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Soccorso e assistenza alla popolazione, contributi per l’autonoma sistemazione, volontariato di Protezione civile. Ma anche opere sui corsi d’acqua

Dall’attività di soccorso e assistenza alla popolazione, ai contributi per l’autonoma sistemazione, passando per i primi interventi di somma urgenza sui corsi d’acqua

I Comuni possono chiedere da subito un’anticipazione del 50% delle spese sostenute. Il provvedimento è rivolto a Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini

Il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, in qualità di Commissario delegato per l’emergenza, ha approvato un primo stralcio del Piano di interventi urgenti  di protezione civile  che  definisce  la destinazione dei primi 10 milioni di euro,  stanziati dal Consiglio dei ministri con la deliberazione dello stato di emergenza, a favore dei  sette territori provinciali colpiti dagli eventi alluvionali del mese di maggio: Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini.

Cosa stabilisce il decreto

Il decreto firmato dal Commissario per l’emergenza stabilisce che dei 10 milioni di euro a disposizione, 3,1 serviranno a far fronte alle spese sostenute dagli Enti locali  per le attività di soccorso e assistenza alla popolazione; 3 milioni rappresentano un primo stanziamento per i Cas, i Contributi per l’autonoma sistemazione, a copertura dei costi sostenuti dai nuclei famigliari che hanno dovuto lasciare la propria abitazione e hanno provveduto autonomamente a reperire un alloggio; 1,2 milioni  sono destinati a rimborsare le spese sostenute dal volontariato di Protezione civile per le attività di  intervento sul territorio.  Infine 2,7 milioni di euro sono rivolti a primi interventi di somma urgenza, realizzati sui corsi d’acqua a seguito del primo evento alluvionale che all’inizio di maggio ha colpito il territorio regionale.

I Comuni possono già chiedere all’Agenzia regionale per la Sicurezza territoriale  e la Protezione civile l’anticipazione del 50% dei costi sostenuti, nell’attesa  che venga realizzata una più complessiva ricognizione delle spese sostenute e dei danneggiamenti pubblici.

“Con questo Piano diamo una prima copertura agli interventi  che da subito, nei giorni più drammatici dell’emergenza,  sono stati adottati per portare soccorso e assistenza alla popolazione. Di fronte a una tragedia di queste proporzioni, con gravissimi danni alle nostre comunità  e al territorio, il nostro obiettivo è fare presto e bene e ristorare gli enti intervenuti a supporto della popolazione e per le opere di somma urgenza approntate. Nessuno deve rimanere solo”.

IRENE PRIOLO vicepresidente Regione Emilia-Romagna
 
 

Azioni sul documento

 

Decreto firmato dal presidente Bonaccini: fino al 30 giugno per le domande

I cittadini che hanno dovuto abbandonare le proprie case per gli eventi che hanno colpito l’Emilia-Romagna da inizio maggio e che hanno trovato un alloggio alternativo (ad esempio presso parenti o amici, oppure in roulotte e camper) possono chiedere il contributo di autonoma sistemazione (CAS).

Bonaccini: “Sostegno attivo alla popolazione, dopo le misure di emergenza dei giorni scorsi. Al lavoro per avviare la ricognizione puntuale dei danni”

E’ quanto prevede il decreto firmato dal presidente della Regione Stefano Bonaccini, in qualità di Commissario delegato per l’emergenza.

I Comuni o loro Unioni trasmettono all’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la Protezione civile l’elenco riepilogativo delle domande arrivate insieme alla richiesta di trasferimento delle risorse in base a questo calendario:

  • entro il 5 agosto per il periodo maggio-luglio;
  • entro il 5 novembre per il periodo agosto-ottobre;
  • entro il 5 febbraio 2024, per il periodo novembre-gennaio;
  • entro il 5 maggio 2024 per il periodo febbraio-aprile.

Comuni o Unioni provvederanno trimestralmente ad erogare il contributo ai nuclei famigliari.

Cosa prevede il Cas, in breve:

  • Per presentare domanda è necessario avere la residenza anagrafica e la dimora abituale nell’abitazione sgomberata alla data di inizio degli eventi calamitosi (1^ maggio) come risulta dal certificato storico dello stato di famiglia (non domicilio).
  • La domanda va presentata entro il 30 giugno 2023 su un apposito modulo presso il Comune dove si trova la casa sgomberata e può essere consegnata a mano o spedita tramite raccomandata.
  • Gli importi previsti al mese sono di 400 euro per nuclei famigliari composti da una sola persona, 500 euro per 2 persone, 700 per 3, 800 per 4 e 900 per nuclei di 5 o più persone.
  • Contributo che viene aumentato di 200 euro per ogni componente del nucleo familiare che, sempre a far data dal 1^ maggio, sia di età superiore a 65 anni, oppure sia una persona con disabilità o con invalidità non inferiore al 67%.
  • Il contributo è ridotto per il periodo inferiore al mese (dividendo l’importo mensile per il numero dei giorni del mese di riferimento moltiplicato per i giorni di mancata fruibilità dall’abitazione). Ed è concesso a partire dalla data di ordinanza di sgombero o, se antecedente, dalla data di effettiva evacuazione dichiarata da chi fa richiesta e confermata dall’amministrazione comunale con un’apposita attestazione.
  • I soldi vengono erogati fino alla revoca dell’ordinanza di sgombero, oppure fino a che non si siano realizzate le condizioni di agibilità per il rientro in casa o, infine, fino a che si sia provveduto ad altra sistemazione stabile e comunque non oltre la scadenza dello stato di emergenza.

“Parte con questo provvedimento il sostegno attivo alla popolazione, dopo le misure d’emergenza messe in capo nei giorni scorsi per la prima assistenza. In considerazione della vastità e complessità dell’evento, in accordo coi sindaci e il Dipartimento nazionale di Protezione civile, abbiamo lavorato per sburocratizzare al massimo le procedure, contenere i tempi di istruttoria e pagamenti, cadenzare trimestralmente le erogazioni (anziché su base semestrale, come da prassi).  Chiunque abbia suo malgrado dovuto lasciare la propria abitazione sarà sostenuto per tutto il tempo necessario. In queste ore, poi, stiamo lavorando per avviare, già entro la metà della settimana, la ricognizione puntuale dei danni, sempre a partire dalle abitazioni: è prioritario non solo garantire a tutte le famiglie gli strumenti per una rapida e completa quantificazione dei danni subiti, ma al tempo stesso attivare prime misure di ristoro, in attesa che il Governo condivida con noi un piano organico e soddisfacente di indennizzi per famiglie e imprese. Già nella giornata di lunedì ci confronteremo con i sindaci anche su questo e attiveremo uno strumento che vogliamo il più semplice e veloce possibile”.

STEFANO BONACCINI Presidente Regione Emilia-Romagna
 
 

Azioni sul documento

 

LE RACCOMANDAZIONI ALL'ITALIA . Giorgetti assicura fedeltà all’austerità. La premier: «Punteremo sul cuneo fiscale»

Austerità e Pnrr, il Fmi ricorda a Meloni gli impegni presi 

La croce per il governo è sempre la stessa: il Pnrr, un tunnel in fondo al quale non si vede ancora la luce. Ieri ci si è messo anche il Fondo monetario internazionale con le sue «raccomandazioni» all’Italia, che essenzialmente sono due. La prima riguarda il debito pubblico e fa seguito a una succinta analisi della fase: il debito è alto, il finanziamento più rigido per la stretta sui tassi, la disinflazione va sostenuta. Conclusione: «Si consiglia opportunisticamente di risparmiare la maggior parte delle entrate» e naturalmente «una piano credibile di riduzione del debito a medio termine attenuerebbe ulteriormente i rischi legati al debito». Insomma: austerità, austerità, austerità. Giorgetti risponde un po’ piccato: «Lo stiamo già riducendo. È l’impegno che ci siamo assunti e lo affronteremo».

LA SECONDA raccomandazione passa dalla sfera del «consigliabile» a quella della «necessità»: una «piena e tempestiva attuazione del Pnrr è necessaria». Quella sì che «aiuterebbe l’Italia ad affrontare le sfide che lo attendono». Solo che al momento si tratta di un miraggio. Ieri la Corte dei conti ha ufficializzato la situazione del Piano: alla fine del 2022 lo stato di avanzamento della messa a terra del Pnrr era del 12,8. Ora, dopo 5 mesi, è arrivata solo al 13,4% del totale. Sono stati spesi un miliardo e 200 milioni sui 33 che dovrebbero essere investiti quest’anno.

DAL FESTIVAL dell’Economia di Trento il responsabile dell’attuazione del Piano, il ministro Fitto, respinge ogni critica e anzi definisce «abbastanza singolare» parlare di ritardi nell’attuazione del Piano. «Dobbiamo procedere con le modifiche del Piano velocemente ma non di fretta», sostiene. Altrimenti le cose diventerebbero «più pericolose». Però è stato proprio lui, il non prescioloso Raffaele Fitto, a spedire una lettera ai ministri spronandoli a definire le modifiche del Piano da sottoporre all’Europa, con tanto di data auspicata pur se non ultimativa.

Sperava nei dettagli due giorni fa, non è stato accontentato. I ministri non hanno fretta. L’aspetto più preoccupante però non è tanto la resistenza dei vari dicasteri a rivedere i loro obiettivi o a sacrificarne alcuni. È invece la totale assenza di una logica coerente e omogenea agli obiettivi di fondo europei che dovrebbe guidare la «rimodulazione a 360 gradi» del Piano e che invece è latitante.

IL PIANO è lo scoglio principale, non l’unico guaio: dopo il Report durissimo della Commissione europea, ora è l’Ufficio parlamentare di bilancio, del resto una sorta di longa manus europea nel Parlamento italiano, a bocciare senza appello la Flat Tax, con motivazioni identiche a quelle della Commissione. La tassa piatta, sottolinea la presidente dell’Upb Cavallari nella nota trasmessa al Parlamento, «determina effetti redistributivi che penalizzano i soggetti con redditi medi e favoriscono quelli con redditi più elevati». Salvo naturalmente «rinunciare a una elevata quota di gettito», il che però, va da sé, avrebbe effetti nefasti sui conti pubblici e tombali sul welfare. L’Upb esprime rilievi anche sulla delega fiscale, in particolare per quanto riguarda le coperture.

SU TUTTO QUESTO Giorgia Meloni, anche lei al Festival di Trento, non si è esposta nemmeno un po’. Agevolata da domande non precisamente affilate, ha dribblato tutti i nodi reali, dallo stato del Pnrr alle critiche della Comissione su tutte le principali leggi in agenda. In compenso ha esaltato e difeso a spada tratta quanto fatto sinora, in particolare il cuneo fiscale, che mira a far diventare strutturale. Ritiene che raggiungerà gli obiettivi mancati dai precedenti tagli del cuneo affini sia per le dimensioni maggiori sia perché, invece di essere spalmato su tutta la platea , è mirato sulle fasce più povere.

Nessuno spiraglio invece sul salario minimo: «È un’iniziativa buona sul piano filosofico. Ma se fosse sostitutivo e non aggiuntivo rispetto alla contrattazione collettiva sarebbe un boomerang, darebbe minori e non maggiori tutele. Io sto cercando di fare una cosa più concreta».

DI SFUGGITA, la premier fa il punto anche sullo stato dei rapporti con la Francia e con Macron: al netto delle esigenze propagandistiche interne e nelle cose concrete, giura, sono ottimi

Carissime e carissimi,
Poche parole si possono esprimere dopo gli eventi degli ultimi giorni.
Possiamo però fare quello che nelle ultime settimane c’è venuto meglio: rimboccarci le maniche.
Vista la portata di questa nuova emergenza, però, c’era bisogno di cambiare "schema di gioco" per il coordinamento del volontariato.
Con i ragazzi di Rockin’ 1000 ci siamo inventati un nuovo strumento che speriamo possa essere quanto più semplice ed efficace possibile.
Tanti altri comuni colpiti hanno seguito il nostro esempio: aderire ad una piattaforma digitale a cui iscriversi e ricevere indicazioni su dove c’è bisogno di aiuto.
A questo link . Vai su https://www.volontarisos.it

Li trovate tutti i dettagli e il collegamento diretto per connettersi con la piattaforma.

Con attenta premura, operando in sicurezza e senza sovrapporsi ai lavori della protezione civile e di smaltimento rifiuti, c’è bisogno di tutti!
Grazie di cuore e un carissimo saluto a tutte e tutti,
Davide Agresti
Assessore al Welfare

AMMINISTRATIVE. Lo stato dei rapporti tra centrosinistra e M5S alla luce del voto nei comuni. Per Conte l'alleanza coi dem «non è da considerarsi strutturale»

Il Pd punta sull’unità. Al secondo turno Elly Schlein e Giuseppe Conte

L’ultima giornata di campagna elettorale per le amministrative di domani e lunedì è occasione per testare il livello di interazione tra le forze del centrosinistra e il Movimento 5 Stelle.

Alle urne, nella gran parte dei casi, le forze di opposizione si presentano divise. Di fronte a questo scenario Giuseppe Conte tira fuori la formula che aveva caratterizzato il dibattito del M5S subito prima del suo arrivo alla leadership, quando Alessandro Di Battista era ancora dentro. «L’alleanza con il Partito democratico non è da considerarsi strutturale», dice Conte rimandando ogni intesa all’accordo sui temi e sui programmi. E riportando in primo piano le divergenze sulla guerra in Ucraina e sul recente voto a Strasburgo che consente di stornare verso gli armamenti i fondi del Pnrr. «Ci auguriamo una sempre maggiore convergenza di obiettivi politici, al momento non tutti sono condivisi», afferma il leader del M5S lasciando uno spiraglio all’intesa.

«Penso sia necessario che le opposizioni facciano fronte comune», sostiene invece Nicola Fratoianni. Pur assicurando di non considerare un problema lo spostamento del Pd a sinistra, in qualche modo anche il segretario di Sinistra italiana pone l’accento sui temi concreti: «Bisogna rapidamente predisporre proposte comuni e piattaforme e farle vivere nel paese», dice Fratoianni.

Elly Schlein ieri era a Pisa: uno dei capoluoghi in cui il Pd prova a superare il sindaco di destra uscente e si presenta in alleanza con il M5S, ma deve fare i conti con un’agguerrita compagine civica e radicale alla sua sinistra.

Lo schema della leader dem , in questo caso come nelle tante città in cui non ha stretto alleanza con i pentastellati, è quello della recente vittoria di Udine: arrivare al secondo turno e a quel punto rinsaldare in ranghi per battere la destra. Un modo per dimostrare che il campo largo esiste a prescindere dalle identità dei singoli partiti all’opposizione del governo Meloni.

IL VOTO DEL 2024. Le elezioni per il Parlamento europeo sono tra un anno, con il conseguente rinnovo delle alte cariche nella Ue. Anche se non c’è ancora neppure la data ufficiale del voto […]

Elezioni europee, grandi manovre a destra 

Le elezioni per il Parlamento europeo sono tra un anno, con il conseguente rinnovo delle alte cariche nella Ue. Anche se non c’è ancora neppure la data ufficiale del voto – la proposta è tra il 9 e il 12 giugno 2024, ma il Portogallo protesta perché il 10 è festa nazionale e teme una forte astensione – le grandi manovre più o meno sotterranee sono già iniziate.

Il meccanismo dello Spitzenkandidat (indicazione del candidato da parte dei vari gruppi politici prima del voto) per il momento resta nel cassetto e difficilmente verrà resuscitato vista la crescente frammentazione politica a Strasburgo, ma quello che è certo è che sarà il gruppo politico arrivato in testa ad avere la Commissione, per il Trattato di Lisbona il Consiglio deve «tener conto» dei risultati elettorali e poi ci vuole l’approvazione dell’Europarlamento. L’attuale presidente, Ursula von der Leyen (nominata nel 2019 senza essere passata per l’elezione a europarlamentare, travolgendo l’ipotesi dello Spitzenkandidat) non ha confermato di volere un secondo mandato, se ne saprà di più dopo il vertice Nato di Vilnius a luglio, visto che il nome dell’ex ministra della Difesa tedesca è anche in corsa per la successione di Jens Stoltenberg. Von der Leyen è della Cdu (Ppe), c’è chi la spinge a presentarsi al voto in Bassa Sassonia, ma per il momento a sostenerla sono più i leader europei appartenenti ad altri partiti (Scholz dell’Spd, Macron di Renew) che quelli del gruppo Ppe.

Il panorama politico europeo è sempre più frammentato, l’estrema destra è in crescita, l’egemonia Ppe-S&D è un ricordo del passato, i socialisti sono in crisi in molti paesi.
Il Ppe è al centro di grandi manovre. In nessuno dei paesi fondatori c’è un governo a guida Ppe e i cristiano-democratici, da sempre il primo gruppo a Strasburgo, temono di perdere terreno. Obtorto collo hanno allontanato il Fidesz di Orbán nel marzo 2021. Poiché sembra sbiadire l’ipotesi di una fusione tra i due gruppi di estrema destra, Conservatori e Riformisti Europei (in Ecr ci sono i polacchi del Pis e Fratelli d’Italia) e Identità e Democrazia (in Id invece la Lega e i francesi del Rassemblement national), da mesi è in corso un movimento di avvicinamento tra Ppe e Ecr, alla manovra il capogruppo Ppe, Manfred Weber (Csu bavarese) e Giorgia Meloni, mediatore Raffaele Fitto ex Forza Italia (partito Ppe). Una fusione Ppe-Ecr non piace però alla Cdu tedesca ed è per ora bloccata dalla Piattaforma civica di Donald Tusk, che è uno dei due partiti polacchi nel Ppe e che rifiuta un accordo con il Pis (ma le elezioni a ottobre potrebbero cambiare lo scenario).

In molti altri paesi l’intesa tra Ppe e estrema destra è già in corso: «Abbiamo idee vicine a Meloni» ha affermato il primo ministro ceco Petr Fiala nell’accogliere Meloni a Praga, dove nella coalizione di governo Spolu partecipano anche partiti affiliati al Ppe e a Ecr e Weber preme per avere l’Ods di Fiala nel Ppe per le europee del 2024.

Accordi tra destra e estrema destra crescono in Europa, l’ultimo caso in Svezia. In Spagna, dove ci saranno elezioni a fine anno, ci sono accordi a livello locale tra Partido popular (Ppe) e l’ultradestra di Vox (Ecr). In Grecia, Nuova Democrazia di Mitsotakis (Ppe) pensa alla possibilità di un accordo con i populisti di Elliniki Lisy (Ecr) dopo le prossime elezioni. In Portogallo cresce l’estrema destra di Chega. L’alleanza tra la destra democristiana e i nazionalisti ha già permesso nel gennaio 2022 l’elezione dell’attuale presidente dell’Europarlamento, la maltese Roberta Metsola. In Francia, il partito di Macron sta già giocando la sola carta che ha in mano: l’europeismo (con un voto sull’obbligo della bandiera Ue nei municipi, ha spaccato la Nupes).