«Una situazione totalmente inaspettata, assolutamente inaudita», ha detto Jean-Luc Mélénchon, domenica sera, sul palco dell’Élysée Montmartre, una sala spettacoli a due passi dal Sacro Cuore, nel nord di Parigi. Al suo fianco, si tenevano in piedi un rappresentante di ogni partito che compone la Nupes, la «Nuova unione popolare, ecologista e sociale», ovvero l’alleanza delle sinistre francesi: insoumis, ecologisti, socialisti e comunisti. Un’unione anch’essa «inaudita» fino a poco tempo fa, costruita sulla base di un programma comune e dei candidati unici per le legislative.
Davanti al logo della Nupes (il «nu» greco), Mélenchon ha celebrato il risultato della coalizione: 142 deputati e deputate, più 13 dei «dipartimenti d’oltremare» etichettati a sinistra. La coalizione intorno a Macron, Ensemble, si è fermata a 246, molto lontano dalla soglia dei 289 necessari per la maggioranza assoluta: «La disfatta del partito presidenziale è totale», ha proseguito il leader della France Insoumise.
L’entusiasmo del pubblico stipato in sala e fuori non è durato a lungo, dissolvendosi mano a mano nel flusso di turisti e con il precisarsi dei risultati. Certo, le forze della sinistra hanno più che raddoppiato i propri deputati, rispetto alla sessantina di parlamentari eletti nel 2017. Certo, Macron non ha la maggioranza assoluta, e sarà costretto a venire a patti con un parlamento totalmente ignorato in questi cinque anni. Tuttavia, quello della Nupes non è stato uno sfondamento, ma piuttosto una decisa progressione; la soglia simbolica dei 200 eletti non è stata raggiunta, nonostante le speranze dei leader della coalizione; irraggiungibile si è mostrata l’agognata maggioranza e il sogno di imporre un governo di sinistra a un presidente di centro tendente a destra.
I DATI ELETTORALI sono anch’essi agrodolci. In linea col voto di aprile per le presidenziali, la sinistra conferma l’en plein di consensi nelle aree urbane, soprattutto – e non è poco – nei quartieri popolari delle grandi città, arrivando anche a spodestare monopoli che sembravano inamovibili, come nella 5a circoscrizione della Seine-St-Denis, una delle banlieues parigine, dove l’insoumise Raquel Garrido ha battuto Jean-Christophe Lagarde, centrista alleato di Macron ed eletto ininterrottamente dal 2002.
LA NUPES HA MESSO in crisi alcune figure di punta del governo, come l’ex-ministro degli Interni Christophe Castaner, il presidente della Camera Richard Ferrand, o la ministra Amélie de Montchalin, tutti battuti da candidati della sinistra al ballottaggio.
A questi successi fanno da contraltare un’astensione massiccia (53.7%) e lo sfondamento – quello si – dell’estrema destra di Marine Le Pen con il Rassemblement national (Rn). I giovani, che alle presidenziali avevano votato in massa per Mélenchon, non sono andati a votare: 70% dei 18-24 anni si è astenuta. Dal canto suo, il successo del Rn si aggiunge alle percentuali senza precedenti del secondo turno delle presidenziali, dove Marine Le Pen aveva superato il 40% dei consensi. Domenica sera, nel giro di una notte, il Rn è passato da 8 deputati a 89, diventando il primo partito di opposizione del paese (la Nupes è – in teoria – una coalizione di partiti diversi e la France Insoumise ha ottenuto ‘solo’ 72 seggi).
IL SUCCESSO DEL RN è inaspettato, «inaudito» anch’esso, poiché fino a oggi, il «fronte repubblicano» aveva tenuto i frontisti ai margini del parlamento. I partiti, infatti, tendevano a invitare a votare chiunque pur di non far vincere un candidato lepenista. L’imperfetto è d’obbligo, giacché il barrage, la diga antifascista, non esiste più, demolita soprattutto da Macron: su 61 duelli tra un candidato Nupes e uno di estrema destra, «la maggioranza» dei candidati centristi battuti al primo turno ha preferito «rifiutare di dare indicazioni», secondo un’inchiesta di Le Monde. Al contrario, nelle 108 circoscrizioni dove si sono affrontati Ensemble e l’estrema destra, i candidati battuti della Nupes hanno invitato a votare per i macronisti, o almeno a non votare Rn.
Il risultato dell’estrema destra rischia di rubare non solo la scena alla Nupes, ma anche la presidenza della commissione alle finanze della Camera. Anche per questo motivo, Mélénchon ha proposto che la Nupes si strutturi in un unico gruppo parlamentare, ribaltando così l’accordo siglato prima delle elezioni, cioè che ogni partito avrebbe avuto il suo gruppo, e la coalizione un apposito inter-gruppo. Una proposta per ora accolta con freddezza dagli alleati.