13.04.2019 - Matilde Mirabella
Si è svolta oggi presso l’aula magna Levi dell’Università Statale di Milano la prima Assemblea costituente di FridaysForFuture, il movimento nato sulla scia dell’esempio della giovane attivista svedese Greta Thunberg. Per buona parte della giornata si sono susseguiti sul palco i portavoce di oltre 100 città italiane, grandi e piccole, dove questo movimento si è attivato e sta agendo. Da Torino, Roma, Napoli e Palermo a Fano, Acireale, Ladispoli, Alcamo, Pomigliano (solo per citarne alcune), giovani soprattutto, ma qualcuno anche meno giovane, hanno portato la loro esperienza e hanno espresso le loro necessità e aspettative sulla costruzione di questa nuova realtà che sta cominciando a prendere corpo.
Praticamente unanime la definizione del movimento: pacifista, aperto, politico ma apartitico, consapevole del rischio di manipolazione da parte di “loro” e determinato a portare avanti la lotta, non sono per il futuro proprio ma anche di quelli che verranno dopo. “E che sia chiaro che i problemi del clima nascono da un sistema economico!”.
E’ una nuova sensibilità che sta finalmente emergendo. Una sensibilità che si sta manifestando in un mondo che ne ha grande necessità: una sensibilità che rispetta, protegge, cura. Non la propria nazione, non il proprio orticello, non soltanto i propri esseri cari, ma tutti gli esseri viventi. La giustizia climatica si accompagna alla giustizia sociale perché sono correlate, e i diritti sono diritti di tutti gli esseri. Quindi no agli allevamenti intensivi e no alla deforestazione. No allo sfruttamento nel nome del profitto: “dobbiamo unirci alle lotte dei lavoratori”. No alle grandi opere inutili e dannose: “con 3 metri di TAV si possono fare 4 aule di scuola materna”. “Avvelenano il nostro spirito”, dice qualcuno.
Ogni città piccola o grande ha ferite da raccontare: inceneritori, industrie chimiche e petrolchimiche, alluvioni, malattie e morti causate dall’inquinamento o dalle radiazioni, sversamenti di inquinanti, ma racconta anche di azioni collettive per ripulire spiagge, strade, argini, di proposte – quasi inascoltate, “ma andremo avanti” – portate ai sindaci del proprio paese, di aperitivi in piazza con cibi in scadenza raccolti dai supermercati, di assemblee settimanali, di microfoni aperti.
Che forma prenderà questo movimento? Le proposte parlano di un coordinamento che coordini e non che rappresenti, dell’assemblea come organo decisionale, della trasversalità come punto di forza. Si chiede la massima autonomia dei territori.
Cosa vuole? Vuole il rispetto degli accordi di Parigi. Vuole smetterla con questa “ideologia tumorale” del crescere per crescere, crescere per distruggere, vuole dai politici scelte coraggiose, immediate e intransigenti.
“Siamo l’ultima generazione che può fare qualcosa per questo cambiamento: salviamo il luogo in cui viviamo da chi lo ha trasformato in una immensa, sudicia società per azioni!”. “Dobbiamo andare nei libri di storia non come quelli che ci hanno provato, ma come quelli che ci sono riusciti”.
“Salviamo questo pianeta, è l’unico con la pizza…”