Intervista a Maurizio Landini. Il segretario confederale Cgil: «Per recuperare i guasti del Jobs Act bisogna riscrivere tutte le leggi sbagliate. Chi parla di decreto Cgil dice una sciocchezza: noi la causale l’avremmo rimessa tutta. Sono prime misure giuste ma serve un ridisegno organico come la nostra Carta dei Diritti»
Maurizio Landini, esponenti della Lega sostengono che il decreto Dignità di Di Maio sia in realtà «il decreto Cgil»…
È una sciocchezza. Questo è un decreto che migliora le condizioni per alcune categorie di lavoratori. E quindi va nella direzione di dare più diritti e ridurre la precarietà. Ci sono norme condivisibili e interessanti, ma per ricostruire quanto distrutto dal Jobs act serve un intervento organico molto più vasto. Come la nostra Carta dei diritti che abbiamo presentato a tutte le forze politiche e che mira a dare diritti a tutti i lavoratori a prescindere dal tipo di contratto. Per recuperare i guasti del Jobs act bisogna riscrivere tutte le leggi sbagliate.
È un fatto però che la Cgil contestasse l’abolizione della causale nei contratti a tempo predel decreto Poletti del 2014.
Certo, ma noi la causale l’avremmo rimessa anche per i primi 12 mesi e sempre perché è evidente che l’aumento dei contratti a termine è dovuto alla liberalizzazione totale fatta da Poletti. Per questo diciamo che in questo decreto ci sono cose positive ma che serve molto più coraggio. Anche perché dentro il governo c’è chi vuole il ritorno dei voucher contro cui noi abbiamo raccolto milioni di firme: sarebbe inaccettabile e andrebbe nella direzione opposta e noi ci mobiliteremmo sicuramente.
A spingere per reintrodurre i voucher in agricoltura è il ministro leghista Centinaio. Vede anche lei una spaccatura fra la Lega che spadroneggia sul tema dei migranti e il M5s che cerca di recuperare a sinistra sui temi del lavoro?
Questo governo è il frutto di un contratto tra due movimenti molto diversi che sono stati premiati dal voto degli italiani. Noi come Cgil siamo autonomi dai partiti e quindi guardiamo al merito dei singoli provvedimenti. Sui migranti e sulla chiusura dei porti siamo davanti ad una guerra ai più poveri mentre invece di combattere chi ha la pelle nera bisognerebbe combattere il lavoro nero. Allo stesso tempo distinguiamo e diamo un giudizio positivo sui provvedimenti sul tema del lavoro. Ma il nostro giudizio rimarrà questo solo se si tratta di un inizio di una politica più ampia. Sui voucher la nostra Carta dei diritti propone di regolare il lavoro occasionale, la strada è quella. Così come nella nostro congresso proponiamo nuove misure come il Reddito di garanzia e continuità per i precari.
Oltre al merito c’è però un cambio di metodo. In pochi avrebbero pensato che Di Maio – in passato, come Grillo, molto critico verso di voi – vi avrebbe ascoltato e convocato.
Il cambiamento lo abbiamo visto nella gestione di alcune crisi come Ilva e sul tema dei diritti dei riders. Noi però chiediamo di essere ascoltati su molti altri temi: dagli ammortizzatori sociali che sono stati ridotti dal Jobsact e a settembre rischiano di produrre migliaia e migliaia di licenziamenti, dalle pensioni per superare la Fornero al fisco per ridurre le tasse a lavoratori e pensionati per non parlare della politica industriale. Anche per scrivere questo decreto il governo non si è confrontato con noi: chiediamo che lo faccia prima di prendere ogni decisione. Poi decida come vuole, ma almeno ci ascolti.
La norma anti delocalizzazioni è scritta bene?
Serviva una legge perché la normativa precedente non funzionava. Detto questo noi chiediamo di approfondirla inserendo come fondi pubblici anche gli sgravi sulle assunzioni e di creare un fondo nazionale che affronti le emergenza come quelle della Bekaert e la Invatec Medtronic che sono scoppiate in questi giorni.
In conclusione: il decreto Dignità mette fine al renzismo?
Andrei cauto. I governi di centrodestra prima e di centrosinistra dopo hanno fatto una strage dei diritti e prodotto una svalutazione del lavoro che è sotto gli occhi di tutti. La diseguaglianza è esplosa e anche chi lavora è povero e rinuncia a curarsi. Non voglio ingigantire il valore del decreto: per ridare dignità al lavoro serve molto di più.