Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

Iran/Italia Intervista al giornalista iraniano Parviz P. sulla detenzione della reporter italiana a Teheran: «Il fatto che disponesse di un visto regolare e interviste già autorizzate porta a pensare che potrebbero esserci altri motivi che non riguardano le sue attività giornalistiche»

Un poliziotto iraniano armato di guardia davanti ai ritratti dell'ayatollah Khomeini e del leader supremo Khamenei foto Morteza Nikoubazl/Getty Images Un poliziotto di guardia davanti ai ritratti dell'ayatollah Khomeini e del leader supremo Khamenei – Morteza Nikoubazl/Getty Images

Con l’arresto di Cecilia Sala a Teheran, l’anno si chiude con un pesantissimo bilancio per il giornalismo nel mondo. Secondo la Federazione Internazionale dei Giornalisti, 104 giornalisti e operatori dei media sono stati uccisi durante l’anno, con oltre la metà delle morti avvenute in Palestina. Sono stati arrestati 550 giornalisti in tutto il mondo, evidenziando un aumento delle repressioni contro gli operatori dell’informazione.

Abbiamo raggiunto Parviz P., cognome coperto per motivi di sicurezza. Giornalista e ricercatore iraniano, ha seguito molti casi di giornalisti arrestati in Iran.

Sembra proprio che ora che in Iran è stata eliminata la censura della rete, la nostra collega Cecilia Sala è stata censurata e fermata a Teheran, che notizie hai?

Non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione ufficiale dalle autorità finora, stiamo lavorando sulla notizia fornita dall’Italia. Oggi (ieri) è venerdì, giorno di riposo settimanale, e il fatto che da noi vige il divieto di esprimere o divulgare una notizia prima di un comunicato ufficiale rende difficile per noi giornalisti elaborare le notizie “sensibili” in tempi rapidi. Tuttavia, il fatto che lei disponesse di un visto regolare, il che implica che tutti i suoi contatti e le interviste fossero preventivamente autorizzate, mi porta a pensare che potrebbero esserci altre motivazioni che non riguardano le sue attività giornalistiche. Non che ci voglia una spiegazione per le nostre autorità per fermare i giornalisti, ma normalmente per i giornalisti stranieri che sono regolarmente registrati non ci sono problemi.

Hai seguito molti casi di colleghi arrestati, come Nilufar Hamidi ed Elaha Mohammadi, che per prime avevano riportato l’arresto di Mahsa Amini, evento che ha scatenato la rivolta di due anni fa. Puoi ipotizzare il motivo del fermo della collega italiana?

Ovviamente tutte le ipotesi sono azzardate in assenza di almeno un comunicato ufficiale, ma potrebbe essere stata involontariamente avvicinata da persone che la sicurezza dello Stato considera «sospette», facendo così scattare l’allarme di «sicurezza», che supera qualsiasi altra regola e legge. Potrebbero essere semplicemente il parente di una vittima della polizia che vuole raccontare la sua storia. In questo caso, i servizi hanno la facoltà di fermare chiunque. Oppure, ancora, potrebbe trattarsi di un’azione congegnata dai servizi guidati da ultraconservatori per mettere in imbarazzo il ministero degli affari esteri. In questi giorni il presidente Pezeshkian e i suoi ministri, che stanno conducendo la politica estera, non hanno tanta simpatia tra i conservatori. Il nostro sistema di sicurezza soffre di un complesso di inferiorità. Sanno che le varie organizzazioni di opposizione, dai monarchici ai Mojahedin-e-Khalq, con l’aiuto degli israeliani e degli americani, hanno infiltrato spie e agenti dappertutto. Questo ha creato una psicosi che si ripercuote non solo sui poveri connazionali che vivono all’estero, ma anche sugli stranieri in generale e, in particolare, sui giornalisti che visitano il nostro paese.

In Italia qualcuno ipotizza che l’arresto di Cecilia Sala possa essere correlato a quello di Mohammad Abedini, un iraniano arrestato a Milano su richiesta degli Stati uniti, accusato di aver fornito supporto materiale al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie.

Per il momento è tutto possibile. Certo, la coincidenza degli arresti e la decisione delle autorità italiane di divulgare la notizia fanno sospettare che il fermo della giornalista possa essere un mezzo di pressione politica, di cui non si è riusciti a venire a capo in pochi giorni. L’Agenzia Tasnim, vicina ai Guardiani della rivoluzione, ha recentemente riportato la notizia dell’arresto di Abedini e ha affermato che l’ambasciata in Italia ha avviato iniziative per il suo rilascio. Comunque anche se fosse così, la collega non corre pericolo; non è nell’interesse di nessuno creare incidenti negativi con l’Italia.