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SANGUE SU SANGUE. Dati Inail: nei primi due mesi del 2022 ben 114 vittime (+9,6%). Boom nel settore «trasporto e magazzinaggio»: casi quintuplicati. Il presidente Bettoni: numeri superiori al periodo pre-pandemia, manca la cultura della sicurezza fin da scuola L’Osservatorio Vega: Toscana regione più colpita

 

Una manifestazione per denunciare i troppi morti sul lavoro davanti a Montecitorio - LaPresse

Aumentano i morti e ancor di più gli incidenti sul lavoro. I dati ufficiali dell’Inail sul primo bimestre del 2022 sono «preoccupanti». Sono state 121.994 – +47,6% rispetto allo stesso periodo del 2021 – le denunce di infortunio arrivate all’Inail, 114 delle quali con esito mortale (+9,6%). In aumento anche le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 8.080 (+3,6%).

I morti sono 10 in più rispetto ai 104 registrati nel primo bimestre del 2021 e 6 in più rispetto ai 108 del periodo gennaio-febbraio 2020. A livello nazionale i dati rilevati al 28 febbraio di ciascun anno evidenziano per il primo bimestre del 2022 un incremento rispetto al pari periodo del 2021 solo dei casi in itinere, passati da 19 a 29, mentre quelli avvenuti in occasione di lavoro sono stati 85 in entrambi i periodi. Secondo l’Inail «l’aumento ha riguardato solo il settore industria e servizi (da 84 a 100 denunce), mentre l’agricoltura scende da 15 a nove casi».

PIÙ PRECISA L’ANALISI dell’Osservatorio sicurezza Vega secondo il quale è il settore «trasporto e magazzinaggio» a registrare un vero boom nei decessi: «sono 13 mentre erano 2 nel primo bimestre del 2021». Dello stesso tenore anche la variazione delle denunce di infortunio nel settore «trasporto e Magazzinaggio«: sono 11.225 a fine febbraio 2022, ma erano 3.191 a fine febbraio 2021 (+252%).

Seguono nella triste classifica dei morti il settore costruzioni con 7 vittime; commercio, riparazione di autoveicoli e motocicli con 5, attività manifatturiere 4, il Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese e Sanità e assistenza sociale con 3.

LA FASCIA D’ETÀ PIÙ COLPITA dagli infortuni mortali sul lavoro è quella tra i 55 e i 64 anni (34 su un totale di 85). Ed è proprio in questa fascia d’età che si rileva anche l’indice di incidenza più alto di mortalità rispetto agli occupati (7,4). Senza dimenticare i casi di ultra settantenni – in età da pensione -, come tre giorni fa a Cerignola.

L’incidenza di mortalità minima è invece nella fascia di età tra 25 e 34 anni, (pari a 1), mentre nella fascia dei più giovani, ossia tra 15 e 24 anni, l’incidenza risale a 4 infortuni mortali ogni milione di occupati.

L’incremento rilevato tra i primi bimestri del 2021 e del 2022 è legato sia alla componente maschile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 97 a 101, sia a quella femminile (da 7 a 13). Molta meno differenza nelle denunce di infortunio: 58.004 quelle di donne, 63.990 quelle dei colleghi uomini.

MAURO ROSSATO, presidente dell’Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega Engineering di Mestre, da qualche tempo produce un analisi che classifica le regioni rispetto al numero di morti e incidenti sul lavoro in rapporto al numero di lavoratori. «A finire in zona rossa al termine del primo bimestre del 2022, con un’incidenza maggiore del 25% rispetto alla media nazionale (pari a 3,7 morti ogni milione di lavoratori) sono Molise, Toscana, Sicilia e Marche. In Zona Arancione: Lombardia, Campania, Abruzzo, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna. In Zona Gialla: Sardegna, Veneto, Puglia e Umbria. In Zona Bianca: Lazio, Friuli, Liguria, Piemonte, Basilicata, Calabria e Valle D’Aosta».

«I PREOCCUPANTI INCREMENTI rispetto al primo bimestre del 2021 impongono una seria riflessione – commenta i dati il presidente dell’Inail Franco Bettoni – . L’andamento degli infortuni nel periodo 2019-2021 – prosegue Bettoni – al netto dei contagi Covid presenta elementi di evidente complessità: nel 2019, in assenza del virus, sono pervenute all’istituto circa 642.000 denunce di infortunio, diminuite a poco più di 423.000 nel 2020 e risalite a quasi 513.000 nel 2021. Effetti sostanzialmente analoghi per gli infortuni con esito mortale. In riferimento ai primi mesi del 2022 si conferma l’urgenza di agire sinergicamente per invertire la rotta. Nel nostro paese – conclude Bettoni – manca ancora una reale cultura della prevenzione che va costruita iniziando dai banchi di scuola, conservandola poi nel tempo con adeguati interventi di informazione e formazione continua per tutti gli attori del ciclo produttivo. Una valida politica di prevenzione, l’interiorizzazione della cultura della sicurezza, non penalizzano l’impresa sul mercato, anzi, possono costituire elemento determinante di affermazione e competitività».