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Draghi o non Draghi. Hic Rhodus hic salta

Mi sono dibattuto per giorni, ma di fronte all’ostacolo, da altri (nemici) imposto, non c’è scampo. E’ qui che bisogna scegliere, è sul governo Draghi che bisogna pronunciarsi. Badate bene, sul governo Draghi, non sulla persona Draghi, sul suo passato, sulla sua cultura, sul suo background, sulle sue relazioni, sulla sua beatificazione o altro. Su ciò che sceglierà di essere in questo frangente e sulle garanzie che potrà dare su quello che farà a partire da ciò che è ed è stato. Molti scenari si possono disegnare, molta dietrologia si può immaginare, ma Draghi, capo del governo, farà solo ciò che le forze politiche e gli uomini e le donne che lo appoggiano in parlamento gli consentiranno di fare. Certo lui forte, loro deboli, indeboliti dalla scarsa rappresentatitività degli elettori (il rosatellum e il problema dei nominati, nel caso del Pd poi, in gran parte nominati da Renzi), i sostenitori di Conte (il nuovo centrosinistra) indeboliti dall’essersi lasciati sottrarre l’unico governo possibile basato su un’alleanza politica in questo parlamento; la destra costretta a un ruolo subordinato dalle sue divisioni e dalla sconfitta del 2018 (non dimentichiamolo!).
Valuto e ragiono non facendo finta di essere (come molti fanno sui social) un dirigente politico che deve decidere come schierare le sue truppe, ma come l’omino che sono, che ha dedicato una parte della sua vita quotidiana per molto (troppo) tempo all’impegno ed alla riflessione politica. Convinto che chi ci rappresenta, o per lo meno chi pretende di rappresentarci  non può non tener conto di ciò che pensiamo e di ciò che di conseguenza poi faremo.

Prima questione. Sembra che Leu, presente in parlamento, stia per dividersi tra chi ci vuole stare e chi no. Non mi stupisce: LEU non è mai esistita. Nemmeno prima delle elezioni e per la mia piccola esperienza nemmeno durante la campagna elettorale. Pietro Grasso, degna persona, che appoggiai come leader pur considerando la scelta sbagliata, fu rapidamente messo da parte. Le “componenti” preesistenti, nella drammatica sconfitta elettorale prevalsero immediatamente, nel gruppo degli eletti c’è stato un mezzo fuggi fuggi dei soliti noti e note. Che si dividano

nel voto in parlamento mi dispiace, ma non mi rappresentano, li ho votati ma fin da allora non hanno voluto rappresentarmi. Quindi punto 1 LEU non esiste, è solo un’etichetta usata nei talkshow per dare, rarissimamente, la parola a qualcuno di sinistra.

Seconda: la sinistra ha subito nel 2018 la peggior sconfitta della sua storia repubblicana. Della sinistra ed anche soprattutto del centro sinistra, tant’è che è andato in pezzi anche come alleanza politica, prospettiva strategica (la vocazione maggioritaria del Pd) ecc. La sconfitta è datata 2018 non 2021! Sono stati gli elettori non Renzi o addirittura Mattarella!

Anzi. Anzi il governo Conte II è stato un generoso tentativo di ricostruire una prospettiva politica, il faticoso apprendistato di una nuova alleanza, ancora in fieri, ed il ruolo di LEU è stato molto positivo sia come apporto al governo, sia come strategia politica diretta a favorire un’evoluzione politica positiva del M5S e a portarlo nel suo alveo naturale che è a sinistra. Solo ora si vede quanto più avrebbe dovuto appoggiare Conte l’opinione pubblica di sinistra, quanto più si sarebbe dovuto innovare la proposta politica di sinistra per coinvolgere il M5S, quanto più avrebbe dovuto la dirigenza politica buttare il cuore oltre l’ostacolo inducendo  una rapida  trasformazione del quadro politico. La destra, Confindustria, le solite retrive classi dirigenti nazionali hanno subito e correttamente individuato nel governo Conte il governo più a sinistra della recente storia recente, ma a sinistra si discettava sul trasformismo sulle ambizioni o sulla pochette di Conte senza rendersi conto di quanto fosse precario quell’equilibrio e quanto sarebbe stato necessario uno scatto innovativo anche di natura programmatica da parte della sinistra per cementare (dare sostanza) l’alleanza politica e la leadership. E invece. E invece si è lasciata l’iniziativa al bandito, alle teste d’ariete dei potenti di sempre. Si è polemizzato perfino sull’”abuso di potere” dei DPCM!

Ora. Ora dobbiamo fare i conti con una sconfitta. Una sconfitta che era molto probabile, che forse non si avevano proprio le forze per evitarla. Ma ricordiamoci che la sconfitta è quella del 2018 stabilita dagli elettori con un parlamento di nominati e perlopiù incompetenti frutto dell’ennesima scadente e probabilmente incostituzionale legge elettorale (legge Rosato). Abbiamo avuto una chance; ora il quadro politico sta rapidamente cambiando e si rischia davvero una mutazione profonda;  è tutto perduto?
Guardiamoci bene dentro e stiamo attenti a non buttar via il bambino con l’acqua sporca! L’eredità di questa breve stagione è un embrione di alleanza politica, con il M5S ancora in mezzo al guado di una inevitabile metamorfosi, il Pd con una ripresa di iniziativa del suo segretario che è circondato da una falange di agenti nemici, e una rappresentanza di sinistra ancora autoreferenziale e separata perfino dai suoi sparuti elettori. Eppure è lì che c’è una prospettiva di rinascita e di vittoria. Infatti contro di essa già si sono mobilitati le quinte colonne del bandito che prontamente sventolano un Bonaccini come nuovo leader di un Pd draghizzato (e adatto ad un governo con la Lega …). Il governo Draghi sarà il terreno sul quale si cercherà di costruire una nuova situazione da parte di chi ha assistito disperato all’evoluzione inaspettata e sgradita della politica italiana (pensate ai grandi giornali e ai loro oramai ridicoli opinionisti). Si intravede una prospettiva di tipo macronista, ma ogni evoluzione appare possibile.

Il campo di gioco è cambiato; io elettore di sinistra dove mi metto? Sugli spalti, ad assistere ad una partita fra altre squadre? Chiunque vinca avrò perso, ma potrò dire che il titolo non se lo meritano perché hanno giocato male.
Oppure troverò il modo per fare il tifo per qualcuno? Vorrei avere perlomeno qualche giocatore per cui tenere, per vedere se qualche gol nella porta giusta lo riusciamo a fare? Ma soprattutto come fare per mantenere viva quella prospettiva di alleanza politica che diventa oggi (ahimè prematuramente) necessariamente un accordo su punti programmatici qualificanti e battaglia politica su quelli inaccettabili.
Perché il problema è questo,: le forze politiche si pongono rispetto alla nuova situazione ed al volere (le proposte) di Draghi come un esercito sconfitto disponibile ad ogni trasformismo (per alcuni) o ad ogni umiliazione (come il parlamento che applaudì Napolitano …) oppure mantengono alto il loro profilo programmatico e la loro alleanza e promettono lealtà su un patto a tempo (la salute pubblica) accettando, è inevitabile, sacrifici politici, ma pronti alla battaglia ad ogni deriva destrorsa o assolutismo tecnocratico? 
Solo un atteggiamento di questo tipo può porre un freno alle ambizioni di una classe dirigente che rapidamente vorrà trasformare un governo Draghi in un partito-Draghi. Tenere alta un’alleanza. Dunque un doppio patto: un patto con gli alleati di domani, un domani molto vicino, (diciamo 15 mesi?) e un patto col governo di oggi.

Ecco in questa fase è la classe politica che deve agire, senza scuse o coperture: non venitemi a raccontare che Draghi decide tutto lui, oppure che glielo ordinano i poteri forti ecc. Il profilo programmatico è tutto da costruire e la forza politica dei vari gruppi, finché esiste il Parlamento è decisiva, poche storie. Sulla base di questo io elettore, noi cittadini dovremo valutare se ne vale la pena, se c’è futuro in una tale scelta. Ma la prospettiva politica, quella è essenziale: si sta in quel governo (o ai margini di quel governo) come alleanza per il futuro o in nome di altri progetti o di diverse esigenze di potere?

Alessandro Messina
9 febbraio 2021