L'Italia punta soprattutto a diversificare i fornitori di gas siglando un accordo con l'Algeria per 9 mld di mc/anno in più dal 2023-2024. Ma ci sarebbe altro da fare, secondo l'analisi del think-tank Ecco.
Nella sua ricerca di alternative al gas russo, il governo italiano ha trovato una soluzione in Algeria.
Grazie al nuovo accordo siglato tra Eni e Sonatrach, il mix energetico italiano potrà contare su importazioni crescenti di gas dal Paese nordafricano con 3 miliardi di metri cubi aggiuntivi già nel 2022, arrivando a 9 miliardi di metri cubi/anno nel 2023 e più probabilmente nel 2024 attraverso il gasdotto TransMed.
Eni, in una nota, sottolinea che (corsivi e neretti nostri) “i nuovi volumi di gas oggetto dell’accordo sono anche frutto della stretta collaborazione nello sviluppo di progetti upstream a gas che, attraverso il modello fast track distintivo Eni, sta portando un’accelerazione significativa alla messa in produzione del potenziale dei campi algerini”.
Si punta quindi ad aumentare la produzione dei giacimenti algerini in modo da sfruttare maggiormente la capacità di trasporto di TransMed. Nel 2021 (dati MiSE) in Italia sono arrivati circa 21 miliardi di metri cubi di gas algerino che valgono il 29% del totale importato (erano 12 nel 2020), mentre la Russia ha fornito il 40% circa (29 miliardi di mc).
Il premier Mario Draghi, durante la sua visita ad Algeri di lunedì 11 aprile, ha sottolineato che i due governi hanno anche firmato “una Dichiarazione d’Intenti sulla cooperazione bilaterale nel settore dell’energia” e che “l’Italia è pronta a lavorare con l’Algeria per sviluppare energie rinnovabili e idrogeno verde” perché “vogliamo accelerare la transizione energetica e creare opportunità di sviluppo e occupazione”.
Non è dato però sapere come sarà attuato questo impegno green: quali progetti e investimenti, di quale entità, con quali caratteristiche e finalità?
Al momento la strategia italiana contro la crisi energetica è molto focalizzata su come sostituire il gas russo con altro gas, anziché puntare con più velocità sulle tecnologie pulite in linea con il pacchetto europeo Fit for 55.
Le varie opzioni identificate dal Governo per eliminare il gas russo, si legge nella nuova analisi del think-tank italiano Ecco (link in basso), ammontano a un potenziale di sostituzione doppio (59 miliardi di metri cubi) rispetto alle importazioni attuali dalla Russia (29 mld mc).
Esiste quindi un forte rischio “di duplicazione dei costi delle infrastrutture, di intrappolare il sistema italiano nel gas per un lungo periodo (effetto lock-in) ed entrare in contraddizione con gli obiettivi di decarbonizzazione”.
Invece, secondo Ecco, il nostro Paese potrebbe sostituire in modo permanente, da qui al 2025, la maggior parte (80%) del fabbisogno di gas russo attraverso le rinnovabili, il biometano e le misure di efficienza energetica, e coprire il restante fabbisogno usando le infrastrutture gas esistenti come riassume il grafico sotto, tratto dal documento.
Tra le misure di efficienza si considerano soprattutto quelle per elettrificare i consumi finali in edifici e industrie, ad esempio con pompe di calore e isolamento termico.
In sostanza, gli analisti ritengono che “l’inclusione delle misure di efficienza energetica, sommata ai contributi delle rinnovabili e al pieno uso delle infrastrutture esistenti, permetterebbe di diversificare le importazioni di gas russo al 2025 in modo strutturale, riportando in sicurezza il sistema energetico”.