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Formule vaghe, come quella sulla carbon neutrality "entro o intorno a metà secolo", una concessione a Cina e India

The Netherlands' Prime Minister Mark Rutte speaks with Britain's Prime Minister Boris Johnson as they...

POOL NEW VIA REUTERS The Netherlands' Prime Minister Mark Rutte speaks with Britain's Prime Minister Boris Johnson as they attend the G20 Summit at the La Nuvola conference centre in Rome, Italy October 31, 2021. Aaron Chown/Pool via REUTERS

Dopo giorni e notti di trattative sulla lotta ai cambiamenti climatici, il dossier più corposo e più a rischio del G20 anche per la concomitanza della Cop26 sull’ambiente che inizia oggi a Glasgow, gli sherpa delle venti maggiori economie del pianeta raggiungono un accordo. Ma a vederlo sembra un ‘accordicchio’, molto di compromesso con le potenze orientali, Cina, Russia, India, più indietro nella transizione. O forse era l’unico accordo possibile. 

In sostanza i G20 vogliono raggiungere la neutralità climatica intorno alla “metà del secolo” e si impegnano a mantenere il riscaldamento globale entro un aumento di 1,5 gradi di temperatura, come chiedono gli accordi di Parigi del 2015, che non indicano una data limite ma parlano di “lungo termine”.

Ecco il testo:

 

Rimaniamo impegnati nell’obiettivo dell’Accordo di Parigi di mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali, anche come mezzo per consentire il raggiungimento dell’Agenda 2030.

Riconosciamo che gli impatti del cambiamento climatico a 1,5°C sono molto inferiori rispetto a 2°C. Mantenere 1,5°C a portata di mano richiederà azioni e impegno significativi ed efficaci da parte di tutti i paesi, tenendo conto di diversi approcci, attraverso lo sviluppo di chiari percorsi nazionali che allineino l’ambizione a lungo termine con obiettivi a breve e medio termine e con la cooperazione internazionale e sostenere, compresa la finanza e la tecnologia, il consumo e la produzione sostenibili e responsabili come fattori abilitanti critici, nel contesto dello sviluppo sostenibile. Attendiamo con impazienza una COP26 di successo.

Ma la neutralità climatica entro “metà secolo” non è la stessa cosa di indicare il 2050, l’obiettivo fissato dai paesi dell’Unione Europea. Scrivere “metà secolo” nelle conclusioni finali del vertice di Roma significa accordare la richiesta di Pechino di poter raggiungere zero emissioni anche nel 2060. Dunque la data esce ‘annacquata’ da questo summit.

In questo sforzo, informati dalle valutazioni dell’IPCC, accelereremo le nostre azioni attraverso la mitigazione, l’adattamento e la finanza, riconoscendo l’importanza fondamentale di raggiungere emissioni nette globali di gas serra pari a zero o la neutralità del carbonio entro o intorno alla metà del secolo e la necessità di rafforzare sforzi globali necessari per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi.

Inoltre i venti si sono ritrovati nella formula dei 100 miliardi di dollari all’anno da mobilitare per sostenere la transizione ecologica nei paesi più poveri. C’è l’impegno a fare di più da parte di “alcuni paesi”, come Italia e Francia, per superare questa cifra, che finora non è mai stata raggiunta, ma non è messo per iscritto. Si tratta infatti di un vecchio accordo risalente al 2009. Finora i ricchi hanno donato ai più poveri meno di 80 miliardi l’anno. Dunque, anche sulla cosiddetta ‘finanza climatica’, la moneta di scambio per convincere i paesi in via di sviluppo a rinnovare le proprio fonti di energia, non ci sono molti passi in avanti.  

Ci impegniamo inoltre ad aumentare i finanziamenti per l’adattamento, al fine di raggiungere un equilibrio con la fornitura di finanziamenti per la mitigazione per affrontare le esigenze dei paesi in via di sviluppo, anche facilitando meccanismi, condizioni e procedure per accedere ai fondi disponibili, adottando strategie, priorità e bisogni nazionali in considerazione. Ricordiamo e riaffermiamo l’impegno assunto dai paesi sviluppati, per l’obiettivo di mobilitare congiuntamente 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 e annualmente fino al 2025 per affrontare le esigenze dei paesi in via di sviluppo, nel contesto di azioni di mitigazione significative e trasparenza sull’attuazione e sottolineare il l’importanza di raggiungere pienamente tale obiettivo il prima possibile. A questo proposito, accogliamo con favore i nuovi impegni assunti da alcuni dei membri del G20 per aumentare e migliorare ciascuno i propri contributi globali di finanziamento pubblico internazionale per il clima fino a 2025 e attendiamo con impazienza nuovi impegni da parte di altri.

Le conclusioni del vertice di Roma contengono anche un impegno a “intraprendere ulteriori azioni” sul clima “in questo decennio”. Si è discusso a lungo sull’indicazione della data per le ulteriori azioni, se scrivere negli anni ’20 o lasciarla indefinita. Alla fine si sarebbe raggiunto un accordo - spiegano fonti diplomatiche - sull’indicazione di “questo decennio”. Anche qui formula vaga.

Come vago è il riferimento all’eliminazione dei finanziamenti alle fonti fossili, tranne che le fonti internazionali di finanziamento per il carbone: non saranno più disponibili per la fine dell’anno.

Aumenteremo i nostri sforzi per attuare l’impegno assunto nel 2009 a Pittsburgh per eliminare gradualmente e razionalizzare, a medio termine, i sussidi ai combustibili fossili inefficienti che incoraggiano lo spreco e ci impegneremo a raggiungere questo obiettivo, fornendo al contempo un sostegno mirato ai più poveri e il più vulnerabile.

(...)

Ci impegniamo a mobilitare finanziamenti pubblici e privati ​​internazionali per sostenere lo sviluppo di un’energia verde, inclusiva e sostenibile e porremo fine alla fornitura di finanziamenti pubblici internazionali per la nuova e ininterrotta produzione di energia dal carbone all’estero entro la fine del 2021.