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Dopo le europee. La sinistra o passa per l’ecologia o non passa. Per farlo deve rivedere le sue priorità. Il caso dell’Ilva parla chiaro: il lavoro al primo posto davanti alla salute

Manifestazione ambientalista a Taranto

 

Dalle elezioni europee emergono alcune evidenze, a cominciare dal risultato de La Sinistra. Mi sembra che al suo esito, così inaspettatamente basso, abbiano contribuito due ragioni. La prima: le sue analisi non sono sembrate convincenti a molti.

E altri, pur condividendole, ma temendo che non raggiungesse il quorum, hanno preferito votare Pd. D’altra parte, mi sembra anche chiaro che se il Pd ha conservato i suoi voti, non è stato per scelte di sinistra, quanto per porre un argine alla Lega.

In altre parole, le ragioni della Sinistra non sono sembrate sufficienti, né in Italia né in Europa. Mentre la salvezza del pianeta, cioè le ragioni dell’ecologia, sono balzate in primo piano, se non in Italia (dove l’incertezza del quorum ha giocato anche contro di loro), in molti paesi europei.

Da questi dati, deriva per me un’altra evidenza: la vita umana, la sua continuazione e le sue condizioni – o per meglio dire la vita tout court – oggi appare come una necessità primaria rispetto alle condizioni di lavoro.

E di qui nasce una riflessione, per me così chiara che mi è perfino difficile argomentarla: oggi la sinistra passa per l’ecologia o non passa. Questo non significa che l’ecologia coincida con la sinistra, perché non è così.

Ma che se la sinistra non abbraccia l’ecologia, cioè le condizioni della vita, umana, animale e vegetale, fornendole il contesto economico e sociale necessario, si perderà in rivoletti antagonisti, come sta facendo in questo momento.

D’altra parte, non penso che l’ecologia possa farcela a cambiare la società senza una visione di sinistra. Oggi, la forza che può contestare la destra, perché le è radicalmente opposta, è una sinistra ecologica, che pone la vita in cima alle sue priorità, accompagnata, ma non preceduta, dal lavoro.

E dunque la sinistra, se vuole tornare nella mente e nel cuore umano, dovrà rivedere le sue priorità. Basta un piccolo esempio: il caso dell’Ilva, che le ragioni dell’ecologia avrebbero chiuso per bonificarla e salvare la vita degli operai e dei loro cari, mentre quelle della sinistra hanno mantenuto in opera per salvare il loro lavoro. Ma dunque, il lavoro dell’operaio non è la sua vita e la vita della sua famiglia? Sì, se non muore di cancro o suo figlio di leucemia.

Di questa semplice realtà ci stanno convincendo, dopo tanti anni, i ragazzi. Non si tratta di un’onda di entusiasmo, o di una voga, o di un folclore. Ma del fatto che le ragioni dell’ecologia, su cui la gente ha scrollato sprezzantemente le spalle fino a ieri, e che di volta in volta la destra o la sinistra hanno finto di accogliere, queste ragioni hanno smesso di essere derisorie quando i figli degli uni e degli altri sono scesi in piazza e hanno detto: di qui non ci muoviamo finché non ci avrete ridato il nostro futuro.

Come mai è bastato? Forse anche perché le ragioni degli altri sono deboli. Sì, le ragioni della destra sono debolissime. La paura degli stranieri? La naturale aggressività umana? La voglia di sicurezza? La volontà di un dio? Dietro queste finte ragioni che la destra istilla come un veleno nelle menti disidratate da internet, social network e televisione, si acquattano, e tutti lo sappiamo, le vere ragioni economiche delle grandi ricchezze, del potere, degli interessi multinazionali, che basterebbe mettere a nudo per capire che le seconde non hanno nulla a che fare con le prime.

Noi siamo costretti a combattere un nemico immaginario (le finte ragioni della destra), proprio come le destre sono obbligate a combattere un nemico immaginario (la minaccia degli stranieri); così come avviene nelle guerre, dove una potenza bombarda i civili dell’altra, che a sua volta ammazza i civili della prima, e gli uni e gli altri uccidono gli inermi, senza mai ferirsi tra loro.

Ma la salvezza del pianeta, della vita, umana, animale e vegetale, è un’altra cosa. E’ qualcosa che finirà per vedere con indubitabile chiarezza chi viene buttato fuori di casa da un terremoto o un’inondazione (una casa che non ritroverà mai, quali che siano le promesse), o fuori dal suo paese dalla siccità (un paese che non rivedrà mai, quali che siano le minacce). Allora non ci saranno né menzogne né promesse a incantarlo, e, forse troppo tardi, capirà l’inganno cieco e torvo in cui è naufragato e urlerà di rabbia e di dolore. Allora guai a chi si troverà sulla sua strada.

Ma se i costruttori, rossi e verdi, lavoreranno insieme e forniranno via via le soluzioni private e pubbliche per recuperare quel che resta della terra, e ristabilire un modo di vivere pacifico e solidale, allora forse i distruttori troveranno pane per i loro molari. E noi sapremo come e per che cosa batterci.