Quando alle otto della sera Mario Draghi, dopo nove giorni di consultazioni con suspense, legge la lista dei ministri dentro i telegiornali, le indiscrezioni del pomeriggio vengono in larga parte confermate. E la faticosa composizione della lista dei ministri partorisce un super manuale Cencelli.
Per l’improbo compito di infilare nel governo tutti i partiti che gli voteranno la fiducia, per il dosaggio spinto fin dentro le correnti di partito. Un super Cencelli anche per la divisione tra Mattarella e Draghi nella ripartizione tra ministri tecnici e ministri politici.
Con un elemento evidente di continuità con la compagine del disarcionato governo Conte, rintracciabile nei ministeri di peso (Difesa, Interni, Esteri, Salute).
E un altrettanto evidente elemento di discontinuità con l’ingresso dei ministri tecnici nei ruoli chiave dei due pilastri del Recovery (conversione green e digitale), oltre naturalmente alla poltrona-chiave di via Venti Settembre con Daniele Franco all’Economia. La combinazione della cassaforte ce l’ha Draghi.
E pensare che Mattarella, preso atto delle difficoltà del Conte2, diceva che si era resa impossibile la nascita di un nuovo governo politico, per cui faceva capire che si doveva fare spazio ai tecnici.
In realtà adesso misuriamo quanto fosse una pia illusione o uno specchietto per le allodole.
I tecnici, pur se di alto profilo, come nel caso di Marta Cartabia alla giustizia, numericamente sono la metà degli esponenti politici. Draghi ha dovuto e voluto acconciarsi alle pressioni, e ogni partito ha rivendicato un certo numero di posti.
Se vogliamo trovare un aspetto positivo, oltre la qualità dei tecnici prescelti, questo riguarda la conferma di un sostanzioso numero di rappresentanti del Conte2, un motivo di soddisfazione per l’ex premier di aver lasciato una discreta eredità. Ma è un Conte2 spostato a destra.
Al contrario è fortemente negativa, rispetto a quello che si pensava e si scriveva, la presenza delle donne, che sono la metà degli uomini. Oltretutto le forze di sinistra non sono state in grado, pur avendo ministeri di peso, di esprimere neppure una donna. Vecchia storia, purtroppo.
Ovviamente la destra non può che essere soddisfatta, così come il Pd e Italia viva che esprimono giudizi molto positivi, e anche i 5Stelle portano a casa un discreto bottino pagato con le lacerazioni interne.
La Lega è sicuramente ben rappresentata dal numero due dei neonati europeisti, mentre Berlusconi starà brindando per aver occupato tre caselle pur senza portafoglio.
Nell’interesse del paese naturalmente speriamo che Draghi e la sua squadra facciano un buon lavoro per superare la pandemia, rilanciare l’occupazione e l’economia, per usare al meglio i fondi del Recovery plan. E quindi un giudizio globale e a tutto campo, si potrà dare solo quando li vedremo all’opera, prima di tutto sulla drammatica, esplosiva questione sociale.
Ma al momento la nascita di un governo politico in salsa tecnica, cucito sulle solite pratiche spartitorie, delude, anche se nessuno lo ammetterà, le aspettative dei tanti fan del drago.