E la mancanza di acqua mette a rischio anche il Natale: in pericolo le piantagioni di abeti
In Italia il 2022 è l’anno più caldo e arido di sempre: a indicarlo sono i dati pubblicati ogni mese dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Isac-Cnr). Il mese che si è appena concluso, luglio 2022, ha fatto infatti registrare un +2,26 gradi sopra la media italiana dal 1800 (da quando, cioè, vengono rilevati i dati) ad oggi e nel complesso i primi sette mesi dell’anno fanno registrare un +0,98 gradi relativo alle temperature medie. Se si guarda invece solo alle temperatura massime, l’anomalia è pari a +1,34 gradi, che diventano +1,78 gradi nelle regioni settentrionali, proiettando di fatto la Pianura Padana in uno scenario distopico di ciò che sarà la normalità invivibile in uno scenario di mancato rispetto dell’Accordo di Pagiri. «Luglio 2022 si registra come il secondo luglio più caldo da quando vengono realizzate le misurazioni, secondo solo al 2003, così come lo sono stati anche maggio e giugno» ha spiegato all’Ansa Michele Brunetti, ricercatore Isac-Cnr.
Analizzando i primi sette mesi dell’anno, però, i dati evidenziano come il 2022 abbia fatto registrare medie molto alte in tutti i mesi, proiettandosi al momento come l’anno italiano più caldo di sempre. «Ciò non vuol dire però che lo sarà realmente, perché se nei prossimi mesi le medie mensili dovessero scendere, anche quella annuale scenderebbe» ha precisato il ricercatore del Cnr.
Almeno fino a dicembre, quindi, a guidare la classifica degli anni più caldi in Italia dal 1800 è ancora il 2018, con un’anomalia di +1,58 gradi sopra la media di riferimento: un peso rilevante, va ricordato, lo ebbero in quel caso un inverno e una primavera oltre ogni limite, in particolare i mesi di gennaio con +2,37 gradi rispetto alla media e aprile, il più caldo di sempre, con +3,5 gradi sopra la media.
Nel presentare i dati e le proiezioni relative al clima, il Cnr ha reso pubblici anche le informazioni relative alle precipitazioni, evidenziando – ma chiunque abbia vissuto in Italia da gennaio a luglio lo sa – che il 2022 è stato anche l’anno più arido di sempre. A guidare finora la classifica di anno più siccitoso della storia italiana è ancora il 2017, ma i primi 7 mesi del 2022 hanno finora fatto registrare dati cumulativi, ossia la quantità complessiva di piogge accumulate, molto inferiori a quelli di 5 anni fa: più in generale, nel 2022 c’è sta circa la metà delle piogge registrate mediamente in Italia negli ultimi 30 anni e il fenomeno è piuttosto accentuato al Nord. «Abbiamo un -46% di precipitazione cumulata da inizio anno a fine luglio per l’Italia rispetto agli accumuli medi sul trentennio 1991-2020. Per il momento il 2022 resta l’anno più siccitoso dal 1800 ad oggi» ha spiegato sempre Michele Brunetti. La riduzione maggiore ha colpito il Nord Italia, che ha segnato un -52% della precipitazioni, leggermente inferiore invece al Centro-Sud con -42% rispetto agli accumuli medi.
E poiché la siccità è un problema visibile i cui effetti negativi sono immediati, ad esempio sulle colture agricole («Aver visto il Po in secca e vedere qui i campi di mais arsi dal sole è davvero un grande colpo al cuore. È chiaro che ci troviamo di fronte a grandi cambiamenti climatici e questo è uno degli effetti» ha commentato ieri la presidente del Senato Casellati, in visita nel Polesine), il consiglio dei ministri che si è concluso nella notte tra giovedì e venerdì ha deciso di rispondere all’emergenza sbloccando duecento milioni di aiuti. Un finanziamento – nell’ambito del decreto aiuti – che non sarebbe una cifra congrua per il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, che in un intervista ieri a Radio 24 ha ricordato che «il fondo di solidarietà nazionale agisce ex post, cioè prima si deve attendere la fine dello stato di calamità e quindi dell’evento calamitoso, poi si interviene». Secondo stime diffuse da Coldiretti, i danni per il settore ammonterebbero complessivamente a circa 6 miliardi di euro. E la siccità, secondo l’organizzazione contadina, metterebbe a rischio anche il Natale: «La gravissima situazione di questi ultimi mesi si è abbattuta anche in alcune zone montane della provincia di Arezzo e a Montemignaio le piantagioni di abeti ornamentali ad uso natalizio sono disseccate».