove concessioni anche dalle 9 alle 12 miglia; di non fare nessun passo verso la dismissione di Angela Angelina, o verso la disattivazione delle piattaforme su pozzi esauriti (settore che, parlando di lavoro, già oggi potrebbe impiegare operai nello smantellamento e nel ripristino ambientale); di trovarci nuovi impianti di cattura stoccaggio di anidride carbonica e nessun impegno concreto sulle rinnovabili. Troppo per qualsiasi territorio, anche il più responsabile».