Il ballottaggio a Faenza ha colto davvero tutti di sorpresa. Alcuni se lo auguravano, altri lo temevano, ma evidentemente nessuno lo aveva davvero messo in conto. Sembrerebbe così a guardare i siti e le pagine facebook dei candidati, delle liste e dei partiti che hanno partecipato alla competizione: quasi nessuna è stata più aggiornata ed al massimo riporta la notizia di passaggi a Faenza in “visita parenti” di big nazionali come la Serracchiani per Malpezzi e Zaia o di nuovo Matteo Salvini per Padovani.
Può darsi che abbiano licenziato in anticipo tutti gli addetti al web (effetti collaterali della precarietà diffusa, jobs act compreso?), oppure non hanno più niente da dire.
Eppure anche ipotizzando che tutti coloro che hanno votato Malpezzi (11.528) o Padovani (5.211) al primo turno si ripresentino ai seggi il 14 giugno e confermino la loro scelta, ci sono ben 28503 faentini che devono ancora essere convinti. E sono molto più numerosi di coloro che hanno votato i due campioni al ballottaggio (in tutto 16739) per la precisione il 63 % degli aventi diritto al voto contro il 37 %.
È vero che più di 4 elettori su 10 sono stati assenti il 31 maggio e fra questi circa 2 possono essere astensionisti fisiologici, è vero pure che i 276 che sono andati in “bianca” domenica scorsa hanno buone probabilità di “fare cilecca” anche la prossima, ma non ci giurerei sul fatto che i 786 che si sono sbagliati il 31 maggio si sbaglieranno ancora (se non per farlo apposta); in ogni caso ce ne sono ancora 9521 che stavolta non hanno la scusa del ponte e 8872 ( ben 35 votanti su 100) che avevano espresso il loro voto per altri candidati. Insomma ci sono in giro 18393 elettori che forse ancora non sanno bene cosa fare: più di quelli convinti da Padovani e Malpezzi al primo turno. Fossi in loro e nei partiti che li sostengono io ri-assumerei tutti i giovani addetti alla comunicazione ed al web e la farei la campagna elettorale per il ballottaggio!
Ho invece l’impressione che il veleno sparso in Italia dalle recenti leggi elettorali (il porcellum prima e l’Italicum ora) abbia convinto molti politici, anche locali, che si può vincere puntando sugli astenuti, o con l’arma
del ricatto al secondo turno (qui Renzi con il suo italicum è maestro).
Le prime reazioni dei due candidati e dei loro partiti di riferimento sembrano indicare che della legge elettorale per l’elezione dei sindaci essi non condividono né lo spirito né la forma: Malpezzi ha incautamente dichiarato che se ha portato a termine la 100 Km può ben sopportare un ballottaggio. A parte il rispetto per l’impresa umana e sportiva e l’invidia che in me ha suscitato (quando molti anni fa mi cimentai dovetti ritirarmi molto prima di Faenza), non mi è sembrata un’uscita felice. Il ballottaggio non è un peso, ma un esercizio di democrazia: si tratta di convincere chi non hai ancora convinto, facendo qualche passo verso chi in prima battuta ti ha preferito altri, ma ti potrebbe considerare una seconda scelta accettabile, o al limite il meno peggio.
Padovani poi ha scelto di non fare apparentamenti con nessuno. Posso ancora capire l’ex sindaco che ha ottenuto una percentuale abbastanza vicina al 50% ed ha già talmente tanti alleati di centro e di destra da non poter proprio imbarcare più nessuno, ma per il rappresentante della Lega si tratta di una scelta piuttosto arrogante e politicamente poco comprensibile. In fin dei conti ha ottenuto finora il voto di poco più di 1 elettore faentino su 10 (il 20,35% dei voti validi) e se per una ventata di entusiasmo nordista dovesse prevalere, le sue liste otterrebbero un premio abnorme e circa 15 consiglieri. Non spetta certo a me occuparmi delle scelte della destra faentina, ma se è vero che Matteo Salvini aspira a diventare il leader della destra italiana potrebbe provare qui a Faenza a vedere se riesce per lo meno a federare quella faentina, spartendo un po’ di potere anche con quei partiti che hanno sì clamorosamente perso le elezioni, ma senza i quali mi domando come Padovani potrebbe riuscire ad amministrare la città.
Forse questo sistema elettorale, che ha discretamente funzionato per diversi anni, non regge al tripolarismo ed alla frammentazione di oggi; ho tuttavia l’impressione che sia la cultura politica, dei gruppi dirigenti innanzitutto, ma anche della gente comune, ad essersi deteriorata nella direzione di un confronto sempre più muscolare ed estremo, dove tutti puntano ad arrivare da soli al 51% e se non ci arrivano con le loro forze cercano di forzare il consenso e di prevalere in quel cimitero della democrazia che è l’astensionismo massiccio.
Chiedo ora a Padovani e a Malpezzi: che senso avrà la vostra vittoria se la maggior parte dei faentini diserterà le urne? Direte come fece incautamente Bonaccini dopo il disastro delle regionali 2014 che “La vittoria è comunque netta ….”?
Fate un passo verso i vostri potenziali elettori, ascoltate, correggete, integrate. Non perderete consenso perché cercate di convincere nuovi elettori, certo non con vane promesse, ma con nuovi impegni programmatici. È una competizione politica non una gara di braccio di ferro dove vince chi non deflette. Recuperare la capacità di dialogo e di coalizione è un obiettivo da perseguire, anche se non è oggi subito raggiungibile; ma così si dà un segnale ai cittadini e si indica a tutti un metodo che è quello del confronto e della democrazia.
Fatela questa benedetta campagna elettorale, e fatela bene, poi magari tutti insieme potremo a cuor leggero maledire chi potendo scegliere fra il 10, il 17, il 24 ed il 31 maggio proprio l’ultima data preferì, anche se era “un ponte” e proiettava il ballottaggio nella calura di giugno a scuole già chiuse e con i primi italiani in vacanza.
Ma forse è stato solo un tentativo per farci capire bene che effetto ci farà l’italicum!
Alessandro Messina