Accoglienza. Saranno cacciate oltre 300 persone, integrate nel territorio dal 2004, è la fine del progetto Sprar. Con la circolare si impone al Comune calabrese di rendicontare tutte le spese fino alla chiusura. Un altro duro colpo dopo l’arresto del sindaco Mimmo Lucano
Nella comunicazione di 21 pagine inviata dal Viminale al comune di Riace, e firmata dalla direzione centrale per i servizi civili per l’immigrazione e l’asilo, c’è la chiusura del modello d’accoglienza e la deportazione degli oltre 300 migranti integrati nel territorio dal 2004. La paranoia ossessiva del ministro Salvini trova così sfogo e soddisfazione nel freddo linguaggio burocratico con cui si dispone «il trasferimento/uscita degli ospiti in accoglienza» e si ordina «a codesto comune di rendicontare le spese sostenute dovendosi procedere alla definizione degli aspetti contabili dare/avere degli ospiti in uscita entro 60 giorni dal trasferimento dell’ultimo beneficiario».
SENZA OMBRA DI EQUIVOCO si tratta dello smantellamento di un sistema di integrazione multietnica ormai celebrato in tutto il mondo ma indigesto al ministro degli Interni che già aveva plaudito alla decisone del Gip di Locri di disporre gli arresti domiciliari per il sindaco della cittadina jonica, Mimmo Lucano, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e affidamento fraudolento del servizio nettezza urbana. L’udienza del riesame è prevista all’inizio della prossima settimana.
LA COMUNICAZIONE, indirizzata al comune, alla prefettura di Reggio Calabria e al servizio centrale Sprar, arriva a una settimana esatta dalla straordinaria manifestazione popolare di Riace conclusa sotto la prigione domiciliare del sindaco. Sono freddi calcoli burocratici quelli del Viminale che con un colpo di penna sbianchetta 15 anni di umanità e solidarietà sociale.
Si accusa il comune di «mancato aggiornamento della Banca dati gestita dal Servizio centrale», «mancata rispondenza tra i servizi descritti nella domanda di contributo e quelli effettivamente erogati e/o mancata applicazione di quanto previsto dalle linee guida anche in termini di standard qualitativi e quantitativi», «erogazione dei servizi finalizzati dal Fondo a favore di soggetti diversi da quelli ammessi all’accoglienza». E soprattutto si contesta «la mancata rendicontazione delle spese». Un totale di 34 punti di “penalità” in quella grottesca classifica degli Sprar più o meno virtuosi, che determineranno «la revoca dei benefici accordati», mentre per il periodo antecedente alla notifica dell’atto «si procederà con separato provvedimento per la definizione dei rapporti contabili e per l’eventuale recupero di contributi già erogati per la cui determinazione di dovrà attendere la definizione dei procedimenti in corso». Il riferimento è al procedimento di natura penale ma anche a quello di carattere contabile su cui la procura di Locri ha annunciato la trasmissione degli atti alla Corte dei Conti.
IL COMUNE POTRÀ ORA ricorrere al Tar contro il provvedimento. «Martedì daremo mandato agli avvocati Gianfranco Schiavone e Lorenzo Trucco dell’Asgi per presentarlo» spiega al manifesto il nuovo sindaco di Riace Giuseppe Gervasi, che ha assunto le funzioni dopo la sospensione coatta di Lucano. «Da parte nostra c’è la consapevolezza che i servizi sono stati sempre erogati come del resto era già scritto nero su bianco nella relazione inviata dalla prefettura di Reggio al Viminale. Le nostre controdeduzioni evidentemente non sono state recepite ma confidiamo in un giudice terzo. Errori in buona fede ne sono stati commessi ma chi di noi non fa errori di calcolo. Di sicuro ciò che fa rabbrividire è la contestualità di questa comunicazione: prima l’arresto e poi questa nota. È una manovra a tenaglia e una dichiarazione di guerra volte ad intimidirci. Ma non ci fermeranno».
Di certo non si ferma la protesta. Oggi a Riace manifestazione di Rifondazione Comunista con il segretario nazionale Maurizio Acerbo mentre sabato prossimo è l’Anpi a chiamare alla mobilitazione di piazza con una manifestazione nazionale alla presenza della presidente Carla Nespolo. Perché Riace e il suo modello non si arrestano.