Non si tratta di una lotta di liberazione: si mette al primo posto il singolo contro gli altri
Basterebbero già gli slogan complottistici, le insinuazioni negazionistiche e soprattutto le parole
apertamente antisemite per far capire quali siano impronta e inclinazione del movimento contro il
pass sanitario. Non è certo un caso che le proteste di piazza vengano presidiate e manipolate da
losche figure dell'estrema destra. Che si tratti di gruppi sparuti, come nelle ultime manifestazioni,
non deve trarre in inganno: il movimento contro il pass, erede diretto di quello anti-mask e antivax,
è in crescita dall'inizio della pandemia e non va sottovalutato. Basta fare un giro nel web per
imbattersi in stelle gialle, assurte oscenamente a emblema di discriminazione di chi non ha voluto
ancora vaccinarsi, o per incontrare il termine Pass scritto con le due SS che evocano il nazismo.
D'altronde si sono già visti i cartelli "no nazi pass". C'è chi crede di difendere la propria libertà
opponendosi alla certificazione verde e nel farlo invoca addirittura i valori della Resistenza.
Proprio perché viviamo in un'epoca di grandi mistificazioni è bene essere chiari. La battaglia contro
il Green Pass è una battaglia reazionaria, una battaglia di destra (se non di estrema destra). E lo è
sotto un profilo filosofico, politico, etico. Non ha assolutamente nulla di emancipatorio – non è una
lotta di liberazione. In tal senso dispiace che voci filosofiche, un tempo punto di riferimento della
sinistra critica, abbiano finito per dare la stura ai covidscettici e che storici come Alessandro
Barbero abbiano firmato l'appello contro il Green Pass. Per quanto mi riguarda, sono iscritta alla
Cgil Università da quando ho cominciato a lavorare e mi aspetto che il mio sindacato, guidato da
Maurizio Landini, non si occupi di fantomatiche discriminazioni, ma dia il proprio indispensabile
contributo per far funzionare al meglio scuola e università in questo periodo difficilissimo.
La battaglia contro il Green Pass è torbida. Molti convinti no-pass sostengono di non essere no-vax.
Il terreno, però, è sdrucciolevole: le loro argomentazioni insinuano subito dubbi sul vaccino e di qui
si passa presto a mettere in dubbio la pandemia. È bene avere dubbi e sollevare domande. Ma
attenzione: credere a tutto e non credere a nulla sono le due facce della stessa medaglia. Dietro la
maschera dell'iperscettico si nasconde l'ipercredulo. Come ha osservato Marc Bloch: «Lo
scetticismo di principio non è un atteggiamento intellettuale più apprezzabile né più fecondo della
credulità, con la quale, d'altro canto, si combina facilmente in molti spiriti sempliciotti». È questo il
problema del complottista, chiuso nel proprio insospettabile dubbio, che è il suo fondamento e la
sua ragion d'essere. Spirito critico o profeta occulto? Libero pensatore, o piuttosto la sua versione
caricaturale?
La battaglia contro il Green Pass è ultraliberista e reazionaria per almeno due motivi decisivi.
Anzitutto mette al primo posto la libertà del singolo contro gli altri – libertà di essere contaminato e
di contaminare, di lasciare che il virus circoli e divenga più pericoloso. Libertà assolutamente
egocentrica e autarchica, per cui il mondo potrà anche finire, gli altri, i più deboli, perire, purché
non vengano toccati i miei diritti individuali. Ma c'è un secondo motivo di solito trascurato: la
battaglia anti-pass non prende di mira né lo Stato, né il potere né, tanto meno, il governo, ma mina
al fondo la dimensione vitale del mutuo soccorso, dell'aiuto reciproco. In questo senso asseconda la
disgregazione sociale provocata dalla pandemia. Vaccinarsi, mettere le mascherine, mostrare il
Green Pass (come avviene quotidianamente per decine di altri documenti) è un atto politico ed etico
di solidarietà verso i più anziani e i più deboli. Chi è di sinistra lo compie con tanta più
consapevolezza.
Attenzione poi al caos concettuale. Qualcuno crede che mobilitarsi contro il Green Pass significhi
essere contro la società del controllo o contro lo stato d'eccezione. Ma denunciare meccanicamente
il biopotere, assurto a emblema del male, può avere esiti grotteschi. E in effetti li ha avuti quando,
nei primi mesi devastanti, mentre i reparti di terapia intensiva erano stracolmi, e occorrevano misure
per proteggersi mutualmente dal virus, c'era chi, proprio come Agamben, indicava nella pandemia
un pretesto di controllo antidemocratico. Sennonché non si può non distinguere la questione del
potere fobocratico e dello stato d'eccezione da quella della protezione reciproca dal virus. Chi non
lo fa si allea con i covidscettici e rischia la deriva reazionaria. Nulla di sinistra – molto di destra.
A essere colpiti dalle proteste antipass non sono i dispositivi di controllo e le telecamere di
sorveglianza ma i centri di cura. È davvero triste vedere questi supposti paladini della libertà
scagliarsi contro i "collaborazionisti", cioè i medici che cercano di informare, il personale sanitario
che ogni giorno lotta contro il virus. E gli antipass non propongono nessuna politica sanitaria
alternativa.
La battaglia contro il Green Pass nasce da un contesto di negazionismo complottistico e da un
immaginario politico untraliberista, antiegualitario e reazionario. Ha fra l'altro il demerito di averci
distolto dagli obiettivi di una politica di sinistra: togliere i brevetti, dare il vaccino ai più poveri,
immunizzare il mondo. Questo infatti avremmo dovuto imparare dalla Resistenza: il mutualismo e
la solidarietà.