Alternative. Puntare con convinzione sulle città e sull’ambiente ci farebbe guadagnare i consensi dei giovani e dei delusi. Il Pd di Zingaretti vuole, per stessa ammissione del neo segretario, tentare il recupero dei voti emigrati ai 5Stelle. A noi il compito di recuperare il partito degli astenuti che arriva al 50 per cento.
Un’opera di Abdul Karim Majdal al Beik, "The trap"
Non possiamo sapere quali saranno gli sviluppi della politica del Pd sotto la guida di Nicola Zingaretti. E, del resto, sulla natura di quel partito si è cimentato efficacemente su queste pagine Paolo Favilli. Molto dipenderà anche dai comportamenti del nostro mondo della sinistra, poiché su un punto non possono esserci dubbi: l’autosufficienza del Pd, che da più di un decennio ha tentato di cancellare ogni forma di aggregazione politica alla sua sinistra, è finita per sempre.
La sinistra ha dunque a disposizione un grande spazio politico ed è ora di ragionare anche su ritardi e responsabilità. Per farlo prendo a pretesto la vicenda del Tav della val di Susa. E’ ormai evidente che quell’opera, nonostante la lotta pluridecennale dei comitati, rischia seriamente di essere realizzata. Il motivo è presto detto. I gruppi economici dominanti che stanno dietro all’opera hanno congegnato alla perfezione leggi, atti amministrativi e perfino accordi internazionali. Non basta perciò l’appassionata analisi di Guido Viale (il manifesto, 13.3) sull’assurdità di un’opera inutile e sulla lungimiranza delle nostre posizioni. Si poteva – e sono convinto che si può ancora- tornare indietro soltanto con una efficace azione di segno contrario.
La complessa opera di costruzione di leggi e regole che avrebbero potuto evitare l’ennesima spesa pubblica inutile è mancata. La sinistra che abbiamo conosciuto fino agli anni ’90 del secolo scorso aveva a disposizione risorse umane e intellettuali e portava in approvazione leggi che hanno cambiato il paese. Da Galasso a Cederna, da Gozzini a Carla Ravaioli, a tanti altri, era presente sulla scena politica uno schieramento in grado di cogliere i punti nodali su cui costruire alleanze sociali e nuove normative.
Tanto per capire la distanza che ci separa da quella stagione, basta ricordare che la legge sulle “grandi opere” sta ancora in piedi, barcolla ma è in piedi. La legge Del Rio imposta dalle nostre mobilitazioni, vive – come non si stanca di ricordarci Anna Donati- una fase transitoria che permette di compiere ancora ogni misfatto.
In questo vuoto di iniziative si è inserito il caravanserraglio 5Stelle che ha ottenuto un enorme successo elettorale, dimostrandosi al contempo incapace di interventi normativi pur avendo un numero di parlamentari imponente. Così, dopo il Tav, attendiamoci altre opere inutili. E come non attribuire sempre alla medesima assenza di proposte legislative anche la vittoria fin qui tradita del referendum sull’acqua pubblica del 2011. Tutte le proposte che sono nate dai comitati o da forze come Attac per dare piena attuazione al voto popolare, sono rimaste lettera morta.
Sta proprio qui il secondo elemento di ritardo della sinistra: non abbiamo portato a casa risultati perché i rapporti di forza in Parlamento sono tali da non lasciare grandi spazi di manovra.
Mi chiedo come sia possibile che di fronte allo strapotere di una destra salviniana forcaiola e con venature neofasciste, non sia scattato ancora un serio tentativo di aggregazione che ci permetta di attenuare il divario dei consensi elettorali. Assistiamo al contrario a continui veti reciproci e i lodevoli tentativi di costruire una lista unitaria alle europee faticano a concludersi.
E d’altra parte, l’accordo rischia di essere poco duraturo se non costruiamo un programma in grado di cogliere i nodi della crisi e fornire prospettive per uscirne. In tanti hanno fin qui colto due questioni centrali, e cioè la difesa dei diritti dei lavoratori e la difesa dell’integrità dello Stato contro lo scandaloso regionalismo differenziato. Aggiungo i temi delle città e dell’ambiente.
La sinistra ha l’irripetibile occasione di essere il punto di riferimento per una nuova politica di difesa dell’ambiente e di rilancio delle attività economiche innovative nelle città. A partire da una fase fondata sul recupero del patrimonio edilizio, sull’efficienza energetica e sulla lotta ai cambiamenti climatici. Un tema caro ai giovani e giovanissimi sulla spinta di Extincion rebellion. La riconversione ecologica delle città ha un costo elevato. Occorre dunque lavorare fin da domani per spostare risorse dalle opere inutili al sostegno alla mobilità su ferro.
E’ un campo completamente libero perché il Pd è convinto che le città debbano essere lasciate alle forze economiche dominanti. La legge urbanistica dell’Emilia Romagna – che prevede che sia l’iniziativa privata a delineare il futuro delle città – dimostra a quale disastro culturale sia giunto quel partito. Del resto, la grande effervescenza immobiliare milanese (qualche giorno fa il Sole24ore parlava di ‘rinascimento’ della città) è guidata dal sindaco Sala.
Puntare con convinzione sulle città e sull’ambiente ci farebbe guadagnare i consensi dei giovani e dei delusi. Il Pd di Zingaretti vuole, per stessa ammissione del neo segretario, tentare il recupero dei voti emigrati ai 5Stelle. A noi il compito di recuperare il partito degli astenuti che arriva al 50 per cento.
E torno sulla possibilità di influire anche sull’evoluzione del Pd. Tra poco tempo ci saranno sfide elettorali per città importanti come, ad esempio, Firenze. Lì si sta delineando una candidatura forte e un convincente schieramento alternativo al renziano Nardella, protagonista di una stagione in cui la città è stata soltanto l’occasione di svendita delle proprietà pubbliche. Dalla sua sconfitta in favore di una nuova cultura urbana possono cambiare i rapporti di forza tra le due sinistre.