Viminale. Si dimette il capo dipartimento libertà civili e immigrazione. Era stato prefetto a Reggio Calabria dal 2017 al 2019. L’ex sindaco del borgo calabrese: «Quando arrivò in prefettura per noi cambiò tutto»
L'ex sindaco di Riace Mimmo Lucano
«Umanamente mi dispiace per la moglie (Rosalba Bisceglia ndr) perché è una storia di sofferenza che io rispetto anche e soprattutto alla luce del principio di innocenza, che sulla carta dovrebbe valere per tutti», dice Mimmo Lucano dopo le dimissioni del capo dipartimento libertà civili e immigrazione del Viminale Michele Di Bari. L’ex sindaco di Riace lo conosce bene perché dal 2017 al 2019 è stato prefetto a Reggio Calabria e ha gestito il caso Riace. «Le mie critiche sono state sempre di natura politica e le sue dimissioni la dimostrazione che la luce si fa strada da sola».
Lucano, lei non è mai stato tenero con Di Bari. Come giudica le sue dimissioni di ieri?
L’inchiesta che vede coinvolta la moglie è indubbio che abbia creato in lui un qualche imbarazzo da cui pensa di sottrarsi rassegnando le dimissioni. Ma il problema è di natura politica. Troppi misteri si sono annidati nella prefettura di Reggio quando a guidarla era Di Bari. Prima che lui arrivasse, Riace aveva avuto sempre rapporti molto stretti con la prefettura perché era sempre disponibile ad accogliere a tutte le ore i migranti. Un filo diretto tra istituzione e seconda accoglienza che funzionava. Poi, con il cambio al vertice, tutto è iniziato a mutare. La prefettura è diventato luogo ostile, era impossibile comunicare con i funzionari. In quel tempo la notorietà acquisita da Riace era alta e aveva attirato l’attenzione mondiale. Sono iniziate le ispezioni della Guardia di Finanza, dei funzionari prefettizi. Quattro relazioni in poco tempo, due a favore e due contrarie. Una di queste, quella più favorevole dove si descrive il modello di accoglienza di Riace, così come lo raccontava il mondo intero, è sparita. Abbiamo aspettato un anno con incessanti richieste formali dei miei legali prima di poterla leggere per intero. Un giorno mi presentai con padre Zanotelli in prefettura e Di Bari si rifiutò di incontrarci. Mentre fu molto solerte e puntuale nel firmare l’autorizzazione a una manifestazione neofascista a Riace. Portarono le bandiere nere fin sotto al Comune. Una vergogna.
Matteo Salvini ha attaccato duramente la ministra degli Interni. Parla di «disastro Lamorgese» e ne chiede le dimissioni immediate. Che ne pensa?
Penso che è capace di tutto, anche di smentire se stesso. Ma se è stato lui a nominare Di Bari capo dipartimento del Viminale, cosa vuole ancora? Era stato lo stesso prefetto a firmare l’ordine di demolizione della baraccopoli di San Ferdinando. Quando Salvini si presentò con le ruspe c’era al suo fianco proprio Di Bari. È uno scandalo che Di Bari sia stato confermato al vertice del dipartimento Immigrazione anche dai governi Conte e Draghi. Le piaghe del caporalato, del neoschiavismo, delle baraccopoli come Rosarno e Foggia sono i frutti marci di una politica delle migrazioni fallimentare. Io continuo a girare per l’Italia per raccontare Riace. Per parlare degli sfruttati, rievocare Becky Moses, Soumaila Sacko e gli altri martiri della Piana. Perché, malgrado la procura di Locri, il prefetto Di Bari e gli altri personaggi che l’hanno affossata, Riace è per sempre.