INTERVISTA AL PRESIDENTE DI LEGAMBIENTE, STEFANO CIAFANI. «Il governo dovrebbe investire su tutta la filiera: centraline, software, batterie per auto, bus e tir, impianti di riciclo. Di questo non sentiamo mai parlare il ministro Cingolani»
«La presa di posizione del ministro della Transizione ecologica Cingolani, rispetto al voto in Ue sullo stop della vendita dei motori endotermici entro il 2035, è incomprensibile e fa il paio con quello che disse un anno fa quando affermò che la transizione ecologica sarebbe stata un bagno di sangue per l’automotive»: a Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, le parole del ministro non sono piaciute.
Perché la via «gradualista» del Mite non vi convince?
Cingolani dovrebbe avere il coraggio di affrontare un’onda che sta montando: le grandi aziende stanno decidendo da sole quando smettere di produrre i motori endotermici, i cittadini in giro per il mondo si stanno orientando verso le auto a minori emissioni. Se stiamo fermi saremo travolti, se prendiamo coraggio proviamo a cavalcarla. Siamo un paese che, con altri, ha fatto la storia del settore nel secolo scorso, non si capisce perché il ministro
continui a prendere tempo quando tempo non c’è.
L’elettrico utilizza un numero inferiore di componenti rispetto all’endotermico e il 30% di manodopera in meno. C’è un tema occupazione?
I lavoratori del carbone, quelli che facevano Tv col tubo catodico o telefonia analogica hanno ricollocato le proprie competenze sull’innovazione, lo stesso vale per l’automotive. I ministri dello Sviluppo economico, Lavoro e Infrastrutture con il Mite devono organizzare e gestire la conversione di produzioni e professionalità.
C’è il rischio che l’Asia, più avanti su questo terreno, ci sottragga quote di mercato?
Se andiamo avanti con calma, come vuole Cingolani, perdiamo la partita con le produzioni asiatiche e tedesche. Il governo deve lavorare alla filiera: dispositivi, software, rete delle infrastrutture per le colonnine di ricarica. E poi c’è la filiera della mobilità condivisa e pubblica. Si tratta di cambiare modello: i 65 veicoli ogni 100 abitanti non rimarranno tali, si andrà verso il Tpl su ferro o elettrico e la mobilità in condivisione a 2 e 4 ruote, tutto un mondo da costruire con meno veicoli in giro.
Davvero il motore elettrico è green?
Solo se accompagnato dalla rivoluzione energetica. L’Italia dovrà fare quello che ha deciso il governo tedesco con l’obiettivo del 100% da fonti rinnovabili entro il 2035. Per noi si tratta di fare impianti eolici a terra e a mare, fotovoltaici (in primis sui tetti) e agrivoltaico, sfruttare i salti idraulici per l’idroelettrico rispettando le direttive Ue, i moderni geotermici. E poi i pompaggi idroelettrici per stabilizzare la rete, gli accumuli elettrochimici e le gigafactory per stoccare elettricità da sole e vento rilasciandoli quando sole e vento non ci sono. Infine, interventi sulle reti di distribuzione anche perché la maggior produzione sarà nel centro sud, dove c’è più sole e più vento. Così la mobilità elettrica è a emissioni zero evitando l’inquinamento atmosferico locale che, nelle grandi città, deriva dal trasporto privato. E l’Italia è in procedura di infrazione per la direttiva sulla qualità dell’aria.
Non siamo già molto indietro?
Stellantis ha deciso di costruire tre gigafactory per produrre batterie elettriche, una in Molise a Termoli. Anche lo Stato dovrebbe investire su tutta la filiera: centraline; software per relazionare veicoli con colonnine; batterie per auto, bus e tir; impianti di riciclo per le materie a fine vita. Di questo non sentiamo mai parlare Cingolani. Le imprese però si stanno già organizzando: a Catania Enel produce pannelli fotovoltaici in un sito che verrà ampliato di 15 volte per produrre 3 gigawatt l’anno di pannelli. A Montalto di Castro si realizzerà un impianto per produrre tracker, i pilastri che permettono ai pannelli di inseguire il sole. A Taranto è in funzione un impianto di riciclo delle pale eoliche e dei pannelli: plastica, vetro, silicio e alluminio riciclati al 100%. Cingolani, invece, sembra culturalmente legato al secolo scorso: 15 giorni fa ci ha parlato della «lobby dei rinnovabilisti» in un paese che conosce le lobby del carbone, del gas e del petrolio.
Quale posizione dovremmo avere in Europa?
Sarebbe opportuno che il governo portasse al Consiglio Ue una posizione che rappresenti l’avanguardia che il paese è in grado di esprimere. Il ministro Orlando su questo è più pragmatico e meno spaventato: utilizziamo, ha detto, gli ammortizzatori sociali e i finanziamenti europei per riconvertire produzioni e professionalità. Mi auguro che l’Italia in Ue si presenti con la posizione di Orlando e non di Cingolani.