Un'analisi e un commento di Elisabetta Piccolotti (Sinistra Italiana Umbria) da "il Manifesto" del 30 ottobre 2019
Peggio dei risultati c’è stato solo il dibattito dopo i risultati. Zingaretti, Di Maio e altri commentatori paiono fattucchiere alla ricerca della formula magica per vincere le elezioni alla prossima. Il ‘Patto Civico giallo-rosso’ continua a trattare l’Umbria non come il soggetto di un riscatto, bensì come l’oggetto di un esperimento coniato a Roma in stanze non affollate, gestito male e raccontato peggio.
Di fronte al clamoroso fallimento elettorale ci aspettavamo un’altra discussione: chi di noi ha fatto campagna elettorale sa quanto sia profonda la crisi che travolge tutti i partiti del patto. Crisi di attivismo, di rapporto con la società, ma soprattutto mancanza di idee.
Il passaggio epocale, quello in cui una terra da sempre rossa viene rovesciata nel suo contrario, arriva dopo un decennio di scelte neoliberiste in un territorio isolato dove le imprese producono per il mercato interno, la cui ricchezza veniva redistribuita grazie a servizi pubblici oggi decimati. In Umbria i giovani se ne vanno, le famiglie non investono più sulla loro formazione, il cemento inutile mangia la bellezza. Ne vogliamo discutere? O snobbiamo i rapporti di Banca d’Italia, dell’Aur (Agenzia umbra ricerche) e di altri che hanno segnalato le difficoltà economiche ?
La tenaglia, tra crisi che cancella opportunità e il Pd che diventa un’unione di comitati elettorali attivi tra primarie ed elezioni, ha convinto gli umbri – a torto o a ragione – che alcuni diritti fossero garantiti solo a chi aveva i contatti giusti.
Non si è ascoltato prima – per non sporcare con la realtà la superbia degli amministratori – e incredibilmente si fa lo stesso anche oggi, dopo che tutto è venuto a galla con lo scandalo giudiziario e la sconfitta. Non sappiamo che per vincere ci vogliono idee guida e un popolo che combatte? Salvini combatte per discriminare gli stranieri e i diversi, promettendo che tutto questo riporterà benessere e diritti laddove non se ne percepiscono più.
I giallo-rossi hanno combattuto per fermare Salvini a Roma, dimenticando persino di regalare agli umbri le più semplici tra le “promesse elettorali”, dimenticando che per vincere devi dire cosa vuoi fare per cambiare la vita di chi dovrebbe votarti. Tutti noi abbiamo persino il dubbio che – al di là della generosità del candidato Bianconi – non si sia voluto combattere: il “patto civico” adagiato nelle cerchie rassicuranti di militanti demotivati e l’altro nelle piazze delle paure e delle delusioni di ogni singolo comune.
Non ne usciremo se la mattina dopo Renzi dice «l’avevo detto io», se Di Maio dice «questa alleanza non funziona e non si deve fare più» e Zingaretti non trova di meglio che replicare «chi bastona il Pd bastona il governo» alludendo a nuove elezioni, o pensando alla catarsi nell’ennesima corsa dei capicorrente nelle primarie.
E non ne usciremo nemmeno se ai tanti a sinistra che ci hanno provato – e ce ne sono molti di più di quanti non risultino dai magrissimi risultati elettorali di Sinistra Civica Verde- non vengono dati gli strumenti indispensabili: un partito nazionale che sia per l’appunto uno strumento e non un fine, luoghi di discussione, risorse economiche per organizzazione e comunicazione, istituzioni democratiche sane.
Il centrismo liberista di Renzi, la presuntuosa ambizione maggioritaria di questo Pd, la crisi di identità dei 5 stelle, la vergognosa frantumazione della Sinistra e l’isolamento altezzoso dei Verdi semplicemente non è un sistema politico per un’offerta potenzialmente vincente, è solo un ammasso di parole scomposte.
Faccio mea culpa: sono tra coloro che ha pensato che l’incontro tra Pd e 5Stelle, con il lievito delle forze minori e del civismo, potesse essere sufficiente a far nascere qualcosa di buono. Non è stato così: è nata solo una gran confusione. Ma il futuro è di chi lavorerà per una nuova organizzazione del sistema politico costruendo lotte, alleanze laboriose e governi avanzati. Per mandare la confusione in frantumi e dare un senso al nostro impegno. O le nostre rosse radici – come accaduto in Umbria – saranno concime per il futuro più nero.
Il passaggio epocale, quello in cui una terra da sempre rossa viene rovesciata nel suo contrario, arriva dopo un decennio di scelte neoliberiste in un territorio isolato dove le imprese producono per il mercato interno, la cui ricchezza veniva redistribuita grazie a servizi pubblici oggi decimati. In Umbria i giovani se ne vanno, le famiglie non investono più sulla loro formazione, il cemento inutile mangia la bellezza. Ne vogliamo discutere? O snobbiamo i rapporti di Banca d’Italia, dell’Aur (Agenzia umbra ricerche) e di altri che hanno segnalato le difficoltà economiche ?
La tenaglia, tra crisi che cancella opportunità e il Pd che diventa un’unione di comitati elettorali attivi tra primarie ed elezioni, ha convinto gli umbri – a torto o a ragione – che alcuni diritti fossero garantiti solo a chi aveva i contatti giusti.
Non si è ascoltato prima – per non sporcare con la realtà la superbia degli amministratori – e incredibilmente si fa lo stesso anche oggi, dopo che tutto è venuto a galla con lo scandalo giudiziario e la sconfitta. Non sappiamo che per vincere ci vogliono idee guida e un popolo che combatte? Salvini combatte per discriminare gli stranieri e i diversi, promettendo che tutto questo riporterà benessere e diritti laddove non se ne percepiscono più.
I giallo-rossi hanno combattuto per fermare Salvini a Roma, dimenticando persino di regalare agli umbri le più semplici tra le “promesse elettorali”, dimenticando che per vincere devi dire cosa vuoi fare per cambiare la vita di chi dovrebbe votarti. Tutti noi abbiamo persino il dubbio che – al di là della generosità del candidato Bianconi – non si sia voluto combattere: il “patto civico” adagiato nelle cerchie rassicuranti di militanti demotivati e l’altro nelle piazze delle paure e delle delusioni di ogni singolo comune.
Non ne usciremo se la mattina dopo Renzi dice «l’avevo detto io», se Di Maio dice «questa alleanza non funziona e non si deve fare più» e Zingaretti non trova di meglio che replicare «chi bastona il Pd bastona il governo» alludendo a nuove elezioni, o pensando alla catarsi nell’ennesima corsa dei capicorrente nelle primarie.
E non ne usciremo nemmeno se ai tanti a sinistra che ci hanno provato – e ce ne sono molti di più di quanti non risultino dai magrissimi risultati elettorali di Sinistra Civica Verde- non vengono dati gli strumenti indispensabili: un partito nazionale che sia per l’appunto uno strumento e non un fine, luoghi di discussione, risorse economiche per organizzazione e comunicazione, istituzioni democratiche sane.
Il centrismo liberista di Renzi, la presuntuosa ambizione maggioritaria di questo Pd, la crisi di identità dei 5 stelle, la vergognosa frantumazione della Sinistra e l’isolamento altezzoso dei Verdi semplicemente non è un sistema politico per un’offerta potenzialmente vincente, è solo un ammasso di parole scomposte.
Faccio mea culpa: sono tra coloro che ha pensato che l’incontro tra Pd e 5Stelle, con il lievito delle forze minori e del civismo, potesse essere sufficiente a far nascere qualcosa di buono. Non è stato così: è nata solo una gran confusione. Ma il futuro è di chi lavorerà per una nuova organizzazione del sistema politico costruendo lotte, alleanze laboriose e governi avanzati. Per mandare la confusione in frantumi e dare un senso al nostro impegno. O le nostre rosse radici – come accaduto in Umbria – saranno concime per il futuro più nero.
Sinistra Italiana Umbria